Di corsa verso le maratone d’autunno.

Prepararsi per una maratona richiede impegno, disciplina e un piano di allenamento ben strutturato. Ne abbiamo parlato con il team di Vitalia che da anni prepara maratoneti, trail runner e sportivi di endurance di vario livello con VAT (Vitalia Adaptive Program). Ecco alcuni dei suggerimenti che ci hanno dato per aiutarti ad arrivare in forma ai 42 km.

Dottor Massarini, da dove comincia il percorso per la Maratona?

Rispondo da medico: ovviamente da una visita completa con spirometria e elettrocardiogramma sotto sforzo per verificare che non ci siano problemi medici.

Sarebbe anche opportuno aggiungere un esame del sangue per individuare da subito eventuali carenze di ferro, anemie e altre anomalie che potrebbero essere corrette con terapie mediche o integratori.

E poi?

Superato questo step ci si può focalizzare sulla valutazione della capacità fisiche con test specifici per il podista: soprattutto ci affidiamo al test di Mader con la misurazione del lattato e della frequenza cardiaca per la determinazione della soglia. Durante il test prendiamo anche nota della cadenza alle varie velocità e facciamo una video analisi per evidenziare eventuali vizi posturali ed errori tecnici.

Ci interessa fare una valutazione osteopatica e kinesiologica perché intervenire su articolazioni disfunzionali e muscoli contratti migliora il rendimento e riduce il rischio di infortuni.

Analizziamo anche la composizione corporea per individuare il peso ideale.

A questo punto la fase di indagine è conclusa e possiamo creare un programma di allenamento “su misura”.

Che ruolo hanno le altre figure professionali del team?

Passo a loro la parola.

Chiediamo allora a Fabio Basaglia, Osteopata.

Riprendiamo l’atleta mentre corre su treadmill ed eseguo dei test osteopatici e kinesiologici che mi danno indicazioni per intervenire con trattamenti mirati e verificare che essi si riflettano nella tecnica di corsa. Se necessario vengono poi prescritti degli esercizi specifici di cui si occupano le kinesiologhe Eva Girard e Claudia Sapienza.

Eva e Claudia come interagite nel pratico?

Scegliamo gli esercizi che servono a rinforzare i gruppi muscolari che servono a stabilizzare l’assetto di corsa ed eventualmente insistiamo nei lavori di allungamento. Periodicamente facciamo anche una seduta di massaggio per scaricare le tensioni muscolari insorte durante i lavori più pesanti.

Il coach Matteo Siletto di cosa si occupa?

Io mi occupo di supervisionare il lavoro sul campo e di analizzare i dati degli allenamenti raccolti con i cardio-GPS e memorizzati su piattaforme digitali. Questo costante monitoraggio dei dati mi permette di verificare che gli allenamenti producano effettivi miglioramenti e che non siano troppo duri o troppo blandi.

Se l’atleta usa dei wearable, possiamo acquisire informazioni anche sul sonno e sul recupero che ci aiutano a modulare il carico. E’ un lavoro che abbiamo iniziato a fare 6 anni fa utilizzando un parametro, l’HRV (heart rate variability) che è molto indicativo. Adattare il carico alle risposte organiche è il cuore di VAT che è il programma con cui seguiamo la performance.

Infine chiediamo ad Anna Carlin, nutrizionista, quale è il suo ruolo?

Innanzitutto devo correggere eventuali macro errori dell’alimentazione, mi focalizzo molto sulla qualità degli alimenti e sulla corretta proporzione tra carboidrati, grassi e proteine per raggiungere gli obiettivi di peso e poi verifichiamo che la glicemia durante la giornata sia più stabile possibile e che durante gli allenamenti si raggiungano i livelli desiderati. Anche qui la tecnologia è importante: usiamo infatti il sensore di glicemia super sapiens che, applicato al braccio, trasmette all’app sul cellulare i dati in tempo reale.

Ma tutto ciò non è troppo complicato e dedicato solo ai professionisti?

Sembra ma non è così, è più difficile spiegarlo che farlo. L’atleta professionista è più facile da gestire rispetto all’amatore che avendo una vita di lavoro deve inserire l’allenamento nei momenti liberi e quindi deve ottimizzare tutto per poter migliorare e ridurre il rischio di stancarsi troppo o di infortunarsi.

Se avete in progetto una maratona autunnale, questo è il periodo di iniziare con il team Vitalia e con VAT Vitalia Adaptive Program!

 

Contattaci per prenotare la tua visita o avere maggiori informazioni. Con un programma data driven studiato su misura ti accompagniamo alle maratone autunnali al meglio della forma fisica. 

 

 

Pedalare fa bene all’ambiente e alla persona. Pedala che ti passa!

Vitalia e il ciclismo hanno sempre pedalato insieme sia per chi vuole andare più forte che per chi vuole stare meglio. 

Abbiamo sempre lavorato sia per migliorare gli aspetti legati al benessere della persona sia per raggiungere soddisfacenti e ambiziosi risultati sportivi. 

Per questo il ciclismo e la bici è un mondo a noi molto caro.

 

Chi pedala regolarmente ottiene infatti molteplici vantaggi quali:

 

In questo percorso verso la salute e la performance i dati sono fondamentali perché è su di essi che si costruiscono i programmi e si misurano i risultati.

Partendo da una valutazione medica e da test accurati, pedalata dopo pedalata, Vitalia ti accompagna nel raggiungimento dei tuoi obiettivi con piani di allenamento mirati e quotidianamente adattati grazie alla condivisione dei dati dell’atleta, trattamenti osteopatici e piani nutrizionali.

La nostra esperienza pluriennale nella gestione dei dati di allenamento e biometrici è una garanzia per il miglioramento delle performance evitando quegli errori che possono causare problematiche di salute e riduzioni della prestazione.

