Forse non ci sono sport più legati al concetto dell’outdoor della corsa e del ciclismo, e tuttavia anche in queste discipline gli atleti si sono trovati a dover fare i conti con i divieti di attività all’aperto. Ovvio quindi iniziare a parlare di treadmill, smart trainer e pesi per evitare di perdere completamente lo stato di forma raggiunto finora.
Corsa e ciclismo sono l’esaltazione della resistenza, soprattutto nelle specialità più lunghe, e pertanto necessitano di molte ore di pratica per costruire la base aerobica necessaria a sostenere uno sforzo prolungato e per di più costante e continuo. Non poter effettuare allenamenti estensivi comporta inevitabilmente la perdita di alcuni adattamenti come ad esempio la massa plasmatica da cui dipende la quantità di emoglobina totale e quindi l’apporto di ossigeno ai muscoli e la capacità di usare i grassi come principale fonte energetica. Questi due fattori sono infatti direttamente correlati al volume di allenamento svolto, soprattutto quello a bassa e media intensità ed è quindi inutile cercare di mantenerli ora facendo sedute indoor eccessivamente lunghe. Meglio quindi focalizzarsi su altri aspetti della performance.
Focalizzazione dell’allenamento indoor
I due sport in esame richiedono un programma di allenamento poliedrico che prenda in esame le varie componenti della performance:
Forza L’allenamento della forza dovrebbe essere orientato verso il rinforzo del core sia per la performance sia per la prevenzione, a ciò si dovrà aggiungere un programma di esercizi di forza generale e di forza funzionale che saranno utili soprattutto nel nuoto e nella corsa.
Sia nella corsa che nel ciclismo si dovrà curare la tecnica del gesto perché migliorandola si riuscirà ad essere più efficienti ovvero ad andare più forte a parità di dispendio energetico. La focalizzazione sarà quindi sulla cadenza e sulla rotondità della pedalata nella bici e sulla frequenza di passo nella corsa. Aumentare anche di poco questi parametri sarà un risultato tangibile. I simulatori si prestano benissimo a questo tipo di lavoro perché permettono di concentrarsi sul gesto senza le distrazioni e le variabili dell’outdoor.
Capacità organiche. L’allenamento delle qualità organiche si otterrà invece con sedute di sintesi con frequenti variazioni del carico e con ripetute brevi e medie sui valori di soglia o di massima intensità alternate a fasi più lunghe al ritmo medio. Lo scopo è quello di non perdere la VO2 max e le capacità neuromuscolari.
Potrebbe inoltre essere utile ricorrere alla Reverse Periodization che viene usata da chi vive in paesi dove le condizioni atmosferiche non consentono di uscire. In pratica si tratta di focalizzarsi sulla qualità del lavoro indoor che deve puntare a sedute di circa 1 h ricche di fasi brevi ma intense. Ciò consentirà di poter tornare agli allenamenti all’aperto con valori alti di VO2. Da qui si ripartirà con aumenti di volume graduali. Inoltre, le sedute brevi non diminuiranno le difese dell’organismo, anzi avranno l’effetto di aumentare la capacità di potenziamento del sistema immunitario.
Organizzazione delle sedute
Prima di iniziare il programma indoor bisognerà conoscere i propri valori di soglia sia nella corsa che nel ciclismo. Ciò può essere fatto eseguendo dei test o risalendo agli ultimi dati raccolti negli allenamenti all’esterno prima della sospensione dell’attività.
Uno schema di lavoro può essere il seguente:
Seduta 1
40’ bici
5-7’ di riscaldamento progressivo con fasi di 30” a potenza e cadenza alte
3-4’ di progressione al medio con cadenza da 70 a 90 RPM
4-5 serie di SFR (salite di forza-resistenza) di 2’ a 50 RPM ad intensità media con 1’ di recupero dopo ogni ripetuta a intensità leggera e 90 RPM
3-4 ripetute di 4-5 minuti dal fondo medio alla soglia con cadenza incrementale e 2-3’ di recupero ad intensità leggera e 85-90 RPM
5-7’ di defaticamento a bassa intensità e 90 RPM
40’ corsa
10’ ritmo medio con variazioni del passo di 30” (ad esempio salire e scendere di 5 passi al minuto rispetto al proprio valore base)
20’ al medio alto
10’ finali al fondo lungo
Seduta 2
40’ bici
5-7’ di riscaldamento progressivo con fasi di 30” a potenza e cadenza alte
3-4’ di progressione al medio con cadenza da 70 a 90 RPM
4-5 serie di SFR (salite di forza-resistenza) di 2’ a 50 RPM ad intensità media con 1’ di recupero dopo ogni ripetuta a intensità leggera e 90 RPM
2 ripetute di 5-7’ al medio a 95 RPM con 2-3’ di recupero in agilità
5-7’ di defaticamento a bassa intensità e 90 RPM
50’ corsa
10’ ritmo medio con variazioni del passo di 30” (ad esempio salire e scendere di 5 passi al minuto rispetto al proprio valore base)
4 x 5’ alla soglia con 2’ di recupero in agilità
10’ finali al fondo lungo
Seduta 3
Allenamento di forza: core stability, forza base e esercizi funzionali
40’ bici
5-7’ di riscaldamento progressivo con fasi di 30” a potenza e cadenza alte
3-4’ di progressione al medio con cadenza da 70 a 90 RPM
4 serie 1’ alla soglia e 1’
3-4 ripetute di 4-5 minuti dal fondo medio alla soglia con cadenza incrementale e 2-3’ di recupero ad intensità leggera e 85-90 RPM
5-7’ di defaticamento a bassa intensità e 90 RPM
O in alternativa
40’ corsa
10’ ritmo medio con variazioni del passo di 30” (ad esempio salire e scendere di 5 passi al minuto rispetto al proprio valore base)
20’ al medio alto
10’ finali al fondo lungo
Conclusioni
L’allenamento indoor può essere un momento di costruzione e di miglioramento. Bisogna focalizzarsi sulla qualità e lavorare su tutto ciò che di solito si tralascia quando si dà peso solo alle ore ed ai km percorsi. Correre e pedalare su un simulatore allena la tecnica più di quanto lo si possa fare in outdoor.
Le strade sono vuote, pochissime macchine in giro, sarebbe perfetto per un’uscita in giro…ma non si può.
