Il nuovo numero di Ski-Alper è in edicola da qualche giorno (qui la preview) e trovate come sempre la nostra rubrica. Questa volta ci siamo concentrati sull’allenamento estivo e sulle problematiche connesse: overtraining, overreaching, monitoraggio, riposo e programmi. Ecco il resoconto.

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Ski-alper di agosto è dedicato a Matteo Tagliabue, redattore mancato in montagna

Facciamo il punto: allenati o superallenati?

La stagione è al culmine, le vacanze dietro l’angolo. Abbiamo già corso molto e magari fatto diverse gare o magari stiamo rifinendo la preparazione per l’evento clou della nostra stagione. Come fare per sapere se il lavoro svolto finora ha portato i risultati sperati? Siamo sicuri di non aver esagerato o, al contrario, di aver dato troppo poco? Come facciamo a capire quando è il momento di spingere e quando quello di prendersela comoda?

Vediamo allora quali sono i parametri su cui analizzare le nostre prestazioni e come imparare a conoscerli al meglio per gestire in maniera ottimale l’allenamento. Iniziamo a schematizzare le quattro diverse situazioni in cui ci possiamo trovare: sotto allenamento, overreaching (mancato smaltimento degli ultimi allenamenti), overtraining (eccesso di allenamento e carenza di recupero), allenamento ottimale.

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Finalmente si corre al mare o in montagna: come vanno le gambe?

Il monitoraggio a secco

Ad ognuna di queste condizioni possono essere associati dei parametri fisici e biologici che, messi insieme, costituiranno il nostro quadro strumenti per monitorare le reazioni del nostro corpo. Ecco quindi che terremo d’occhio peso, FC a riposo, colore delle urine, qualità del sonno, dolori muscolo-tendinei e articolari, sensazione di stanchezza. Questo è ciò che possiamo facilmente monitorare ogni giorno a riposo, magari appena alzati.

Nel caso di overtraining, il peso corporeo e la qualità del sonno diminuiranno, mentre la FC a riposo tenderà a salire, i dolori muscolari saranno più frequenti e ci si sentirà sempre affaticati con la sensazione di non aver recuperato.

Nel caso di overreaching, e cioè di mancato recupero dagli ultimi allenamenti, potremo osservare urine di colore più scuro che di solito ed un peso corporeo inferiore di 0,5-1,5 kg rispetto a quello ottimale. In pratica, ciò denota uno stato di deficit nel reintegrare i liquidi corporei e questo si traduce in una riduzione delle capacità di esercizio.

Exhausted marathon runners,

Attenzione a non sottovalutare la stanchezza:  è un segnale

Il monitoraggio sul campo

Il primo parametro che possiamo analizzare è la frequenza cardiaca anche se essa da sola non è molto significativa. Lo è molto di più se viene analizzata in parallelo alla velocità o alla VAM di riferimento.

Facciamo un esempio: se normalmente corriamo le ripetute a 4’/km ad una FC di 170 e nel giorno x si rileva una frequenza inferiore a quella abituale e si ha la sensazione di fare più fatica che di solito a mantenere la velocità, allora potremo dire con buona certezza di non aver recuperato dal giorno precedente o di non essere in giornata sì. In questa situazione è inutile insistere con un programma di alta intensità, meglio ripiegare su un piano B che potrebbe essere un giro in bicicletta a sensazione di sforzo leggero/moderato o una nuotata.

Immaginiamo invece di notare per 2-3 giorni che non si riesca a raggiungere le velocità di soglia o a tenere la VAM di riferimento mentre la FC stenta a salire. E’ chiaro che ci troviamo in una situazione di overtraining. In questo caso, non basterà una giornata di scarico, ma si dovrà prevedere un periodo di recupero attivo la cui durata dipenderà dall’entità del sovrallenamento e che comunque potrà variare tra i 5 ed i 10 gg.

Quando invece le gambe girano e la FC sale senza che si avverta una particolare sensazione di fatica ci troviamo in uno stato ottimale in cui avvertiamo il miglioramento indotto dai precedenti allenamenti. Allora avanti con il programma e carichiamo pure senza problemi.

