Conoscere il valore della glicemia durante la giornata è fondamentale sia per chi vuole perdere peso, sia per chi è alla ricerca della prestazione ed, in generale, per chi vuole sentirsi bene attraverso alimentazione ed esercizio.

Fino ad ora si è cercato di creare piani alimentari che, attraverso la scelta degli alimenti e del timing di assunzione potessero raggiungere l’effetto desiderato. Oggi è invece possibile spingersi oltre ed avere dati oggettivi sulla risposta dell’organismo con l’uso di un biosensore che misura la glicemia nel tempo.

Come funziona il Biosensore

Si tratta di un piccolo bottone da applicare al braccio e che attraverso un sottilissimo micro ago rileva gli zuccheri accumulati nell’interstizio cellulare, in continuo per 15 giorni inviando i dati ad un app dedicata. Gli stessi dati sono visualizzati anche dal nutrizionista che può interagire, inviando messaggi e consigli per correggere l’alimentazione e fornire tecniche diverse e indicazioni utili a gestire la glicemia.

Perché è utile 

Uno degli obiettivi principali di un corretta piano nutrizionale è tenere stabile la glicemia e quindi l’insulina nel quotidiano e di mantenerla alta durante le attività sportive intense e prolungate.

E’ infatti ben risaputo che i picchi di glucosio nel sangue inducono una risposta dell’insulina che manda gli zuccheri nelle cellule muscolari e del fegato dove hanno due strade: essere utilizzati per produrre energia, se si sta facendo esercizio, o essere trasformati in grassi nel caso si sia inattivi.

Ci sono però molti fattori che interagiscono e uno stesso alimento, assunto in situazioni e abbinamenti nutrizionali differenti, può dare una risposta glicemica alterata.

Quindi, una dieta, per quanto corretta, può avere un impatto diverso sulla persona e la risposta può essere valutata soltanto nel tempo. Ora, grazie al biosensore il controllo è immediato e le correzioni possono essere fatte subito ottimizzando i risultati e i tempi.

A chi è utile

Chi deve perdere massa grassa potrà controllare la glicemia nelle ore di inattività, mantenendola su valori contenuti e riuscendo a gestire eventuale senso di fame.

Gli sportivi che praticano attività di endurance come corsa, ciclismo, triathlon, sci di fondo, trail, potranno verificare di essere sempre

correttamente alimentati per evitare cali di prestazione e per ottimizzare la performance.

Le persone con valori pressori elevati e iperglicemia o diabete di Tipo II avranno uno strumento incredibile per mantenere il controllo dell’insulina ed evitare gli effetti pro-infiammatori di una dieta errata.

Soggetti con squilibri ormonali e disturbi quali emicrania, ovaio policistico, endometriosi, infertilità potranno lavorare con l’aiuto del nutrizionista su una dieta antinfiammatoria adattata alle proprie esigenze.

Composizione corporea, piano nutrizionale, biosensore.

Il servizio prevede un’accurata analisi della composizione corporea, grazie alla quale si ottengono dati sull’idratazione, sull’infiammazione, sul grasso corporeo e sulla massa muscolare.

Si passa quindi alla formulazione del piano nutrizionale che terrà conto delle eventuali patologie e dell’attività fisica svolta. Si applicherà quindi il biosensore che invierà i dati all’app e al nutrizionista.

Chiamaci per saperne di più

1: Shah VN, DuBose SN, Li Z, Beck RW, Peters AL, Weinstock RS, Kruger D, Tansey M, Sparling D, Woerner S, Vendrame F, Bergenstal R, Tamborlane WV, Watson SE, Sherr J. Continuous Glucose Monitoring Profiles in Healthy Nondiabetic Participants: A Multicenter Prospective Study. J Clin Endocrinol Metab. 2019 Oct 1;104(10):4356-4364. doi: 10.1210/jc.2018-02763. Erratum in: J Clin Endocrinol Metab. 2022 Mar 24;107(4):e1775-e1776. PMID: 31127824; PMCID: PMC7296129.