Bisogna stare a casa, lo dicono tutti, ce lo ripetiamo tra noi quasi fosse un mantra che ci aiuti a superare questo momento di clausura. E così, mentre guardiamo fuori dalla finestra la campagna primaverile ripensiamo allo scorso anno, alle uscite della domenica mattina, sempre più lunghe, e al tifo della domenica pomeriggio davanti alla TV a guardare la Sanremo o il Fiandre.
Quest’anno è diverso. Quest’anno dobbiamo inventarci un allenamento in casa e quindi i rulli diventano l’unica alternativa e quindi vale la pena fare qualche considerazione sull’argomento perché la frase “io i rulli non li faccio perché mi annoio e non servono a niente” adesso non vale più.
La scelta dei “rulli” giusti
Un ciclosimulatore sarà compagno di allenamento per diversi anni, meglio quindi sceglierlo di buona qualità e non lesinare sul prezzo.
Le caratteristiche fondamentali sono: precisione nella misurazione della potenza, possibilità di interfacciarsi con PC o tablet, silenziosità, robustezza e stabilità. Meno importanti i vari programmi video che riproducono i percorsi outdoor: sembrano fantastici al momento della scelta, ma poi sono di scarso interesse per l’allenamento.
Potersi allenare con la misurazione della potenza consente di creare programmi personalizzati ed efficaci. Lo schema di ogni seduta dovrebbe contenere lavori al medio, alla soglia, salite forza-resistenza, ripetute massimali brevi. Questo tipo di allenamento è il vero antidoto alla noia da rulli. Ovviamente, non potendo fare sedute lunghe, si dovrà accettare di perdere un po’ le doti di fondo, ma con sedute organizzate in modo intelligente si potranno ottenere ottimi risultati e ripartire con la gamba giusta. Cosa fare
Allenamento del core, ovvero della zona addomino-lombare: i muscoli di questa area sono fondamentali per avere una buona efficienza di pedalata perché da loro dipende la stabilità del bacino e quindi la forza di spinta delle gambe sui pedali.
Fare sedute di 1ora un’ora e un quarto: oltre questi tempi è difficile mantenere la qualità dell’allenamento. Bisogna infatti tenere in considerazione che l’uscita tradizionale include molte fasi a bassa o nulla intensità come discese, frenate, tratti in scia, mentre su uno smart trainer bisogna spingere sempre; quindi 1 h di allenamento indoor ad alta intensità può grosso modo essere equiparata a 2 h su strada. Senza dimenticare di usare il cardiofrequenzimetro per la misura della frequenza cardiaca.
Crearsi un angolo confortevole: innanzitutto mettere un ventilatore davanti alla bici. Quando pedaliamo in casa non abbiamo il vento che ci aiuta a regolare la temperatura corporea. Per evitare che questa si alzi troppo, il corpo invia molto sangue a livello della cute sottraendolo però ai muscoli che si troveranno in maggiore difficoltà. Se si segue questo accorgimento, il fabbisogno di acqua sarà di circa 500 ml/h.
Conoscere i propri valori
Per ottenere il massimo dalla seduta di allenamento indoor bisogna iniziare valutando i propri valori di potenza (watt) e cadenza (RPM) alla soglia anaerobica. Per farlo, si può svolgere un test incrementale che evidenzierà la deflessione della FC che coincide con la soglia o con il test di potenza funzionale (FTP) e cioè la potenza media che si riesce a sostenere in 20’ di sforzo continuo.
L’allenamento di oggi: cosa fare in casa.
L’ideale sarebbe iniziare ogni seduta con esercizi di allungamento per la muscolatura di polpacci, femorali e quadricipite, meglio se usando il roller foam per ridurre le tensioni miofasciali e poi 10 min. di esercizi per il core, come plank, bridge, twist e side plank.
Si può quindi passare alla vera e propria seduta sullo smart trainer seguendo questo schema:
Seduta di allenamento 1, circa 45-50’
5-7’ di riscaldamento progressivo con fasi di 30” a potenza e cadenza alte (Z1-Z2)
3-4’ di progressione al medio (Z3) con cadenza da 70 a 90 RPM
4-5 serie di SFR (salite di forza-resistenza) di 2’ a 50 RPM ad intensità media (Z3) con 1’ di recupero dopo ogni ripetuta a intensità leggera e 90 RPM
5′ al medio (Z3) a 90-95 RPM
5 ripetute di 1′ minuti dal fondo medio alla soglia (Z4-Z5) con cadenza 100 RPM e 1’ di recupero ad intensità leggera e 85-90 RPM
5-7’ di defaticamento a bassa intensità e 90 RPM (Z1-Z2)
Seduta di allenamento 2, circa 70-80’
5-7’ di riscaldamento progressivo con fasi di 30” a potenza e cadenza alte (Z1)
3-4’ di progressione al medio con cadenza da 70 a 90 RPM (Z3)
2 serie di 5’ a intensità media e 90-95 RPM con 3’ di recupero a intensità bassa e 85 RPM (Z3-Z4)
4-5 cambi di ritmo: 30” ad alta intensità a 95-100 RPM-30” ad intensità bassa a 80 RPM (Z2-Z4)
2 serie di 5’ a intensità media e 90-95 RPM con 3’ di recupero a intensità bassa e 85 RPM(Z3-Z4)
4-5 cambi di ritmo: 30” ad alta intensità a 95-100 RPM-30” ad intensità bassa a 80 RPM(Z2-Z4)
2 serie di 5’ a intensità media e 90-95 RPM con 3’ di recupero a intensità bassa e 85 RPM(Z3-Z4)
4-5 cambi di ritmo: 30” ad alta intensità a 95-100 RPM-30” ad intensità bassa a 80 RPM(Z2-Z4)
5-7’ di defaticamento a bassa intensità e 90 RPM (Z1-Z2)
Questo schema su due sedute può essere ripetuto 2 volte a settimana per un totale di 4 allenamenti/settimana.
Per riassumere
Puntare su intensità e qualità di allenamento è la scelta giusta per ottenere il massimo da questo periodo. Il mix di intensità ottenuto con variazioni di cadenza e potenza permette di allenare in maniera specifica la pedalata e renderà più brillante il gesto tecnico quando finalmente si potrà tornare all’aperto.
Allenarsi indoor è un ripiego?
Allenarsi indoor è considerata una scelta di ripiego per molti ciclisti che preferiscono affrontare i rigori del clima pur di non rinunciare alla strada. Certo, il piacere di pedalare all’aperto è insostituibile ma siamo sicuri che usare un ciclosimulatore, i rulli per capirci, sia solo un ripiego?