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Un po’ di cyclette o un giro in bici leggero possono aiutare a recuperare

L’importanza del metodo

Ci sono persone istintive e persone razionali, questo accade anche nel mondo della corsa. Ovviamente, la mia formazione mi fa propendere per un approccio razionale in quanto esso può garantire, anche a chi non abbia qualità straordinarie, di migliorare onestamente e con continuità la propria prestazione (per approfondire: “Vietato improvvisare: la corsa è fatta di numeri”). Il metodo consiste nel quantificare la propria prestazione sia in gara che in allenamento: km, dislivello, frequenza cardiaca, velocità, VAM, peso. Questi sono i dati che, stagione dopo stagione, ci permetteranno di aumentare la consapevolezza di come ci stiamo allenando e affineranno la capacità di mettere insieme sensazioni e prestazioni. Attualmente, l’utilizzo di un cardio-gps, di cui abbiamo già ampiamente parlato qui e nei numeri precedenti, non si limita al monitoraggio dei dati solo in tempo reale, durante gli allenamenti. Questi strumenti sono infatti facilmente collegabili ad i rispettivi siti web che offrono la possibilità di scaricare, visualizzare, elaborare ed archiviare i dati di ogni allenamento (come funziona? Lo spieghiamo qui).

Passare qualche minuto al PC per analizzare l’andamento dell’allenamento e, ad esempio, per confrontare i dati della settimana con quelli della precedente sarà molto utile per capire se quelle sensazioni provate sul campo trovano effettivamente riscontro nei numeri del programma svolto. La continua verifica tra ciò che si fa e i dati che si rilevano accrescerà enormemente la capacità personale di prevedere le proprie prestazionigestendo al meglio l’allenamento.

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E’ in edicola il nuovo Outdoor Running (qui puoi vedere il video di presentazione), numero speciale della rivista Ski-Alper dedicato al trail. Come sempre trovate la rubrica firmata Vitalia, questa volta dedicata alle tendiniti del podista: vogliamo ora approfondirla e cercare di spiegarvi alcuni esercizi (tranquilli: c’è la video dimostrazione!). L’argomento è delicato e ne avevamo già parlato qui, suggerendovi alcune terapie. Non dimenticate che il consiglio migliore è quello personalizzato e quindi rivolgetevi ad uno specialista!

Che cosa fare nella riabilitazione delle tendiniti dell’Achille?

Certo va capita la gravità della tendinopatia, ma in molti casi vale la regola: l’esercizio è il miglior farmaco. Ci si può insomma curare con il rinforzo muscolare e il principale esercizio è rappresentato dal sollevamento sull’avampiede: si comincia in appoggio su entrambi i piedi, ci si solleva e si ritorna alla posizione di partenza con un solo piede. Questo permette di sollecitare il muscolo, e quindi il tendine, con una contrazione eccentrica (abbassamento) in cui il carico è maggiore rispetto a quello esercitato nella fase di contrazione concentrica (sollevamento). L’ampiezza del movimento sarà dettata dal dolore in quanto ci si dovrà fermare nella discesa pochi gradi dopo la sua insorgenza. La velocità di esecuzione deve essere sempre lenta e controllata, evitando i rimbalzi.

Sarà opportuno svolgere l’esercizio sia a ginocchia distese che a ginocchia semiflesse. In tal modo si solleciteranno le fibre del gastrocnemio (ginocchia estese) e del soleo (ginocchia semiflesse).

Gli esercizi illustrati fanno parte del protocollo riabilitativo di Alfredson che è al momento quello con maggiori evidenze mediche.

Al variare del dolore (diminuzione o scomparsa) si assoceranno lavori di propriocettività e reattività muscolare del piede con andature in rullata (tallone-punta) ed esercizi in spinta sull’avampiede.

Buon allenamento! E non dimenticatevi i fondamentali: mettete sempre il ghiaccio e verificate di aver scelto le scarpe giuste!


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Si chiude in queste settimane la stagione sci-alpinistica. E’ il tempo delle grandi classiche: a marzo si sono disputati Pierra Menta e Tour du Rutor e per conoscere i vincitori del circuito della Grande Course si attende l’ultimo appuntamento, la Patrouille de Glaciers del 2-3 maggio. Intanto in questi giorni Sky Sport sta riproponendo le immagini del Tour du Rutor: c’è tempo tutta la settimana per vedere lo speciale di Icarus 2.0 e Odeon (gli orari qui).