Contattaci per prenotare la tua visita o avere maggiori informazioni, insieme possiamo pedalare più forte e andare più lontano.

 

 

INSIDE & OUTSIDE VITALIA

 

In occasione dell’arrivo della tappa del giro d’Italia al Technogym Village, nel giorno di riposo del giro, si terrà una tavola rotonda con la presenza del metodologo dell’allenamento della squadra Euskatel Inigo Mujika, del nutrizionista della Jumbo Visma Asker Jeukendrup, del dottore  Massimo Massarini, medico dello sport, e del professor Vincenzo Lomonaco esperto di Intelligenza Artificiale per parlare delle nuove metodologie di allenamento nel ciclismo. Moderatore Davide Cassani.

Pedalare fa bene alla persona e all'ambiente

Il test del lattato.

Misurare il lattato durante un test incrementale è il modo migliore per valutare il livello di performance  e programmare l’allenamento

Infatti, se si affronta una corsa ad un ritmo troppo intenso, il lattato prodotto non riescirà più ad essere metabolizzato e si accumulerà nel sangue nel giro di pochi minuti provocando dolore e bruciore muscolare e costringendo l’atleta ad interrompere lo sforzo o a ridurne l’intensità fintanto che il metabolita tossico non venga rimosso. L’intensità di esercizio associata ad un accumulo di acido lattico, viene definita come soglia anaerobica.

Ma che cos’è il lattato o acido lattico? E’ un catabolita prodotto dalla contrazione muscolare che avviene per conversione dell’energia chimica in energia meccanica. La produzione di lattato è in funzione dell’intensità del lavoro muscolare. Entro determinate velocità di corsa, l’acido lattico prodotto viene riutilizzato dai muscoli respiratori e dal cuore dopo essere stato riconvertito dal fegato in glucosio mediante il ciclo di Cori. Oltre questa intensità o soglia, la velocità di produzione del lattato supera la sua velocità di riutilizzo con un conseguente accumulo che, come detto, porta ad un rallentamento del ritmo o ad uno stop.

La misurazione del lattato mediante il prelievo di una goccia di sangue dal lobo dell’orecchio  e con l’utilizzo din uno specifico strumento di misura, permettere quindi di individuare la potenza meccanica e/o la frequenza cardiaca in cui si raggiunge il punto critico in cui l’acido lattico inizia ad accumularsi. Tale velocitàè appunto denominata velocità di soglia.

Da questa introduzione risulta evidente che determinare con precisione la soglia anaerobica permette di fornire un elemento fondamentale per la programmazione dell’allenamento degli sportivi che praticano discipline aerobiche. In effetti maratoneti, ciclisti, triathleti, nuotatori e fondisti si sottopongono regolarmente al test del lattato per verificare il proprio livello di allenamento e per impostare le sedute successive.

Come si misura il lattato – tipologie di test in laboratorio e sul campo

I test che permettono di calcolare la soglia anaerobica possono essere condotti in laboratorio o su campo: i primi vengono di solito svolti su treadmill . Il vantaggio del test in laboratorio consiste nella possibilità di annullare le variabili che possono influenzare la prestazione quali il vento, la temperatura e l’umidità.

Inoltre, l’uso del tapisroulant consente di definire con precisione la velocità, mentre sul campo l’atleta deve essere in grado di gestire l’andatura in maniera autonoma. Se ciò è fattibile per un atleta evoluto, non lo è per un podista di livello medio.

Comunque, anche in laboratorio bisogna rispettare dei criteri generali per una valutazione affidabile che possono essere riassunti in tre punti principali:

  1. non effettuare allenamenti particolarmente intensi nella giornata precedente il test
  2. alimentarsi in maniera adeguata (come se si dovesse affrontare una gara)
  3. svolgere un riscaldamento di almeno 20 min. con delle fasi finali ad alta intensità

Dal momento che la produzione di acido lattico è condizionata dalla muscolatura impegnata nel gesto atletico, è fondamentale che la prova in laboratorio sia condotta utilizzando l’ergometro specifico in funzione dello sport praticato, quindi treadmill per podisti e cicloergometro per i ciclisti.

Come si interpreta il test in funzione del tipo di gara

Secondo Mader, il fisiologo che ha codificato il protocollo descritto, la soglia anaerobica coincide con il valore delle 4 mmoli di lattato per ml. Tuttavia tecnici e medici che lavorano con sportivi di buon livello hanno verificato che il valore fisso proposto da Mader mal si adatta all’interpretazione di molti test.

Ciò che più si correla con la prestazione non è infatti il valore delle 4 mmoli quanto il punto di impennata della curva lattato-velocità di corsa. Altri autori sostengono che la “prima soglia”, quella a cui per intendersi si svolge il lungo, dovrebbe corrispondere ad un valore di 0,5 mmoli più alto del basale, la “seconda soglia” coinciderebbe invece con un valore di 2 mmoli superiori al primo. Per fare un esempio: se al termine di riscaldamento l’atleta mostra un valore di 1,1 mmoli di lattato (LA), la prima soglia si collocherà a 1,6 mmoli e la soglia anaerobica coinciderà con le 3,6 mmoli/l.

Ciò che inoltre deve essere considerato è l’andamento generale della curva che dovrà essere molto “piatta” ed impennare solo verso la fine nel caso di triathleti e maratoneti (fig. sopra), mentre nel caso di mezzofondisti o podisti che gareggiano su distanze tra i 5 ed i 10 km l’andamento sarà più graduale con un maggiore produzione di lattato. Queste considerazioni guideranno il preparatore atletico nel costruire il periodo di allenamento in modo da ottenere i miglioramenti ricercati.

Perché è utile svolgere un test lattato?