 

2: Holzer R, Bloch W, Brinkmann C. Continuous Glucose Monitoring in Healthy Adults-Possible Applications in Health Care, Wellness, and Sports. Sensors (Basel). 2022 Mar 5;22(5):2030. doi: 10.3390/s22052030. PMID: 35271177; PMCID: PMC8915088.

 

Se fossimo in grado di fornire a ciascuno la giusta dose di nutrimento ed esercizio fisico, né in difetto né in eccesso, avremmo trovato la strada per la salute. (Ippocrate 460-377 a.C.)

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Questo concetto, così antico, e all’apparenza così elementare ha in sé una forza incredibile. Eppure, a distanza di 2500 anni, la popolazione si ammala sempre di più per malattie che trovano nella cattiva alimentazione e nella sedentarietà la propria radice più profonda. Di esercizio ci occupiamo quotidianamente, di alimentazione abbiamo parlato meno, pensiamo sia quindi giusto affrontare l’argomento perché gli errori commessi ogni giorno portano le cellule del nostro organismo ad invecchiare precocemente e concorrono all’instaurarsi di uno stato di infiammazione silente che precede il manifestarsi della sindrome metabolica (ipertensione, obesità e ipercolesterolemia), delle malattie cardiovascolari (aterosclerosi, ictus ed infarto) e dell’Alzheimer.

Come s’instaura uno stato di infiammazione silente?

Un’alimentazione ricca di carboidrati, soprattutto quelli presenti nella pasta di farina 00, nel riso, nei dolci, nel pane e nelle patate, provoca un aumento della glicemia che viene regolato da un ormone secreto dal pancreas, l’insulina, che ha la funzione di mantenere entro livelli “normali” lo zucchero nel sangue. L’insulina abbassa la glicemia spingendo lo zucchero all’interno delle cellule. Qui si aprono due possibilità: utilizzarlo come carburante per il movimento o immagazzinarlo. Quando questo zucchero è in eccesso rispetto alla richiesta di energia viene però trasformato in grassi che si accumulano e che innescano la produzione di fattori che determinano lo stato di infiammazione silente. A ciò si aggiunge che nella dieta attuale assumiamo grandi quantità di acidi grassi saturi i quali contribuiscono all’aggravamento del quadro generale.

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Cercare l’equilibrio

Le proteine, macronutriente presente nelle carni, nel pesce, nelle uova, nei latticini e nei legumi, stimolano la secrezione di un altro ormone, il glucagone, anch’esso prodotto dal pancreas e che ha un effetto opposto a quello dell’insulina: libera infatti gli zuccheri immettendoli in circolo. Cominciamo quindi a capire come, attraverso un’alimentazione in cui proteine e carboidrati siano in equilibrio, possiamo controllare la secrezione di questi due ormoni ed i processi ad essi correlati. Stesso discorso per gli acidi grassi saturi, che dovrebbero essere assunti in quantità inferiori al 10% delle calorie totali giornaliere ed bilanciati con i grassi insaturi (Omega 3). Gli acidi grassi saturi sono presenti soprattutto nelle carni, nei latticini e nel tuorlo dell’uovo, mentre gli insaturi si trovano nel pesce e nell’olio di oliva.

Che cosa provoca l’invecchiamento precoce delle nostre cellule? Il fattore principale che determina l’invecchiamento precoce delle cellule e quindi dei tessuti che costituiscono è rappresentato dai radicali liberi che sono specie chimiche instabili in grado di alterare la struttura della membrana cellulare danneggiandone e alterandone l’integrità. In condizioni ottimali, lo stress ossidativo viene controbilanciato da sostanze antiossidanti prodotte dall’organismo stesso o introdotte dall’esterno con gli alimenti.

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Come difendersi dallo stress ossidativo

La natura ci offre la possibilità di assumere cibi ricchi di sostanze antiossidanti che prendono il nome di polifenoli. Essi sono contenuti nelle verdure e nella frutta, soprattutto nelle bucce e sono i responsabili della loro colorazioneUna tavola piena di colori è quindi un riscontro che stiamo assumendo una buona varietà di queste preziose sostanze. Inoltre i polifenoli regolarizzano la flora batterica intestinale.