Foto sopra: Pierra Menta edizione 2013

Il Tour du Rutor di cui avevamo parlato nelle scorse settimane si è confermata una gara straordinaria per bellezza dei percorsi ed eccellenza dell’organizzazione. Come al solito, i migliori hanno trionfato: il duo Eydallin-Lenzi tra gli uomini e Roux-Mathys tra le donne. A detta dei partecipanti, il tracciato si è rivelato estremamente tecnico, con lunghi tratti in cresta, ripidi canali da salire e da scendere, parecchi cambi di assetto e 7000 metri di salite nelle 3 tappe.

Tutto è comunque filato liscio sotto la mano sicura del direttore Camandona che ha portato questa manifestazione ai vertici mondiali.

Uno scatto del Tour

Anche Vitalia ha gareggiato, o meglio abbiamo avuto un portabandiera: Riccardo Bertolino, imprenditore e padre di famiglia, classe ’67, ha seguito i metodi di preparazione del nostro centro per ottimizzare la sua preparazione al Tour. Si è allenato principalmente all’alba per poter coniugare lo ski-alp con gli impegni lavorativi e famigliari e con il suo compagno Raffaele Francone è arrivato a circa metà classifica: un risultato straordinario per un amatore. Gli abbiamo chiesto com’è andata.

Già l’anno scorso avevo concluso l’Adamello Ski Raid e il Mezzalama, tutte gare di scialpinismo che fanno parte del circuito della Grande Course, che racchiude le più importanti gare a livello internazionale. Il Tour del Rutor è stata un’esperienza esaltante: tre tappe (da venerdì a domenica), ogni giorno un percorso diverso con 7000m di dislivello positivo, 25 cambi d’assetto, 53 km di sviluppo (26km di sola salita), 3km di creste e canali a 3000 metri di quota, una gara davvero extrême. Ma soprattutto tre giorni in cui ho vissuto appieno l’atmosfera agonistica e di vera montagna. Tre giorni in cui ho messo alla prova cuore, polmoni, muscoli, testa e ogni singola cellula del mio corpo. L’incognita era l’affaticamento accumulato dopo la prima e la seconda tappa: per questo con il Dott. Massarini abbiamo lavorato ad un programma specifico mirato al miglioramento del rendimento sul lungo. L’allenamento con il cardiofrequenzimetro, in base ai parametri misurati nei test in laboratorio, e la condivisione settimanale dei dati dell’allenamento attraverso il portale online dedicato del mio orologio (scopri come funziona), si sono rivelati fondamentali, così come la strategia di alimentazione e idratazione in tutte le fasi, sia in gara che nel prima e nel dopo. Ebbene sì, sono un “ingegnere” e il metodo e la costanza, unite alla passione per la montagna non mi sono mancati!

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Giorgio Villosio (Torino, 1970) è Guida Alpina iscritto al Collegio delle Guide Alpine del Piemonte dal 2007. Ha arrampicato su tutte le principali pareti delle Alpi, ma anche in Marocco, Turchia e Madagascar; ha sciato in Norvegia e alle Isole Svalbard ma anche sui 4000 dell’Alto Atlante in Marocco; ha inoltre partecipato ad una spedizione al Manaslu (8163 m – Nepal) senza ausilio di ossigeno supplementare e portatori d’alta quota.
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Giorgio, com’è la montagna a 360°?

E’ la montagna come la vedo io: alpinismo (ho salito alcuni itinerari classici delle Alpi Occidentali), arrampicata, goulotte e cascate di ghiaccio, scialpinismo e sci. E’ l’amore di una vita: da bambino i miei genitori mi portavano in gita e una volta in Valle Stretta sono rimasto folgorato. Incontrammo un gruppo di scalatori che tornavano dalla parete dei Militi con la corda a tracollo… anch’io volevo arrampicarmi su quelle rocce verticali!

Il sogno è diventato realtà.