Il test del lattato è il metodo per elezione per la definizione dei ritmi di allenamento e delle staretgie di programmazione delle sedute. Infatti, la definizione della soglia aerobica ed anaerobica permettono di definire a quali velocità (o frequenze cardiache) l’atleta/amatore deve correre nei diversi mezzi allenanti (fondo lento, medio, ripetute ecc). Inoltre, l’interpretazione dell’andamento delle curve di accumulo di LA permette di indentificare punti di forza e carenze dell’atleta ed impostare quindi un piano di lavoro maggiormente individualizzato.

A chi è rivolto il test del lattato?

Il test del lattato non è particolarmente invasivo ne impegnativo. Pertanto è alla portata di tutti. Da chi si avvicina alla corsa e vuole potersi allenare in maniera consapevole e controllata a chi, avendo già un maggior bagaglio di esperienza, voglia incrementare le proprie performance o preparare una gara specifica. L’individuazione dei propri livelli di soglia è utile (se non fondamentale) per ogni atleta/amatore, per permettere un processo di allenamento più preciso.

Quando e ogni quanto tempo bisogna svolgere il test del lattato?

Il test del lattato può essere svolto tra le fasi principali di una preparazione, per monitorare con una cadenza ragionevole le modificazioni fisiologiche apportate dal programma di allenamento. Allo stesso modo, è conveniente svolgerlo quando si inizia a “fare sul serio” con la corsa, per evitare di incorrere negli errori classici del podista, quali correre il lungo al ritmo del medio o svolgere tutti gli allenamenti alla stessa velocità (entrambi questi errori portano con il tempo al decadimento della performance o all’infortunio).

La cadenza del test non è prestabilita a priori. Gli atleti evoluti lo svolgono anche ogni 1-2mesi, ma spesso può essere sufficiente svolgerlo 1-2 volte l’anno, in base ai proprio programmi di allenamento e competizione.

Conclusioni

Il test del lattato è uno dei metodi più affidabili e precisi per individuare la velocità di soglia e per calcolare le velocità del fondo medio e lungo. La sua ripetizione nel corso della stagione può essere utile per verificare l’andamento della forma e per correggere i ritmi di lavoro.

L’analisi della curva del lattato può rivelare all’allenatore eventuali carenze o eccessi nell’allenamento e quindi suggerire correzioni in funzione della distanza di gara da preparare.

Rispettare gli accorgimenti indicati nel secondo paragrafo è indispensabile per ottenere risultati validi.

I muscoli del runner. L’importanza della preparazione muscolare

Ogni runner sa bene che ogni kilo di peso in più comporta una riduzione della performance, bisogna però distinguere se quel peso in più è costituito da grasso o da muscoli. Nel primo caso non c’è dubbio: la massa grassa ostacola la performance. Se invece pensiamo al muscolo, dobbiamo considerare che esso rappresenta un vantaggio sotto molteplici aspetti, una buona muscolatura previene infatti gli infortuni proteggendo legamenti ed ossa, trattiene l’acqua mantenendo un buon livello di idratazione ed è fondamentale per mantenere una buona postura ed efficienza di corsa.

Nonostante queste buone ragioni, l’allenamento di forza è spesso trascurato e si tende a privilegiare l’allenamento della corsa trascurando il resto. Soprattutto coloro che iniziano a correre in età matura seguono il solito percorso: iniziano ad aumentare il kilometraggio, ottengono miglioramenti, intensificano ancora il programma e… spesso incorrono in infortuni.

Ecco perché spiegare i benefici dell’allenamento della muscolatura può convincere molti podisti a inserire qualcosa di diverso nella pianificazione settimanale.

Protezione di ossa e tendini

I muscoli agiscono come degli ammortizzatori; per fare un esempio, se un’auto ha gli ammortizzatori scarichi, sarà molto probabile che si rompa percorrendo una strada dissestata. Anche nel corpo umano succede qualcosa di simile: muscoli deboli trasmettono tutte le sollecitazioni degli impatti col terreno ai tendini ed all’ossatura creando a volte patologie da sovraccarico come le tendiniti o le fratture da stress.

Tendine d’Achille, rotuleo l’inserzione dei femorali sono le aree in cui più sovente si manifestano processi infiammatori che spesso vengono trattati con farmaci, terapie strumentali e riposo, non considerando invece che il rinforzo della muscolatura potrebbe essere un’ottima arma di prevenzione e di recupero. Infatti una muscolatura forte ed al contempo elastica è la miglior protezione del tendine dalle forze generate dall’impatto.

 

Ciò è valido anche nella prevenzione delle fratture da stress della tibia e delle ossa del piede in quanto il tono muscolare previene la perdita di compattezza dell’osso come l’osteopenia e l’osteoporosi che sono situazioni predisponenti alla frattura da stress

 

 

 

 

 

Idratazione

L’acqua contenuta nel corpo è importante per il mantenimento di uno stato di salute ottimale e per la performance, soprattutto l’acqua intracellulare, quella che si trova all’interno delle cellule. I muscoli rappresentano il tessuto che maggiormente può contribuire alla conservazione dell’acqua e ciò enfatizza la necessità di averne una buona quantità, se infatti il muscolo è ipotrofico ci saranno poche cellule e di conseguenza sarà scarsa la sua capacità di trattenere acqua: bere servirà a poco perché l’acqua ingerita sarà eliminata con le urine senza mantenere un buon livello di idratazione. Negli allenamenti e nelle gare lunghe, specialmente con temperature elevate, avere un buon quantitativo di acqua nell’organismo è fondamentale per mantenere il livello di performance.

Mantenimento della postura ed efficienza del gesto

Osservando i partecipanti ad una mezza o ad una maratona, si potrà notare che nella seconda parte della gara subentrano spesso delle alterazioni importanti nella lunghezza e frequenza del passo e nella stabilità del tronco. Questi cambiamenti sono causati da un progressivo affaticamento muscolare. La perdita di efficienza muscolare comporta quindi una diminuzione dell’efficienza della corsa.