Proviamo a capire il problema: nel nostro intestino vive una enorme quantità di batteri che viene condizionata dal tipo di dieta seguito. Un’alterazione della flora batterica può provocare un’infiammazione cronica: nell’intestino si viene a creare una porta di ingresso per batteri, tossine e frammenti proteici come ad esempio il glutine. Una delle cause più frequenti di modificazione della flora batterica è l’assunzione di carne proveniente da animali di allevamento che spesso vengono trattati con antibiotici per accelerarne la crescita.

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La “vera” dieta mediterranea

Da quanto detto fin qui, si potrebbe dire che la famosa dieta mediterranea, quella rappresentata dalla piramide alla cui base troviamo pasta e pane sia rovesciata da evidenze scientifiche che dimostrano come l’eccesso di carboidrati e di grassi saturi favorisca l’instaurarsi di uno stato pro-infiammatorio predisponente al diabete di tipo II ed alla malattia cardiovascolare (aterosclerosi) oltre che favorire un invecchiamento precoce dei tessuti. Per contro una dieta equilibrata dovrebbe essere ricca di verdura, frutta, proteine di alta qualità e con una ridotta quantità di zuccheri e grassi saturi ed infine integrata con acidi grassi Omega 3 e polifenoli. E forse era proprio questa la “vera” dieta mediterranea che trovava nelle verdure di stagione, nell’olio di oliva, nel pesce azzurro e nella frutta le sue principali fonti caloriche a cui si aggiungeva una modesta quantità di cereali integrali forniti dal farro, dall’orzo e dal kamut.

Senza dimenticare l’esercizio fisico, che potenzia ulteriormente i meccanismi di difesa naturali.

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 Ultimi giorni di estate. Se qualcuno non si fosse ancora convinto ecco nuovi buoni motivi per rimettersi in forma. E qualche conto in tasca. 

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Star bene non significa solo non essere malati.
Star bene significa poter godere di un livello di efficienza fisica tale da consentirci di camminare, nuotare, pedalare.

Significa apprezzare i piaceri del cibo senza eccedere nelle quantità.
Significa prendersi cura di sé con attenzione consapevole, senza eccessi ipocondriaci.
Significa muoversi con minimo spreco di energia, perché le impronte lievi sono anche quelle che fanno meglio al fisico.
Significa coinvolgere gli altri nella passione per il movimento.

Vitalia crede in tutto ciò e offre i suoi servizi a tutti quelli che vogliono percorrere, iniziare a percorrere o riprendere un cammino verso il benessere. La prevenzione non si basa solo su esami clinici ma anche sulla convinzione che il movimento sia la prima forma di cura. Del resto, Esculapio l’aveva capito 2500 anni fa che un’adeguata dose di esercizio e di cibo potevano curare molte patologie.

Ora ne sappiamo molto di più e l’aforisma “siamo quello che mangiamo” dovrebbe essere associato ad un altro che reciti “siamo per quello che ci muoviamo”.

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In effetti, la carenza di esercizio è alla base di patologie metaboliche, cardiovascolari e oncologiche. La relazione è diretta nel caso di diabete di tipo II, sindrome metabolica, malattia coronarica, ictus, ipertensione, cancro della mammella e del colon.

L’associazione di moderato esercizio, circa 40 min. al giorno di camminata ad intensità moderata o vigorosa, e di alimentazione a basso contenuto di zuccheri raffinati e di grassi animali costituisce una solida base di prevenzione. Per facilitare ancora di più l’approccio a questo stile di vita è utile sapere che questi 40’ non devono essere svolti in un’unica sessione ma possono essere frammentati in 4-5 sessioni di una 10 di minuti l’una. Qualche esempio per capirci? Semplicissimo: scendere dal bus alla fermata prima dell’ufficio, e raggiungerlo a piedi; lasciare l’auto in garage e muoversi in bici; accompagnare i bambini a scuola a piedi o farsi una camminata nel week-end.