Secondo noi, no. Piuttosto cerchiamo di capire quali sono i vantaggi di questo di allenamento e quali gli errori più comuni da evitare.
Quali sono gli errori comuni?
1.Pedalare su un ciclosimulatore poco preciso e che non permette di mantenere il wattaggio impostato indipendentemente dal numero di pedalate (potenza costante): la precisione dell’intensità dell’esercizio è fondamentale per la qualità della seduta.
2. Non conoscere la propria potenza di soglia, al medio ed al fondo lungo: senza queste nozioni è praticamente impossibile organizzare un buon allenamento. Si fanno solo girare le gambe.
3. Allenarsi in un ambiente troppo caldo ma soprattutto senza ventilatore: non ci stancheremo dì ripeterlo, se fa troppo caldo e non c’è ventilazione, la prestazione ne risente.
4. Non variare potenza e cadenza di pedalata: questo è il punto più importante è vale la pena di analizzarlo più approfonditamente.
Che cosa accadrebbe in gara su strada?
Per capire come allenarsi indoor occorre partire quindi da quello che succede in una gara su strada. L’alternanza di salite, tratti in piano, tirate in gruppo e scatti crea una grande varietà di variazioni di forza e cadenza di pedalata.
allenarsi indoor: quadranti pedal stroke
Analizzando i grafici registrati con un misuratore di potenza durante una prestazione agonistica possiamo infatti identificare 4 aree:
bassa frequenza e bassa potenza (quadrante in basso a sx), bassa frequenza ed alta potenza (quadrante in basso a dx), alta frequenza e bassa potenza (quadrante in alto a sx), alta frequenza e alta potenza (quadrante in alto a dx).
Ciò significa che l’allenamento indoor dovrebbe essere organizzato in maniera simile a quello che sarà l’impegno su strada per ottenere i miglioramenti desiderati.
Se quindi conosciamo le nostre potenze al fondo lungo, al medio ed alla soglia possiamo esercitarle a cadenze di pedalata diverse per ottenere dei significativi miglioramenti della performance.
I vantaggi
Il vantaggio di queste variazioni di cadenza/potenza può quindi essere così riassunto:
Maggiore similitudine con il tipo di impegno in gara
Abitudine ai cambiamenti di ritmo grazie ad un maggiore stimolo che possiamo definire neuromuscolare
Maggiore completezza dello stimolo sulle fibre muscolari di tipo lento, intermedio e rapido.
Chi ha provato ad allenarsi così riferisce di sentire la gamba più “piena” è pronta ai cambi di intensità.
Ma questa metodica va bene sempre e comunque?
A questo è il momento di fare qualche precisazione in base alla fase della preparazione ed al tipo di gara che si vuole affrontare.
Dividiamo per semplicità l’allenamento off-season in tre fasi: costruzione, sviluppo e rifinitura.
Ciò che le differenzia è la quantità di tempo spesa nella zona del fondo lungo, medio e soglia.
Le fasi di maggiore intensità crescono infatti di fase in fase con l’avvicinarsi delle gare.
Resta comunque, in ogni allenamento di ogni periodo, un mix di stimoli di cadenza/potenza estremamente diversificato.
Quando però si entra nella preparazione specifica di un evento, bisognerà fare riferimento al tipo di sforzo che si dovrà affrontare. Se ad esempio, si dovrà fare una cronoscalata le esercitazioni dovranno includere più stimoli ad alta potenza e bassa cadenza, diciamo tra le 60 e le 90 rpm.
In sintesi, allenarsi indoor con un programma qualità può fornire stimoli altamente allenanti a patto di conoscere bene i propri dati e di utilizzarli costruendo sedute ad hoc.
Corsa, ciclismo, triathlon, trail running, scialpinismo: che cos’hanno in comune gli sport di resistenza? La fatica e la bellezza. Ma anche il metodo: in tutte queste discipline è vietato improvvisare. Occorre valutare il motore dell’atleta con test specifici e adeguare gli allenamenti e gli obiettivi alle capacità di ciascuno.[Foto Credits Federico Ravassard]
Perché misurare la soglia anaerobica
Capita molto spesso di allenarsi con impegno e dedizione e di non raggiungere tuttavia i risultati sperati, capita di avere dei cali di prestazione, capita di finire le energie durante la gara a cui si teneva particolarmente. Questo perché negli sport di resistenza è fondamentale conoscere quanto più precisamente possibile le caratteristiche individuali. Sapere cosa chiedere al proprio fisico è fondamentale per impostare il ritmo della competizione e per arrivare alla fine ancora in buone condizioni. Gli studi dimostrano che per raggiungere lo scopo c’è un solo metodo: effettuare un test di valutazione come il test di soglia (o test del lattato). E usarne i risultati in maniera organizzata.
La valutazione
Attraverso i test di valutazione sarà infatti possibile pianificare l’allenamento in maniera personalizzata e finalizzata al tipo di gara che si intende affrontare. Il test più significativo per capire come “gira il motore” di un’atleta di endurance è il test di soglia anaerobica mediante la misurazione del lattato ematico (potete approfondire leggendo questo articolo o con il video della prova nel nostro ambulatorio).
La prova è finalizzata ad individuare con la massima precisione le velocità di corsa o la potenza di pedalata (nel caso del ciclismo) a cui si possono impostare le diverse intensità di allenamento: fondo lungo, fondo medio, soglia anaerobica. Il test di soglia permette quindi di costruire un grafico in cui frequenza cardiaca e lattato ematico sono in funzione della velocità o della potenza espressa.
L’interpretazione
Precisiamo subito che non esistono interpretazioni “assolute” dei valori ottenuti, in quanto essi vanno analizzati in funzione dello sport o della competizione in cui si deve gareggiare.
Per fare alcuni esempi, il nostro organismo deve essere allenato diversamente se l’obiettivo è una maratona o una gara di 10 km, oppure una granfondo di ciclismo. Inoltre, i dati ottenuti dovranno inoltre essere “letti” in base al livello dell’atleta: un podista di buon livello correrà la mezza maratona a velocità simili o poco superiori a quella della soglia anaerobica, mentre un amatore di livello basso dovrà scegliere un ritmo compreso tra il medio e la soglia.