La debolezza della muscolatura addomino-lombare (core) comporta un’oscillazione antero-posteriore e laterale del tronco con conseguenti spostamenti del centro di massa che a loro volta richiedono un maggior lavoro di compenso per la stabilizzazione a carico degli arti inferiori e il rischio di sovraccarico per la colonna vertebrale e delle sue strutture fibro-cartilaginee. L’affaticamento dei muscoli delle gambe si manifesterà con una diminuita capacità di utilizzare l’energia elastica che dovrebbe essere accumulata nella fase di impatto e restituita nella fase di spinta. Il muscolo affaticato lavora quindi molto poco per sfruttare l’elasticità dei tendini. Si evince che l’affaticamento comporta un allungamento dei tempi di contatto con il suolo e richiede un lavoro aggiuntivo dell’anca, del ginocchio e della caviglia per mantenere la stabilità.

Cosa fare per rinforzare la muscolatura del runner

SI è parlato all’inizio dell’importanza di contenere il peso del runner, è quindi sbagliato aumentare molto la massa muscolare. D’altro canto, abbiamo elencato i benefici di una muscolatura allenata, vediamo quindi quale può essere un buon programma di forza per chi corre.

Obiettivi del programma di allenamento

1 Allenare la muscolatura del core: plank, torsioni e estensioni della colonna sono gli esercizi base. Il suggerimento è quello di aumentare la difficoltà togliendo un appoggio della gamba o di un braccio durante gli esercizi.

 

 

 

 

 

 

2 Curare la forza generale fuori stagione: dedicare qualche settimana al training di forza di base con gli esercizi classici della pesistica è un’ottima scelta. Mezo squat, bench press, dead lift and clean & jerk e clean & press sono gli esercizi di base che devono però essere eseguiti con la supervisione di un trainer esperto.

3 Allenare le catene cinetiche e non il singolo muscolo: il gesto della corsa coinvolge molti muscoli ad ogni passo e richiede il rapido passaggio dalla fase di contrazione eccentrica a quella concentrica. E’ perciò consigliabile, dopo la fase di forza generale, introdurre esercitazioni basate su esercizi dinamici che coinvolgano sia la parte superiore che la parte inferiore del corpo per curare anche gli aspetti coordinativi e funzionali del gesto.

 

 

Come diventare dei “bruciagrassi”

Studi recenti stanno valutando l’utilità della periodizzazione dell’assunzione dei diversi nutrienti, in particolare carboidrati, in funzione delle sessioni di allenamento per migliorare la capacità del muscolo di metabolizzare i grassi (lipidi). Si tratta di metodologie avanzate che comportano manipolazioni ed integrazione tra le strategie di allenamento e quelle di alimentazione quotidiana. In questo modo, il corpo diventa capace, durante l’esercizio, di mobilitare una quantità maggiore di riserve di grasso endogene (pressoché illimitate) preservando quelle dei carboidrati (limitate a 1600-2400 Kcal).

Le strategie di periodizzazione traggono le loro origini dal concetto del “crossover” che mostra i cambiamenti nei contributi di lipidi e di carboidrati all’aumentare dell’intensità dell’esercizio. Tale concetto sostiene che gli atleti allenati ossidino (o “brucino”) più grasso con intensità di esercizio da lieve a moderata (dal 40 al 65 per cento del VO2peak). Oltre un’intensità di circa il 65 percento di VO2max, il corpo cambierebbe la sua fonte di combustibile predominante in carboidrati per sostenere l’intensità dell’esercizio fino a quando le riserve di glicogeno non si esauriscano.
Recenti ricerche hanno dimostrato che gli atleti possono superare il classico punto di crossover prima di passare all’uso predominante di carboidrati, ed è accettato oggi che il pattern nutrizionale di un atleta possa giocare un ruolo significativo nella selezione del carburante durante l’esercizio.

Come
Tra i metodi più interessanti per allenare l’uso dei grassi: l’alternanza di una dieta povera di carboidrati (somministrata durante il periodo di allenamento) con una ricca degli stessi (somministrata durante il periodo di competizione) e lo “sleep low” (high CHO – allenamento intenso – low CHO – allenamento).
Migliorando il metabolismo dei grassi e insegnando al corpo a fare affidamento sull’enorme quantità di energia che il grasso fornisce, gli atleti, quelli di resistenza in particolare, possono ridurre al minimo gli episodi di “sbattere contro il muro”, come si definisce il crollo di prestazione che coincide con lo svuotamento delle riserve di carboidrati.. Altri potenziali vantaggi includono: il miglioramento del recupero dagli allenamenti e una riduzione della necessità di elevate quote caloriche supplementari di carboidrati all’ora. Questo a sua volta ha benefici come il bisogno di trasportare meno integrazione e di ridurre al minimo l’incidenza di stress gastrointestinale durante la competizione (gonfiore, crampi addominali, vomito, diarrea).
Viceversa, non ci sono riscontri che consentano di raccomandare diete con basso introito di carboidrati per lunghi periodi. Queste presentano tutte potenziali svantaggi quali l’aumento del rischio di infortunio e di malattia, e la riduzione del benessere psico-fisico e della capacità di sostenere allenamenti adeguati.

Faro Sky Race Challenge VK – prova sul campo

Il panorama delle sky race, dei trail running e dei vertical kilometer (VK) è in una fase di grandissima espansione e fermento. C’è sempre più voglia di correre in montagna e gareggiare a stretto contatto con la natura. I panorami sono spesso mozzafiato e ripagano sempre la fatica delle salite percorse. In questo settore così rigoglioso, è nata quest’anno una nuova manifestazione estremamente interessante di cui Vitalia è diventata partner. Stiamo parlando della Faro Sky Race Challenge, che si svolgerà il 24 Settembre a Sauze d’Oulx (ad un’ora da Torino).