Quasi nessuno insomma può dire di “non avere tempo per muoversi”. Basterebbe limitare l’uso di auto e mezzi pubblici per allungare qualche passo e accumulare, minuto dopo minuto, dei “punti salute”.

E poi qualche considerazione sul portafoglio: curarsi costerà sempre di più. I tagli alla sanità sposteranno inevitabilmente l’onere della spesa per le cure sempre di più sui cittadini e quindi ecco un motivo in più per mantenersi sani.

Le aziende l’hanno capito e molte offrono già programmi wellness (ecco il nostro) ai propri dipendenti, soprattutto all’estero.

Star bene conviene a tutti. Al singolo, alla comunità, all’ambiente. 

E poi si vive meglio!
Iniziamo a muoverci!

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Si può non diventare diabetici, si possono prevenire le complicanze del diabete.

Nel 2003 (poi sul Lancet nel 2006) veniva pubblicato uno degli studi scientifici più importanti nell’ambito della prevenzione del diabete di tipo II: il DPS (Finnish diabetes prevention study). 

Il lavoro era basato sui dati di pazienti con rischio di sviluppare NIDDM (“Non insulin dependent diabetes mellitus” o Type II Diabetes), cioè di età 40-64, sovrappeso e con alterazioni della curva glicemica. I risultati dimostrarono che il gruppo che seguiva un programma basato sulla riduzione dell’apporto calorico (basso livello di grassi saturi) e sull’esercizio fisico aveva maggiori possibilità di NON sviluppare la patologia rispetto a coloro che invece assumevano farmaci antidiabetici.

La portata scientifica di questa pubblicazione è stata grandissima ed ha innescato molti altri studi che negli ultimi dieci anni hanno reso inequivocabile l’importanza di uno stile di vita attivo per prevenire e curare il diabete tipo II con positivi impatti anche di tipo economico: curare attraverso l’educazione al movimento ed alla corretta alimentazione fa risparmiare molti soldi rispetto alle cure farmacologiche.

Nel 2005, il prof De Feo ha quantificato tali risparmi in un bellissimo lavoro scientifico pubblicato da Diabetes care concludendo che camminare per 4 km al giorno portava ad un risparmio di 550€ /anno di spesa sanitaria.

Le evidenze mediche sono quindi imponenti, eppure, ancora oggi, il percorso per avviare le persone con diabete ad un programma di esercizio fisico è affidato all’iniziativa personale dei medici e non è inserito nelle prestazioni mediche.

Cosa dovrebbe fare chi vuole migliorare la propria situazione? La risposta scientifica ci viene da un altro studio condotto tra il 2006 ed il 2007 in oltre 20 strutture dislocate sul territorio nazionale. Il protocollo della ricerca prevedeva che i pazienti svolgessero esercizio aerobico al 70% dell’intensità massima per 40-45 min. / 2 volte sett. in associazione ad esercizi di forza muscolare contro resistenza.

Ad un anno di distanza, i risultati hanno dimostrato che i parametri fisiologici dei partecipanti erano sensibilmente migliorati e che il livello medio della glicemia era anch’esso sceso, segno di un migliorato metabolismo delle cellule muscolari.

Ma proviamo a spiegare perché il movimento, sia quello aerobico che quello di forza, è così vantaggioso per il diabetico. In questa patologia, l’insulina -l’ormone che abbassa il livello di zucchero nel sangue – viene normalmente immessa in circolo. Il problema è che le cellule muscolari, dentro le quali dovrebbe essere immagazzinato lo zucchero del sangue, sono insensibili ad essa. Grazie all’esercizio invece, si aumenta la sensibilità della cellula muscolare verso l’insulina e questa può quindi far sì che lo zucchero entri nelle cellule stesse.

Gli effetti positivi dell’esercizio aerobico durano 48-72 h mentre quelli dell’esercizio di forza durano poche ore ma comunque la sommazione dei due meccanismi provoca miglioramenti stabili nel tempo.

Buon esercizio a tutti.

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