Non basta eseguire il test: occorre analizzarne i risultati e pianificare l’allenamento di conseguenza
Se nella corsa il ritmo di gara sarà all’incirca costante, ben diversa è la situazione nel ciclismo dove le caratteristiche altimetriche del percorso detteranno le intensità di sforzo. In una gara con salite brevi sarà quindi possibile superare per alcuni minuti l’intensità di soglia mentre su tracciati con salite lunghe sarà indispensabile non oltrepassare questi ritmi per evitare di trovarsi in crisi. Il concetto di soglia anaerobica è infatti collegato al tipo di metabolismo attivato dall’organismo per produrre energia: per intensità inferiori a questo limite le energie vengono prodotte dalla combustione di una miscela di grassi e zuccheri che si arricchisce di questi ultimi all’aumentare dell’intensità. È pertanto chiaro che se si sovrastimano le proprie capacità ci si possa trovare in riserva di energie e la conseguenza sarà un drammatico calo della prestazione. Questo momento di crisi è stato descritto come il “muro”contro cui il maratoneta rischia di “sbattere” oltre il trentesimo km o la crisi di fame che assale il ciclista nelle granfondo. Qualunque sia, il calo di prestazioni ha la stessa meccanica: ritmo troppo elevato e conseguente esaurimento delle riserve glucidiche. Ecco quindi che per scongiurare questi rischi, la conoscenza delle proprie caratteristiche risulta preziosa per impostare allenamento e gara.
La pianificazione dell’allenamento
Il test del lattato definisce molto bene le capacità dell’atleta e quindi indica all’allenatore su quali metodiche e intensità impostare le sedute di preparazione. Facciamo alcuni esempi: il maratoneta o il triathleta (1/2 Ironman o Ironman) dovranno essere allenati a utilizzare quanto più possibile i grassi e ad accumulare quanto meno lattato possibile. Le loro prestazioni durano infatti diverse ore a ritmo costante senza sostanziali variazioni di intensità. La loro preparazione dovrà quindi essere impostata sul fondo lungo e medio e su lavori ad intensità progressiva fino alla soglia e su ripetute lunghe. In tal modo si allenerà la muscolatura al metabolismo aerobico.
L’interpretazione deve considerare la disciplina e il livello dell’atleta
Ben diverso sarà l’allenamento per una 10 km o per una gara di ciclismo di 50 km in circuito. In questi casi sarà importante preparare anche la capacità di mantenere ritmi di soglia e sopra soglia e quindi ci si dovrà allenare a queste intensità. In questi atleti, le caratteristiche fisiologiche sono diverse e permettono di esprimere quantità di lattato più elevate al termine della prova.
Il valore di riferimento della soglia anaerobica, che per molti coincide con le 4 mmoli, non può quindi essere considerato valido in assoluto ed il test deve essere interpretato su base individuale. Comunque, semplificando si può dire che negli atleti che compiono performance lunghe e a ritmo costante la soglia è di solito inferiore alle 4 mmoli, mentre negli atleti che gareggiano in prove di 60-90 min o con frequenti variazioni di ritmo e di intensità, il valore può essere anche superiore al dato di riferimento standard.
Una goccia di sangue prelevata dal lobo dell’orecchio è sufficiente per il test
Quando effettuare il test di soglia?
Considerando che le indicazioni sul livello di performance fornite dal test dovrebbero guidare la programmazione degli allenamenti, è consigliabile eseguire la prova a circa 2-3 mesi dall’evento agonistico a cui ci si sta preparando. Quest’arco di tempo consentirà di correggere eventuali lacune della preparazione e comunque di finalizzare al meglio il periodo pre-competizione. Un atleta di buon livello che affronta diverse gare nell’arco dell’anno dovrà ripetere la valutazione ogni 3-4 mesi per controllare lo stato di forma ed adeguare i carichi di lavoro consequenzialmente. E’ comunque importante che ogni test sia effettuato in situazioni costanti e quindi senza aver fatto allenamenti intensi o gare nei due giorni precedenti e soprattutto con lo stesso protocollo.
Il test di soglia va effettuato almeno 2/3 mesi prima della gara
Ciclisti, misurate la potenza
Una considerazione finale rivolta ai ciclisti riguarda l’utilizzo in bici dei dati ottenuti dalla prova: durante il test si misurano la FC ed il lattato in riferimento alla potenza erogata. I dati finali sono quindi indicativi delle potenze (in watt) da sviluppare ai vari ritmi di allenamento mentre la frequenza cardiaca può variare anche significativamente da un giorno all’altro(per approfondire c’è questa ricerca).E’ quindi importante poter disporre, sulla bici, di un misuratore di potenza che rilevi con precisione i watt erogati nella pedalata (ne abbiamo parlato qui). Solo in questo modo sarà infatti possibile utilizzare al meglio le indicazioni dal test di soglia.
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C’è un lavoro silenzioso dietro i concerti esplosivi di Jovanotti. C’è, anche se non si vede. Al massimo si intuisce: dalle foto di Lorenzo su Instagram, da qualche video su Youtube. Il motore che lo fa scatenare sui palchi di mezza Italia ha un meccanico, anzi due: il fisioterapista Fabrizio Borra e il preparatore atletico Luca Borra, suo figlio. Fabrizio è uno storico amico di Vitalia, ha curato il top dello sport e degli spettacoli: da Alonso a Pantani, fino a Fiorello.Lo avevamo intervistato qui, stavolta siamo andati a trovarlo dietro le quinte delle tappe torinesi di “Lorenzo nei Palazzi”.
Fabrizio, non parli mai con i giornalisti, per il blog di “Vitalia” fai eccezione?
Beh, è quasi un dovere, per seguire Jova il confronto con “il Doc” è molto utile.
Cioè?
Premessa: Lorenzo vive a New York, allenarlo a distanza non è proprio facile.
Come ci riuscite?
Abbiamo adottato la stessa tecnologia che usa Vitalia e che sfrutta un’app: “Omega Wave”. Funziona così: ogni mattina l’atleta indossa una fascia toracica, che grazie a un sensore ne valuta i parametri. Il sistema permette di capire se si è affaticati o se il lavoro del giorno prima è stato smaltito. È tutto informatizzato: ricevo i dati di Jova in Italia e definiamo il programma della giornata. Lo usiamo ogni giorno anche durante questo tour.
Fabrizio Borra e il lettino torinese di Jova
Non sei solo un riabilitatore quindi.
