Un mondo Ultra

Una gara dietro l’altra, un record dietro l’altro, sempre più veloci, sempre più estremi.

I protagonisti del trail running aggirano il Bianco, corrono sui colli della Val d’Aosta, cavalcano il sentiero Roma, volano sui ghiaioni dolomitici.

Dietro di loro, in fila indiana, una moltitudine crescente di emuli che sognano Kilian e Emelie.

Quanti sono, quanti di loro sono effettivamente in grado di compiere le stesse imprese, quanti rischiano, quanti si procurano dei danni?

Difficile dare delle risposte, impossibile tirare una riga e dire tu sì, tu no. Ognuno si costruisce una sua linea di difesa/giustificazione molto razionale e sostenibile.

C’è la fisiologia, certo, che con i suoi numeri dovrebbe mettere ordine. Ma nell’universo dell’ultra fatica c’è dell’altro.

C’è la capacità di soffrire, c’è il desiderio di soffrire e di superare la sofferenza, c’è la voglia di affrontare la distanza ed il dislivello a mani nude, c’è la passione per quelle albe, quei tramonti, quelle notti.

C’è il desiderio di tornare animali, a muoversi nell’ambiente, astuti, forti, resistenti.

Io li guardo, li ascolto, li capisco. Ma forse non li condivido fino in fondo.

La mia mente aridamente fisiologica mi riporta sui numeri. Fa bene spingere il motore per 30-40-50 h. di fila? Fa bene pestare su ginocchia, anche e caviglie per migliaia di metri in salita ed in discesa?

Ne sappiamo ancora poco, ma qualche studio sui danni (perlopiù transitori) al cuore inizia a girare, qualcosa sullo stress ossidativo e sui radicali liberi (le scorie che il nostro motore produce quando è sotto sforzo) si conosce. Di tendini e cartilagini usurate non ne parliamo neanche.

Eppure nessuno si ferma. Anzi, proprio in questi giorni c’è uno che ha deciso che di Tor ne fa due.

Ancora un’altra considerazione, sarò un esteta, ma a me vedere uno che si trascina a 3 kmh su un sentiero non ispira, Kilian si.

Allora cerchiamo delle alternative che siano nella nostra dimensione: un trail di 20 km e 1500 m. di dislivello può essere una bella alternativa al lungo della maratona e si risolve in poche ore. Preserviamo il privilegio di muoverci negli ambienti che amiamo, ma rispettiamo i nostri limiti ed il nostro corpo, ne abbiamo uno solo, e non è tanto facile aggiustarlo.

Sabato parte il Tor. Saremo lì a seguire sul web i primi.

Quelli che ci mettono una settimana, perché non lo fanno in 8 giorni dormendo tutte le notti in rifugio e godendosi i panorami?

Buone corse

Doc