Due le proposte agonistiche lanciate dagli organizzatori, capitanati dal grande Simone Eydallin, atleta di casa ed uno dei migliori interpreti dei VK in Italia: il Vertical (4,5km – 1.000mt d+) e la Sky Race (17km, 1.700mt d+). Due modalità diverse che consentiranno a tutti, dagli amanti dell'”only up” ai grandi discesisti, di cimentarsi su percorsi fantastici in un ambiente alpino degno di nota.

La gara sta già prendendo forma, e la scorsa settimana abbiamo colto l’occasione e siamo andati a provare il percorso del VK.

Ecco di seguito le nostre indicazioni:

La gara vertical, così come per la sky race, prenderà avvio dal centro abitato di Sauze d’Oulx, nella centralissima  Piazza 3° Reggimento Alpini, passando per le vie del paese fino all’imbocco della pista da sci Clotes. Da questo punto, le pendenze inizieranno a salire, anche se, grazie al bel fondo battuto, la prima parte della salita risulta comunque corribile. Quasi giunti alla borgata Clotes, la gara piega a sinistra, lasciando il tempo di prendere fiato con un tratto quasi pianeggiante. Per almeno un altro km si procede su sentieri o strade sterrate molto agevoli, corribili e veloci. Questa prima parte di gara risulta davvero filante e veloce. Di sicuro anche gli stradisti puri riusciranno a correre agevolmente questo tratto.

E la seconda metà della Faro Sky Race Challenge?

Da metà gara in poi, il gioco cambia. Lo si capisce subito, quando il percorso vira bruscamente a destra, passando da strada sterrata in sentiero su terreno erboso. Pendenze arcigne, ma nuovamente un fondo che mette tutti nelle condizioni di salire agevolmente senza incorrere in nessun rischio. Passati tre “tagli” su sentiero, si entra sulla vecchia pista 40 del Genevris. Anche in questo caso le pendenze sono notevoli e la fatica inizia a farsi sentire. Fortunatamente, al termine di questo settore, si torna a girare a sinistra riprendendo i prati che alternano tratti molto ripidi ad altri più corribili. In brevissimo tempo si arriva ai piedi dell’ultimo strappo. Ci si trova già sotto il Faro degli Alpini posto sul Monte Genvris (2536mt slm). È il tratto più impegnativo, le gambe già affaticate si trovano a spingere su un terreno bello ma tecnico e molto ripido. Ma sono gli ultimi minuti di fatica, prima di raggiungere la vetta e riprendere fiato davanti ad un panorama straordinario a 360°.

Il percorso del VK è davvero bello, filante e scorrevole nella prima parte, più impegnativo ma per nulla rischioso nella seconda. La gara di sola salita è davvero accessibile a chiunque, con un po’ di preparazione, voglia sfidare un chilometro verticale, godendosi anche il panorama.

Gli organizzatori stano svolgendo davvero un gran lavoro, tant’è che il tracciato è già completamente segnato, indicato e pulito. Pronto per essere provato da runner e camminatori di montagna.

Il nostro giudizio finale sulla Faro Sky Race Challenge?

Una gara bella e tecnicamente accessibile a tutti. Non presenta tratti rischiosi o esposti e può essere svolta in massima sicurezza. Assolutamente da fare!

Per maggiori informazioni: www.faroskychallenge.it

 

sovraccarico funzionale, come gestirlo!

Sempre più spesso i Runner si trovano a doversi confrontare con infortuni/fastidi/dolori, legati al sovraccarico funzionale. Infatti, seppur la corsa sia un gesto motorio naturale, gli impatti ripetuti con il terreno possono comportare grandi carichi da dover “gestire” e distribuire a livello muscolo-scheletrico.

Che cos’è il sovraccarico funzionale?

L’insieme degli impatti con il terreno, se non adeguatamente distribuiti ed assorbiti, tende a favorire ciò che viene chiamato “sovraccarico funzionale”. Nella sostanza, la struttura muscolo-scheletrica e le sue componenti fasciali tendono a perdere la loro abilità di gestire e reagire agli stimoli esterni comportando degli scompensi posturali che spesso sono causa di infortuni, infiammazioni ecc.

mattia al lavoro durante un massaggio per ridurre il sovraccarico funzionale

Una struttura in sovraccarico funzionale andrà rapidamente incontro a condizioni disfunzionali. E infatti la percentuale di Runner che subiscono infortuni da “stress ripetuti” è elevatissima. In uno studio del 2007 (van Gent, et al.) si parla di percentuali che variano dal 20% all’80%.

Nel Running i 7 infortuni principali sono:

  1. sindrome femoro-rotulea
  2. tendinite dell’achilleo
  3. contratture e lesione al bicipite femorale
  4. fascite plantare
  5. periostite
  6. sindrome della bandelletta ileo-tibiale
  7. fratture da stress (spesso a livello dei metatarsi).

Chi è passato da una o più di queste problematiche sa che il percorso di recupero è spesso lungo e frustrante. Per questo sempre più spesso si pone l’accento, soprattutto nel Running, sull’importanza della prevenzione.

In questo senso, i consigli classici riportano l’importanza di un buon riscaldamento, l’utilità dello stretching, la necessità di un programma di allenamento adeguato e supervisionato da un esperto, una dieta corretta ed una attrezzatura (le scarpe nello specifico) adatte alle proprie caratteristiche.

In associazione a queste strategie, del tutto corrette ed importanti, è molto utile svolgere una analisi della propria postura e individuare le strutture e/o i distretti corporei che si trovano in una condizione di tensione eccessiva o restrizione di mobilità. In questo senso, il trattamento osteopatico svolge un ruolo chiave.