Sono al suo fianco da vent’anni e mi occupo dei vari aspetti importanti per la sua condizione fisica: dalla schiena alla prevenzione di raffreddore e influenza, che sembrano un problema banale ma possono far saltare una tappa. Ovviamente il segreto è collaborare con tanti professionisti: dall’esperto della voce al medico dello sport. Chiedo spesso consigli a Massimo.
Jovanotti è un atleta?
Assolutamente sì. Metodico, preciso, determinato come i migliori che ho conosciuto. La stessa testa. E poi il movimento è una componente fondamentale della sua arte, lo usa per coinvolgere il pubblico. I suoi spettacoli sono una festa, la gente esce esausta: anche chi va per ascoltare finisce per ballare con lui. È il suo modo di fare musica.
Quando parte non si ferma più.
Sono 2 ore e mezza di sforzo intenso: avanti e indietro su un palco di 100 metri quadri. Ha un po’ di recupero con i pezzi più lenti e i cambi costume. In quei momenti cerco di dargli qualche integratore.
A che tipo di gara si può paragonare una serata di Jova?
Più che la singola serata, il problema è il tour. Lorenzo ha 49 anni e nei palazzetti, ad esempio, farà 35 date in 50 giorni. Sono ritmi da Giro d’Italia o Tour de France. Nei giorni di “riposo” si viaggia, non c’è tregua.
Per voi cosa significa?
Lo gestiamo esattamente come si fa con i ciclisti: lo prepariamo bene prima dell’inizio e lo aiutiamo a recuperare durante la corsa.
Cosa prevede la preparazione?
Quando è in Toscana, a Cortona, tanta bicicletta, il suo sport preferito. A NY sarebbe impossibile e si esercita in palestra. Tutti i giorni un paio d’ore, su tre fronti: spinning, pilates e allenamento funzionale. Lo spinning serve per la capacità aerobica; il pilates, all’americana, cioè più dinamico del nostro, stimola la flessibilità. Il resto è per la forza. In pratica sviluppiamo tutte le abilità di base.
Ce n’è una su cui puntate?
Sì, dobbiamo esaltare la stabilità dinamica lombo-pelvica, la core stability, per intenderci. Questo perchè Lorenzo è alto e gran parte dei suoi movimenti sono saltelli, che sollecitano la zona lombare. Ha avuto parecchi problemi di schiena in passato. Nel suo programma di esercizi ci basiamo sul metodo del Technogym Ability Training messo a punto con Massimo e con “Cuzzo” (ndr Francesco Cuzzolin, intervista qui).
Ti ha conosciuto per il mal di schiena?
No, vivevamo entrambi a Forlì e lui frequentava la mia palestra. Poi mi chiese una mano per il tour di quell’anno. Era il ’97 e già aveva capito l’importanza di curare la parte atletica. Un precursore…
E l’alimentazione?
È vegetariano: ma con pesce e uova reintegra le proteine. Dedica molte attenzione anche al cibo.
Torniamo alla ginnastica. Fa riscaldamento prima del concerto?
Una volta sì, ma abbiamo un po’ cambiato, non era tanto efficace. Adesso facciamo la “riattivazione” alle 18,30, cioè due ore e mezza prima della musica.
In cosa consiste?
È un circuito funzionale a basso impatto, con allungamento dinamico. Dura 35/40 minuti, lo prepara mio figlio Luca. Stiamo avendo ottimi risultati, Jova si sente meglio sul palco.
E dopo lo spettacolo?
Il problema è recuperare velocemente. Quando finisce lo mandiamo nella vasca con il ghiaccio, una tecnica usata ormai in tutti gli sport. Così smorziamo le infiammazioni. Poi intervengo io, con la terapia manuale. Finisco all’una di notte.
È dura anche per te!
Impegnativo, come tutti i lavori. Anzi no: per me stare accanto a Lorenzo non è più un lavoro. Ormai c’è un rapporto di fratellanza.
Con il freddo alle porte è ora di attrezzarsi per gli allenamenti indoor. Abbiamo già spiegato quanti vantaggi ci sono ad usare i rulli (qui), non resta che imparare a farlo al meglio. Ecco qualche consiglio per non perdere tempo (e ottenere risultati), ma soprattutto voglia (sì, il rischio di annoiarsi c’è). Buone pedalate invernali!
Scegliere bene il ciclosimulatore
Un ciclosimulatore sarà compagno di allenamento per diversi anni, meglio quindi sceglierlo di buona qualità e non lesinare sul prezzo. Le caratteristiche fondamentali sono: precisione nella misurazione della potenza, possibilità di interfacciarsi con PC o tablet, silenziosità, robustezza e stabilità. Meno importanti i vari programmi video che riproducono i percorsi outdoor: sembrano fantastici al momento della scelta, ma poi sono di scarso interesse.
Avere un programma su misura
Potersi allenare con la misurazione della potenza consente di creare programmi personalizzati ed efficaci (ne abbiamo parlato qui). Lo schema di ogni seduta, in base al periodo dell’anno, dovrebbe contenere lavori al medio, alla soglia, salite forza-resistenza, ripetute massimali brevi. Questo tipo di allenamento è il vero antidoto alla noia da rulli. Senza dimenticare di usare il cardiofrequenzimetro per la misura della frequenza cardiaca (qui vi spieghiamo come si fa).
Crearsi uno spazio
Il box in cantina, il garage, lo stanzino non sono certo i locali che invogliano di più all’allenamento. E’ vero: non tutti hanno la villa con 15 stanze o l’attico con finestre panoramiche. Ma ritagliarsi uno spazio confortevole in cui tenere sempre pronta la bici montata sul ciclosimulatore è di grande aiuto per far sì che il programma venga svolto con regolarità.
Usare il ventilatore
Non ci stancheremo mai di ripeterlo: un buon ventilatore piazzato davanti è molto più efficace della temperatura bassa. Evita che si crei una bolla di aria calda intorno a noi e favorisce la dispersione del calore e del sudore.
Aggiungere divertimento
Una TV o un tablet o anche il PC davanti a noi possono aiutarci a sentire meno la monotonia del muro di fronte. Comunque, torniamo a dirlo, è il programma che fa la differenza, magari con una buona musica nelle orecchie.
Preparare le borracce
Partire per la seduta di allenamento con due borracce da 500 ml cariche di acqua e zuccheri a rapida assimilazione. Ci eviteremo di finire disidratati o di dover interrompere l’allenamento per correre in cucina a cercare qualcosa nel frigo.