E’ stato un percorso lungo e graduale: sono arrivato a praticare tutte le attività che ruotano attorno alla montagna; ho lasciato il mio impiego ed è diventata una professione, che racconto sul mio sito.

Un bel salto!

Sono laureato in Fisica e dopo 13 anni al Centro Ricerche Fiat il lavoro d’ufficio cominciava a starmi stretto. Il mio socio di montagna (dieci anni più giovane di me) voleva diventare guida. Ho pensato di accompagnarlo: ho partecipato anch’io alle selezioni e le ho superate brillantemente. A quel punto mi sono buttato a testa bassa sui corsi e ho frequentato i quasi 2 anni di lezione.

In che cosa consiste il tuo mestiere?

Come Guida mi occupo di accompagnamento in montagna, a tutti i livelli (dai più facili 4000 m alle pareti più impegnative); di insegnamento dello scialpinismo e dello sci fuoripista; dell’arrampicata su roccia e su ghiaccio. La mia maggiore soddisfazione è vedere negli occhi delle persone quelle stesse emozioni che ho provato io le prime volte.

E poi ci sono le spedizioni.

Sì, organizzo viaggi sulle montagne più belle del mondo: con i miei gruppi sono stato sul Kilimanjaro (5895 m), sui vulcani dell’Ecuador (Cotopaxi – 5897 m e Illiniza – 5100 m), sulle Ande in Bolivia (tra cui  Sajama – 6542 m, Acotango – 6067 m, Potosi – 6088 m, Illimani – 6439 m, Pequeno Alpamayo – 5370 m,) in Himalaya nella valle del Kumbu al cospetto dell’Everest, sul Toubkal e con gli sci sugli altri 4000 m dell’Alto Atlante in Marocco.

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Sei anche un garista?

Sono uno che ha continuamente voglia di misurarsi con se stesso e con gli altri e dal 2001 pratico lo scialpinismo a livello agonistico. Ho gareggiato nelle più prestigiose competizioni europee (Mezzalama – quattro volte -, Pierra Menta, Tre Rifugi, Trofeo Rollandoz…) e nelle classiche cronoscalate notturne con qualche piazzamento nei primi cinque nelle gare regionali (Prali, Ala di Stura, Aquila).

Hai mai allenato?

Lo scorso anno ho preparato una cliente al Mezzalama. L’ho seguita durante la stagione invernale per migliorare la sua tecnica in salita e in discesa e poi abbiamo preso il via insieme. Non so chi fosse più contento, alla fine: se io per aver condotto la squadra a un buon risultato o se lei per aver coronato un suo piccolo-grande sogno. 

Com’è cambiato l’alpinismo negli ultimi quindici anni? E le gare di scialpinismo? 

L’interesse per le gare di scialpinismo è molto cresciuto ultimamente: non ci si improvvisa più. C’è ormai un’attenzione particolare per i materiali: una volta incontravi anche atleti con sci e attacchi da “gita”, adesso non più. Invece sull’aspetto dell’allenamento e della tecnica c’è ancora molto da fare, lì c’è più improvvisazione. 

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Il livello tecnico è basso?

Vedo ancora tanti concorrenti che non sanno far scivolare lo sci, non usano correttamente la spinta di braccia e ad ogni inversione perdono energie e secondi preziosi. Per non parlare poi della parte alpinistica e della progressione con i ramponi. 

Come si fa a migliorare?

Con esercizi mirati si possono correggere gli errori. Per questo con Vitalia abbiamo pensato ad un servizio completo per i “patiti” della montagna: forniamo la preparazione atletica e tecnica per affrontare in forma e in sicurezza questi sport appassionanti. Insomma un’offerta a 360°!

Contattaci per saperne di più.

 

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Canale montagna Vitalia

[button color=”red” size=”medium” link=”http://www.vitalia-informa.it/category/montagna-2/”]Perché un canale montagna? E’ semplice: perché la amiamo! Perché è la cosa che ci rende davvero noi stessi! In questa sezione troverete video, foto e articoli sullo sci alpinismo e tutte le occasioni che la montagna ci regala per tenerci in forma. Vi spieghiamo come sfruttarle al meglio: chi si allena bene si diverte di più! Buona lettura e buone nevicate a tutti! [/button]

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