L’osteopatia utilizza tecniche manipolative che agiscono su diverse strutture dell’organismo, quali le articolazioni, i muscoli, le fasce, i visceri, basandosi sul principio cardine che il movimento è vita. Pertanto, per l’osteopata, è necessario individuare le aree dell’organismo che presentano una restrizione di mobilità (es. ridotto movimento di due capi articolari) e, tramite una indagine manuale e tecniche manipolative, riportare un corretto movimento all’interno della struttura individuata in restrizione per innescare i processi di autoguarigione di cui è naturalmente dotato l’organismo.

Ritornando ai 7 infortuni “classici” del Runner, l’osteopata tramite la sua valutazione può individuare precocemente le strutture che stanno andando incontro ad un processo disfunzionale, ripristinando il corretto movimento e la corretta postura, eliminando il sovraccarico funzionale e allontanano il rischio di infortuni.

Come l’osteopatia risolve le problematiche legate al sovraccarico funzionale?

Uno degli aspetti chiave dell’osteopatia è che si basa su un approccio sistemico. In sostanza, per l’osteopata non è detto che un dolore, per esempio, alla spalla, derivi necessariamente da un problema intrinseco alla spalla, ma la causa del dolore potrebbe essere da ricercare in strutture limitrofe, come il collo o il gomito; o anche in strutture più “distanti” come il fegato, l’osso sacro o la caviglia. Questo approccio nasce dalla considerazione che tutte le strutture del corpo sono, in maniera più o meno diretta, in relazione tra loro e che quindi ci possa essere una fitta rete di influenze che comporta situazioni “tensionali”, con riduzione della mobilità anche a distanza.

Facendo un esempio pratico, capita sovente di dover trattare il bacino e la colonna lombare per evitare o limitare gli effetti di un dolore al tendine d’Achille, questo perché un bacino ruotato (ad esempio per vizi posturali) comporta una dismetria degli arti, con successivo sovraccarico su un arto inferiore. Tale sovraccarico in molti casi si riverbera sulla catena cinetica posteriore che può comportare una tendinite all’achilleo.

In altre occasioni invece, l’osteopata tratta l’articolazione tibio-tarsica (caviglia) per problematiche legate ai muscoli flessori di coscia (bicipite femorale in primis). Questo perché una mobilità alterata a livello della caviglia può produrre una tensione fasciale sulla muscolatura della gamba (spesso i muscoli peronieri), comportando una disfunzione alla testa del perone e di conseguenza una maggiore tensione sul bicipite femorale.

Questi due esempi mettono in luce come un sovraccarico funzionale in una determinata regione, possa scatenare meccanismi disfunzionali che portano ad una sintomatologia in un’area differente del corpo. Se si agisse per via sintomatologica, trattando la regione dolente, non si risolverebbe la causa (il sovraccarico funzionale) e quindi il sintomo tornerebbe a farsi sentire nel giro di poco tempo.

Pertanto, per tornare ad essere quella “macchina da corsa” che siamo stati, è necessario fare in modo che il nostro organismo sia in grado di gestire i traumi ripetuti che la corsa comporta. In questo modo si potrà godere di tutti i benefici del Running allontanando il rischio di infortuni.

Programma di allenamento alle Gran Course

2017 anno di Adamello e Mezzalama, le gare più spettacolari e ambite dagli scialpinisti. Prendervi parte vuole dire curare la preparazione fisica e tecnica, per questo Vitalia Salute ha studiato appositamente il programma di “allenamento Gran Course”!

allenamento Gran Course, discesa in cresta

Se la partecipazione ad una di queste mitiche gare è il vostro sogno vi offriamo il nostro supporto per raggiungerlo.

Chi seguirà il tuo programma di allenamento per la Gran Course?

Giorgio Villosio, Guida Alpina del Collegio delle Guide del Piemonte con un lungo curriculum di gare e con all’attivo 2 edizioni del Mezzalama come caposquadra di team amatoriali.

Massimo Massarini, Medico dello Sport, esperto di fisiologia dell’esercizio e di programmazione dell’allenamento, appassionato scialpinista con esperienza di raid e salite ai 4000 delle Alpi.

foto di gruppo per l'allenamento Gran Gourse

Come costruiremo il programma di allenamento?

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Cosa offriamo per il programma “Allenamento Gran Course”?

test di soglia per l'allenamento Gran Gourse

Test iniziale presso il centro di Medicina dello Sport Vitalia per la misurazione della potenza aerobica, della soglia anaerobica, della composizione corporea e dell’equilibrio neurovegetativo: 150 €

 

Programma di allenamento personalizzato su base mensile con revisione periodica dei risultati: 60€

Un controllo al mese: 70 €

Piano alimentare: 80€

Giornate incentrate sulla tecnica (race di salita e discesa) corsi di più giorni : 50 € a giornata per persona  x gruppi di 4 persone minimo.

Corso di 4 giornate: 180 x 4 persone

Eventuale accompagnamento di Giorgio Villosio come caposquadra nelle più importanti competizioni scialpinistiche (Mezzalama, Adamello, Pierra Menta).

 

Per ulteriori informazioni: info@vitalia-salute.it, giorgiovillosio@hotmail.com, www.montagna360.it

Skialp: allenarsi in città

Allenarsi per lo skialp in città? Si può fare.

La stagione dello skialp è alle porte ma non tutti godono della possibilità di allenarsi negli ambienti adatti: sulla neve o sui sentieri. Allora come possiamo allenarci bene in città? Un buon piano di allenamento ci consentirà di consolidare la preparazione estiva e trasformarla adattandola allo sci alpinismo, possiamo imparare ad “allenarci al cambiamanento”.

Come allenarsi al meglio nel club di fitness.