La nostra proposta
Test di soglia con misurazione del lattato(scopri come funziona) o test Conconi su ciclosimulatore professionale Magnetic Days.
Programma personalizzato
Revisione periodica dei dati.
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A piedi, in bici, sulla neve: le fatiche estreme sono l’ultima frontiera dello sport. Se siete entrati nel tunnel, fate attenzione: non bastano le tabelle e i programmi d’allenamento, serve anche una dieta adeguata. Ne avevamo parlato qui, oggi ci torniamo con uno speciale sulle gare: che cosa e quanto mangiare per arrivare (sani, salvi e in fretta) al traguardo?
Il mondo dell’ultra-endurance e quello dell’ultra-trail (che ne fa parte) sono in continua crescita sia come numero di eventi che di partecipanti. Si classificano come ultra-endurance tutte quelle attività che si prolungano oltre le 4-6 ore e comunemente riguardano corsa, trail, ciclismo, scialpinismo e triathlon (mezzo Ironman ed Ironman). Cimentarsi con l’ultra-endurance vuol dire andare alla ricerca del proprio limite, fisico e mentale, nel tentativo di raggiungerlo e di spostarlo. Per fare questo è fondamentale un’organizzazione meticolosa e razionale che non preveda solo grandi dosi di allenamento ben strutturato, bensì anche il giusto recupero, insieme all’alimentazione più appropriata e alla preparazione psicologica.
E nel momento della gara, oltre a lavoro, condizione e motivazione, è necessaria una perfetta strategia nutrizionale. Le principali problematiche riscontrate in questo tipo di prove sono infatti tutte strettamente correlate con l’alimentazione. Tre in particolare: la deplezione di glicogeno, la disidratazione o il sovraccarico idrico, i disturbi gastro-enterici. Ecco qualche consiglio.
Chi mangia di più arriva prima
Il dispendio calorico di queste prestazioni è altissimo; si stimano circa 350-750 Kcalorie per ora; in media per un ultra 18.000-80.000 Kcalorie! Queste quantità non sono colmabili nell’arco della competizione e il deficit energetico è da considerarsi la norma. In una gara di ultra, si assiste in tutti i partecipanti ad una riduzione di massa grassa e massa muscolare, ma si evidenzia anche una chiara relazione inversa tra assunzione calorica e tempo finale nella competizione (in poche parole chi mangia di più arriva prima!!!).
Bastano 3/4 ore per esaurire le scorte di carboidrati accumulati nei giorni prima della gara
L’alimentazione in gara dovrebbe principalmente essere basata su carboidrati con alto indice glicemico; infatti le scorte di glicogeno epatico e muscolare sono limitate. In attività con intensità pari a quelle mantenute nell’ultra-endurance (che non superano il 70% della VO2max) il muscolo necessita sia dei carboidrati che dei lipidi. Ma se i lipidi sono presenti nel nostro corpo in quantità sufficienti a competere per settimane, i carboidrati viceversa sono molto limitati e possono venire a mancare già dopo 3-4 ore dalla partenza. Perciò i carboidrati devono essere consumati in grandi quantità durante la gara (oltre che accumulati in precedenza con il carico glicidico da effettuare negli ultimi due-tre giorni prima della stessa), per mantenere elevati i livelli di glicogeno muscolare, epatico e la glicemia. La quantità di carboidrati dovrebbe rappresentare circa il 70% delle calorie totali (più di 10gr/kg/die), da assumersi attraverso bevande zuccherate (tra il 5 e il 10%), gel iso- ipotonici e alimenti ad elevato indice glicemico, in quantità comprese tra i 30 e gli 80gr per ora.
Bere, ma non troppo
Ma l’area su cui si sono concentrate la maggior parte delle ricerche di questi ultimi anni è quella dell’equilibrio idro-salino. In questo campo, inizialmente, le principali preoccupazioni erano legate al pericolo della disidratazione che si osserva in molti atleti a seguito di un sforzo di lunga durata. Basta infatti una disidratazione del 2% del peso corporeo perché si presentino i primi sintomi legati alla riduzione delle capacità cognitive e fisiche. I lavori più recenti hanno però messo in evidenza che nelle gare di ultra-endurance più che la disidratazione deve preoccupare il sovraccarico idrico e il conseguente rischio della “sindrome iponatriemica associata a sforzo”.
Troppi liquidi appesantiscono. Nella corsa meglio non superare i 300-500mL/h
Oggi l’iponatriemia associata a sforzo, insieme ai problemi gastro-enterici, è la più comune complicanza medica che si riscontra in queste competizioni. Numerosi studi hanno evidenziato una chiara correlazione inversa tra cambiamenti del peso e concentrazione del sodio, con gli atleti che incrementano di peso durante la gara (a causa dell’eccessiva assunzione di liquidi), che mostrano le maggiori riduzioni di concentrazione del sodio plasmatico (iponatriemia)! Gli esperti concordano inoltre sul fatto che l’iponatriemia sia legata al sovraccarico idrico e non alle perdite di sodio dovute alla sudorazione. Gli atleti delle ultra-endurance perciò devono limitare l’assunzione di liquidi a 300-500mL/h nella corsa (500-800 mL/h durante la bici) con un’ulteriore limitazione nelle donne e nei soggetti più magri.
Zuccheri e sodio per l’intestino
Oggi si ritiene che bevande contenenti un 5-10% di glucosio, polimeri del glucosio (maltodestrine) e altri zuccheri semplici non determinino alterazioni della funzione gastro-enterica, e la loro assunzione consente di provvedere contemporaneamente al reintegro dei liquidie degli zuccheri necessari per la competizione. Nelle prove di Ironman, l’assunzione orale di sodio (500-1000 mg/litro) è stata associata ad un lieve ma non significativo aumento delle concentrazioni di sodio e ad una riduzione della perdita di peso, evidenziandone un possibile ruolo nel mantenimento dell’equilibrio idro-salino. Inoltre la presenza di sodio in bevande contenenti glucosio o altri zuccheri semplici, ne facilita l’assorbimento intestinale. L’insorgenza di problemi gastro-enterici è stata correlata con l’assunzione di soluzioni ipertoniche (con concentrazioni di zucchero troppo elevate), fibre, grassi e proteine.
Per gli sci alpinisti c’è una difficoltà in più: il freddo non aiuta la digestione
La comparsa di disturbi intestinali obbliga a ridurre l’intensità dell’esercizio sostenuta fino a quel momento e ad interrompere l’assunzione di tutto (liquido o alimento che sia). In queste fasi, l’unica alternativa per aiutare la mente è rappresentata dal periodico risciacquo della bocca con soluzioni di acqua e zucchero (al 5-10%) per alcuni secondi (5”); sembra infatti che attraverso recettori presenti nella cavità orale, il glucosio sia in grado di stimolare aree del sistema nervoso centrale legate alla motivazione ed alla percezione di fatica (con aumento della motivazione e riduzione della sensazione di fatica).
In conclusione nelle prove di ultra-endurance è essenziale pianificare la più appropriata delle strategie nutrizionali, onde ottenere una migliore performance e completare la gara in sicurezza. Per tutti gli atleti che intendono cimentarsi in queste competizioni è importante che durante gli allenamenti si tenga conto anche di questi aspetti e che si alleni la capacità di alimentarsi e di idratarsi con gli alimenti/liquidi più appropriati.
Vi abbiamo raccontato qui che la corsa è matematica: non si improvvisa, ci sono dei numeri da conoscere e analizzare. Vale anche per il ciclismo: per allenarsi sempre al meglio occorrono parametri oggettivi. Uno su tutti: la potenza.
“Ma tu quanti watt spingi?”: è la domanda che sempre più spesso circola tra ciclisti abituati a registrare i dati durante le uscite in bici. Pedalare senza monitorare la propria prestazione può essere senz’altro piacevole e rilassante ma, se si aspira a migliorare il rendimento, l’uso di strumenti che misurino i dati dell’allenamento diventa fondamentale. Fino a qualche anno fa, il cardiofrequenzimetro rappresentava il massimo della tecnologia per dosare gli sforzi e quantificare l’intensità dell’allenamento, ma ormai si sa che la frequenza cardiaca è un parametro che può variare anche di molto da un giorno all’altro e che comunque rispecchia l’impegno cardiovascolare. I fattori che influenzano maggiormente la FC sono quelli ambientali (temperatura, altitudine) e quelli individuali (affaticamento, stress, recupero incompleto). Per avere un quadro complessivo dell’intensità dell’allenamento è quindi necessario aggiungere ad un parametro soggettivo, come la FC, un parametro oggettivo come la potenza esercitata dal ciclista.
Cos’è la potenza
La potenza è l’espressione della forza applicata ai pedali nell’unità di tempo ed esprime l’impegno fisico del ciclista in maniera obiettiva. Dipende dalla spinta ad ogni pedalata e dalla cadenza di pedalata. Facendo un esempio, si può generare la stessa potenza spingendo forte sui pedali con una cadenza bassa di pedalata o spingendo di meno ma tenendo una frequenza di pedalata più alta.
I software abbinati ai vari strumenti permettono di analizzare costantemente i dati dell’allenamento
Perché è importante misurarla
La misurazione della potenza permette di quantificare l’impegno muscolare e metabolico in ogni istante del training o della gara e consente di monitorare questi parametri nel tempo per capire se e quanto le prestazioni migliorino. Inoltre, se si esegue un test di laboratorio su cicloergometro o sui rulli finalizzato al calcolo della soglia anaerobica si potranno utilizzare questi dati in ogni allenamento. Ciò permetterà di organizzare ogni seduta sulla base di precise intensità di lavoro corrispondenti al fondo lungo, fondo medio, soglia e a lavori massimali. Solo con la visualizzazione della potenza in tempo reale è infatti possibile mantenere l’intensità predefinita, lasciando che la FC si attesti sui valori attesi. Inoltre il confronto della FC, in giorni diversi, agli stessi carichi permetterà di capire se si è affaticati o se gli allenamenti stanno producendo dei miglioramenti. Quando infatti alla potenza di soglia la FC non raggiunge i valori attesi e la sensazione di sforzo è elevata, significa che il recupero dall’allenamento precedente è stato incompleto e che non dobbiamo ancora affrontare lavori ad intensità elevata. Per contro, se la FC sale agevolmente all’aumentare della potenza e la sensazione di fatica è inferiore al solito, significa che si è pronti anche ad affrontare intensità di lavoro elevate.
Quali sono gli strumenti
A più di 20 anni dalla comparsa del primo misuratore di potenza, l’SRM inventato dall’ingegnere tedesco Ulli Schoberer, il mercato si va popolando di nuovi prodotti. Alcuni sfruttano lo stesso concetto del capostipite utilizzando una strain gauge (cella di carico) posizionata nelle corone della moltiplica (Sram Quark, Power2 Max, Rotor) o sul braccio della pedivella (Stage). Altri hanno optato per misurare la potenza rilevandola dal mozzo posteriore (Power Tap) o dall’asse dei pedali (Garmin e Polar). Uno solo, il Newton di Ibike, sfrutta un ciclo computer che presenta nella parte anteriore un’apertura grazie alla quale si misura il flusso d’aria mentre si avanza. Il calcolo del flusso, integrato agli altri dati come velocità, cadenza, inclinazione della strada, peso del ciclista, consente di indicare con precisione il wattaggio espresso. Ovviamente ognuno di questi strumenti offre un software dedicato per l’analisi dei dati.
Per approfondimenti sui sistemi in commercio potete cliccare qui.
Buona lettura e buonissime pedalate!
Numeri, sfide, condivisione, compatibilità. Buoni motivi per allenarsi con Strava e consigli per sfruttarne tutte le potenzialità.
Se siete sportivi appassionati della fatica a piedi, in bici, sugli sci o in acqua, sicuramente avete sentito parlare di Strava, una piattaforma software su cui è possibile registrare ed analizzare gare e allenamenti e vedere cosa fanno gli amici. È semplicissima da usare, basta scaricare l’app, avviarla all’inizio della prestazione e fermarla al termine. Automaticamente tutti i dati saranno salvati e, accedendo al sito Strava.com, si potranno studiare, confrontare, archiviare.
Compatibilità con Cardio-Gps
Se si possiede uno strumento Cardio-Gps da polso Suunto, Garmin, TomTom o Timex(qui la nostra recensione degli ultimi usciti), i dati verranno sincronizzati dalle rispettive piattaforme software su Strava. Quindi non è più un problema cambiare strumento: le informazioni rimarranno comunque in memoria su Strava. Grande vantaggio!