Abbiamo poco tempo e non vogliamo arrivare impreparati? Ecco come ottimizzare gli allenamenti

skialp: non tutti possono prepararsi in montagna

Se il tempo è tiranno e le montagne lontane, bisogna cercare di puntare almeno sull’intensità dell’allenamento. Una delle tendenze del momento nei club di fitness sono i programmi di HIIT (high intensity interval training). Le sedute di allenamento si basano su sequenze di esercizi che possono durare da pochi secondi (per i lavori di forza) fino a vari minuti (per i lavori aerobici) ed essere eseguiti, nel caso degli esercizi aerobici, con percentuali comprese tra l’80% e il 95% della frequenza cardiaca massima mentre per gli esercizi di forza invece il carico può essere può essere quello che consente di fare al massimo 12-15 ripetizioni

L’allenamento, quindi, consiste nell’alternare periodi di lavoro a periodi di recupero, per una durata totale compresa tra i 20 e i 60 minuti.

Un’altra modalità di eseguire un allenamento ad alta intensità è quella di sostituire la fase di recupero con un altro esercizio, creando quindi una sessione di allenamento estremamente intenso, con una durata molto inferiore agli allenamenti tradizionali. In questo caso l’acronimo HIIT perderebbe una I, quella relativa all’intervallo, e diventerebbe quindi un High Intensity Training (HIT).  Due o tre allenamenti alla settimana possono essere sufficienti a patto di dedicare almeno un giorno del fine settimana ad una uscita in montagna con 1000 m D+.

Abbiamo passato l’estate in bici? Alleniamoci al cambiamento

I mesi estivi sono per eccellenza quelli in cui la bici può essere goduta al massimo, è quindi frequente vedere skialper incalliti accumulare km su km in sella alla specialissima. E bene fanno! La bici mantiene un’ottima efficienza cardiovascolare, aiuta a rimanere in peso (o addirittura a dimagrire) e comporta un basso rischio di incorrere in patologie muscolo-tendinee. Bisogna comunque tenere conto che il ritorno sugli sci non è così automatico. Se la resistenza di base è buona, bisogna comunque pensare che l’azione dei muscoli delle gambe è diversa e che braccia e spalle non vengono allenati quando si pedala. La transizione deve quindi prevedere di effettuare delle uscite in montagna percorrendo delle salite sostenute con l’aiuto dei bastoncini. Con questi allenamenti si ritroverà la spinta degli arti superiori e si utilizzeranno i glutei ed i femorali con un movimento che si avvicina a quello dello scialpinismo. Attenzione ad affrontare le discese! La bicicletta non allena i muscoli alla contrazione eccentrica, quella che si genera scendendo, quando i quadricipiti devono frenare ad ogni passo. Attenzione! Nei 3-4 giorni dopo la prima uscita in montagna sarà naturale accusare dolori muscolari anche intensi che però scompariranno dopo 3-4 uscite di questo tipo.

skialp: preparazione indor

Abbiamo macinato chilometri di trail? Va bene anche per lo skialp?

Se invece l’estate ci ha visto macinare migliaia di metri di dislivello e km di trail, gran parte del lavoro è già fatto. Considerando che la corsa in montagna presenta stimoli neuromuscolari molto vicini e quelli dello skialp, l’unico consiglio è di curare la forza muscolare con esercizi con i pesi: semplici movimenti come trazioni e piegamenti con le braccia, affondi e mezzi squat con le gambe oltre che ai soliti esercizi di core stability saranno la rifinitura indispensabile per presentarsi in gran forma alle prime uscite con sci e pelli.

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Stryd: allenare la potenza nella corsa

Stryd? La potenza della corsa

Se nel ciclismo sono passati più di 20 anni dalla comparsa del primo misuratore di potenza, nella corsa, la nascita di uno strumento analogo risale a pochi mesi fa: Stryd.

Ma noi, curiosi come al solito ed alla costante ricerca di tecnologie che possano aiutare gli sportivi ad andare più forte, ce lo siamo subito procurato e ci siamo messi all’opera per testarlo.

Prima di parlare della prova, spendiamo qualche minuto a spiegare perché, dopo aver misurato la velocità e la frequenza cardiaca (ancora ignota alla maggioranza dei runner) dovremmo complicarci ancora la vita aggiungendo un altro dato da tenere sotto controllo.

Se corriamo per rilassarci e stare in compagnia o per non prendere qualche chilo, va benissimo affidarsi alle proprie sensazioni e divertirsi; se invece la nostra motivazione a migliorare il nostro PB sui 10k o nella maratona o in quel Trail che abbiamo fatto già due volte è alta, beh allora potremmo considerare la possibilità di impostare l’allenamento sulla potenza.

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Perché misurare la potenza

Abbiamo detto che la velocità (min/km) e FC sono già due parametri importanti ma non sufficienti a caratterizzare una prestazione: la velocità è un dato affidabile e significativo solo quando si corre in pista o su strade lisce e perfettamente pianeggianti; bastano infatti pochi gradi di pendenza per far scendere significativamente la velocità, o nel caso in cui la volessimo mantenere costante, per vedere la frequenza cardiaca salire decisamente. Inoltre la FC, che potrebbe essere un dato significativo per quantificare l’impegno organico, può variare di giorno in giorno in funzione del recupero, delle ore di sonno, della temperatura. Ricordiamo infine che l’aumento di FC avviene con una certa latenza rispetto alla variazione di velocità e pendenza e ciò rende difficile basarsi su di essa per modulare l’intensità del carico.