L’analisi in “segmenti” permette di confrontarsi con i propri precedenti ma soprattutto con gli amici
Versione Premium
Ma andiamo con ordine, suggerendo innanzitutto di utilizzare la versione Premium che per 5 € al mese, 5 miseri caffè, dà pieno accesso a tutte le funzioni. Al termine dell’allenamento o della gara Strava permette di visualizzare immediatamente tutti i dettagli della performance. A partire dal percorso svolto: riassunto in km, metri di dislivello, durata, velocità media e calorie spese, si presenterà diviso in segmenti che sono i tratti più significativi o quelli chealtri utenti hanno individuato come zone su cui analizzare e confrontare i dati. In ogni segmento è evidente il tempo fatto quel giorno, la propria posizione in una classifica virtuale oppure lo storico dei propri risultati o ancora, confrontarsi per gruppo di età. Se si usa la fascia cardio, l’impegno della prestazione viene riassunto in un indice di “sofferenza” calcolato in base alla durata ed all’intensità dello sforzo. Questi indici sono molto utili per mettere a confronto i risultati obiettivi con le sensazioni soggettive. Inoltre, il continuo raffronto con se stessi e con i propri amici/nemici aumenta la competitività e spinge a migliorarsi costantemente. Per i ciclisti, Strava offre dati di grande valore come ad esempio la VAM (velocità ascensionale media) o i watt prodotti in base a sofisticate formule che tengono conto di velocità, pendenza e peso.
La propria storia a portata di click
L’acquisizione costante ed automatica dei dati crea un database personale di grande valore che permette di avere sempre chiaro il volume di allenamento, l’intensità e le distanze. Mettere a confronto questi valori di settimana in settimana, di mese in mese e di anno in anno, permette di capire a fondo cosa e come ci si sta allenando e di contestualizzare le proprie performance in questo ambito. Come abbiamo scritto qui la corsa, il ciclismo e l’esercizio in generale non si improvvisano, ma assomigliano molto alla matematica.Conoscere i propri numeri è fondamentale per trarre il massimo dagli allenamenti e dal recupero (ne parliamo qui).
Le sfide e gli obiettivi
Porsi un obiettivo o lanciare una sfida sono sicuramente i modi migliori per spingersi un po’ più in là: Strava lo permette grazie alla fortissima integrazione della piattaforma con i principali social media. La condivisione dei propri dati con una comunità pronta a darvi un “kudos!” o un like quando vi esprimete con una bella salita sono sicuramente tra i fattori che hanno contribuito a diffondere questo software nel mondo degli sportivi.
Grazie alle classifiche e alla condivisione sui social aumenta la competitività
Ma esiste solo Strava?
No, ci sono molte altre app che servono a monitorare ed archiviare i propri allenamenti e le più diffuse sono Runtastic ed Endomondo. Entrambe fanno bene il proprio lavoro specialmente nella fase di condivisionesocial: quante volte vi è capitato di vedere su Facebook la corsetta di un amico? Fare un post prima, dopo o durante l’allenamento per molti è diventato un must. Usandole si scopre comunque che la loro funzionalità è leggermente inferiore a quella di Strava soprattutto per quanto riguarda l’analisi dei dati e l’interfacciabilità con cardio-gps.
Conclusioni
Se siete sportivi occasionali e volete iniziare a capire come e quanto esercizio fate, scaricate l’app che vi sembra più facile ed attraente per i vostri gusti. Se invece cercate qualcosa che vi aiuti a migliorare la performance attraverso l’analisi costante dei propri numeri, Strava è the best.
I Mondiali di Ciclismo stanno entrando nel vivo: proviamo a imparare qualcosa (questo, ad esempio) e godiamoci lo spettacolo. Intanto, se siete curiosi, vi portiamo dietro le quinte…
Il tedesco Martin è l’avversario da battere
Raggiungiamo come al solito al telefono il nostro amico e collaboratore Max Testa, responsabile medico del team BMC, per avere notizie fresche da chi la gara la sta vivendo in diretta. Sono le 9 di mercoledì mattina, tra qualche ora parte la crono del mondiale e Max ha appena finito di controllare con i corridori che tutto sia a posto. Ci dice che è piovuto tutta la notte e che il tempo potrebbe ancora offrire degli scrosci in grado di influenzare la corsa.
Domanda scontata, chi è il favorito?
Tony Martin su tutti, seguito da Wiggins. Poi i nostri BMC: Teejay Van Garderen e Rohan Dennis potrebbero andare sul podio.
Già domenica avete dimostrato di essere in gran forma, con la vittoria della crono a squadre per team.
Si, abbiamo fatto una grande gara. Avevamo alla fine pochi corridori per fare la squadra per le assenze di Phinnej, Evans e Gilbert e allora abbiamo costruito un gruppo molto affiatato facendo due sessioni di allenamento specifiche (di quattro giorni) nell’ultimo mese. Abbiamo guardato molto l’SRM.
La Bmc ha vinto la gara di domenica
Cioè?
Il concetto è che ogni volta che sei in testa devi tirare 600 watt per 15”. In gara invece si deve stare a 52-53 km/h in pianura. Ognuno deve spingere allo stesso modo per rendere costante la velocità, i più forti danno piuttosto il loro contributo tirando qualche secondo più degli altri in modo da non creare strappi alla velocità e permettendo a chi è è più debole di mantenere il ritmo. Il nostro allenatore Marco Pinotti ci ha aiutato molto nel creare la squadra con l’occhio esperto dell’ingegnere e dell’ex cronoman. Infine abbiamo una bicicletta superiore in aerodinamica e guidabilità e quindi …dovevamo vincere.
E domenica?
Domenica percorso con due salite: una corta e ripida di 800 m al 10-12% e l’altra più graduale di 3,5 km. Come tutti i mondiali saranno le squadre a fare la corsa dura. Molti corridori pensano che i velocisti non arriveranno perché si farà selezione prima. Certo che noi puntiamo su Tejay, Gilbert e Van Avermat.
Tu su chi scommetteresti?
Mah, i soliti: Valverde, Rodriguez, Nibali e Visconti.
Alimentazione e abbigliamento: ci sono novità?
Tutto invariato. Al mondiale non si sperimenta nulla. Poi ci sarà la variabile del tempo ad aggiungere incertezza.
[button color=”red” size=”medium” link=”http://www.vitalia-informa.it/rulli-si-grazie/”]Max Testa da ottobre fornirà la sua collaborazione a Vitalia per l’elaborazione di programmi di allenamento personalizzati sui rulli. Stay tuned![/button]