Come si misura

Con Stryd, una delle più interessanti novità per chi pratica la corsa nelle sue varie declinazioni: si tratta di un sensore simile a quelli che rilevano la frequenza cardiaca e che si indossano con una fascia al torace. Però, oltre a rilevare il battito, misura anche le accelerazioni sui tre assi e, grazie a un sensore barometrico, le variazioni di quota. I dati vengono quindi elaborati e trasformati in un valore unico che è la potenza espressa dall’atleta durante la corsa. Il dato è particolarmente utile quando si corre su percorsi collinari o su sentiero, in questi casi la pendenza impedisce di contare sulla velocità di riferimento e quindi il runner deve fare affidamento solo sulle proprie sensazioni o sulla frequenza cardiaca che però, come già detto, è influenzata da molteplici fattori. La possibilità di misurare in maniera oggettiva lo sforzo fisico è quindi quanto mai interessante e apre nuove prospettive per l’allenamento e il monitoraggio della performance.

Come si usa

L’utilizzo di Stryd è molto semplice, il vincolo maggiore è rappresentato dalla necessità di essere in possesso di un cardio GPS di fascia alta di Garmin (Fenix 2 e 3, 910 e 920 XT e 310 XT), Suunto (Suunto Ambit2, Ambit2S, Ambit3S, Ambit3 Peak, Ambit3 Run, Ambit3 Vertical) e Polar V800. Una volta indossata la fascia al torace, si procederà all’accoppiamento del sensore Bluetooth all’orologio secondo le modalità riportate nei video tutorial del sito. L’operazione è molto semplice, un attimo di attenzione in più è invece richiesto per il settaggio delle pagine dati sui dispositivi da polso. Sulla piattaforma Movescount l’intervento è un po’ più facile rispetto a quanto non lo sia con Garmin, ma anche in questo secondo caso non crea problemi. È disponibile anche l’app dedicata che risulta indispensabile per gestire i test o gli allenamenti sul tapis roulant. In questi casi infatti il sensore barometrico non registra variazioni di altitudine e il GPS dell’orologio non misura spostamento e quindi velocità, mentre l’accelerometro continua a funzionare; ecco quindi che per poter visualizzare la potenza si devono imputare manualmente velocità e pendenza. Durante la corsa all’aperto è tutto molto facile, basta dare un’occhiata al display dell’orologio dove è visibile la potenza espressa per capire a che intensità si sta correndo.

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Dal laboratorio alla strada (o al trail)

Per poter utilizzare i dati di Stryd al meglio è necessario conoscere i propri valori e cioè la propria potenza alle varie intensità (lungo, medio, soglia). Per ottenere questi dati ci sono due strade: la prima è rappresentata dal passaggio in un centro di valutazione funzionale dove si può fare un test di soglia sul tapis roulant che ci dirà le potenze di riferimento per gli allenamenti e le relative frequenze cardiache, la seconda è rappresentata dall’alternativa da campo basata su una prova costituita da 800 metri corsi a ritmo facile e seguiti da una ripetizione di 1.200 metri massimale e da una ripetizione di 2.400 metri sempre massimale in piano (idealmente in pista) con 30’ di recupero dopo ogni prova. Si calcola così la cosiddetta FTP (functional threshold power) o test di potenza funzionale di soglia con il protocollo che è già codificato nell’app di Stryd e che guida nell’esecuzione passo dopo passo.

Sul campo e sul computer

Una volta calcolati i dati sarà più facile impostare allenamento e gara ma soprattutto si potrà cambiare modo di gestire la prestazione: sappiamo infatti dal ciclismo che fare riferimento sulla potenza permette di dosare lo sforzo in maniera migliore di quanto non sia possibile con la frequenza cardiaca. Se infatti ci basiamo sui watt e sappiamo che la potenza di soglia è, supponiamo, di 250 watt, regoleremo l’andatura in base alla pendenza e lasceremo che la frequenza cardiaca si adatti con gradualità allo sforzo. Ovviamente si dovranno fare ulteriori considerazioni in base alla lunghezza della gara o in funzione delle finalità dell’allenamento. Ma oltre ai casi specifici, ciò che sembra evidente è la possibilità di poter visualizzare un parametro fisico obiettivo che, aldilà delle sensazioni soggettive, quantifica esattamente la performance. I watt espressi devono comunque essere messi in relazione con la frequenza cardiaca e con le sensazioni personali e in questo modo serviranno a capire se l’allenamento sta progredendo nella giusta direzione e se il lavoro giornaliero è adeguato. A fine allenamento i dati del cardio-gps vengono scaricati sulle rispettive piattaforme sw, Movescount o Garmin Connect e da queste trasferiti direttamente su Stryd Powercenter dove sarà possibile analizzare la prestazione nei dettagli.

Correre meglio

Ma non è tutto, Stryd può essere anche un supporto a migliorare l’efficienza e quindi l’economia della corsa. Come? Semplice, percorrendo un tratto di strada perfettamente pianeggiante, a velocità costante, si cercherà di abbassare quanto più possibile il valore di potenza registrato riducendo lo spostamento verticale del baricentro corporeo e aumentando la frequenza dei passi. Questo tipo di esercizio può anche essere svolto con ottimi risultati sul treadmill dove la gestione della velocità e della pendenza sono effettuate dall’attrezzo lasciando il podista libero di concentrarsi sulla tecnica di corsa. L’unico vincolo è rappresentato in questo caso dalla necessità di disporre di uno smartphone su cui si sia scaricata l’app di Stryd (iOs, Android).

Conclusioni

Stryd sembra il classico uovo di Colombo, o meglio un’applicazione intelligente e pratica di una tecnologia sempre più disponibile e anche economica. Gli accelerometri triassiali sono infatti relativamente a buon mercato e quindi pronti per essere accessibili ai più: Stryd è riuscito a rendere utile e immediato il loro impiego sia per l’allenamento che per la gara. Con l’utilizzo di questo strumento sarà quindi più facile pianificare allenamenti, confrontare i dati, migliorare il proprio stile di corsa e gestire al meglio la gara.