Più veloce del vento

Oggi comincia il Pre-Event del Mondiale di Marsiglia in programma dal 21 al 29 settembre. Jacopo, 22 anni, porterà in barca anche Vitalia.

Anno di nascita 1991. Dopo quanto la prima regata?

A 9 anni ho cominciato con gli optimist, intorno ai 13 è diventato un impegno agonistico e sono passato ai 420. Recentemente il grande salto: 49ers, classe olimpica.

Sei nato in barca.

Quasi. Fino alle medie ho provato di tutto per gioco, poi è scoppiato l’amore. In realtà sono sempre stato innamorato: sono cresciuto nei racconti di mio padre e di mio zio, entrambi professionisti.

Il tuo obiettivo a Marsiglia?

Puntiamo almeno ad un piazzamento nei primi 20. Siamo giovani, nel nostro sport la maturità è intorno ai 26 anni. A me e Umberto (Umberto Molineris, classe 1990, compagno di Jacopo – ndr) manca l’esperienza delle “coppie” più anziane.

La vela non è solo una questione di fisico.

No, anzi, qualcuno non ci considera nemmeno atleti. In realtà è necessario distinguere: la nostra classe richiede una certa prestanza. Siamo in due a fare tutto: o ci muoviamo per manovrare oppure siamo appesi al trapezio. Oppure siamo in acqua e dobbiamo rialzarci…

plazzi molineris

Nelle barche più grandi il ritmo è diverso.

Gli equipaggi comprendono tante persone, e solo chi gestisce le vele fa un vero sforzo, anche se ormai persino la Coppa America sta diventando più fisica (e per questo si sta aprendo ai giovani). Ma l’idea che lo sport non sia faticoso rimane: le barche grandi sono le più famose, le uniche su cui investono gli armatori. La Coppa America è la nostra Serie A.

Quanto vi allenate?

Abbiamo circa 180 giorni di vela all’anno (compresi allenamenti e regate) e la nostra base è il lago di Garda; quando arriva il freddo ci spostiamo in posti più caldi.

Non ti manca il mare quando sei lassù?

No, non ne ho bisogno. La mia simbiosi è con l’aria. Questo sì: dovunque vada studio il vento…

365 meno 180, rimangono 180 giorni.

Tutto tempo che spendiamo per la preparazione a terra. La stagione va da primavera a settembre: in questi mesi cerchiamo di mantenere il fondo che facciamo in autunno e inverno.

Quanto conta per voi la preparazione atletica?

È fondamentale. Per questo dobbiamo proprio ringraziare il dott. Massarini e lo staff di Vitalia. Con loro il miglioramento è stato sensibile e continuo e finalmente abbiamo capito l’importanza di uno stile di vita sano e attivo. E poi siamo più consapevoli del nostro corpo, perché Massimo ci spiega ogni aspetto del programma. Ci ha aperto un mondo (che in Italia dovrebbe essere considerato di più).

Che mondo?

La nostra idea di ginnastica si limitava alla corsa e a qualche peso. Adesso alterniamo al potenziamento l’allenamento funzionale. Ci concentriamo sulla schiena (moltissimo sulla core stability!) che è la parte più sollecitata in barca, insieme alle caviglie e alle ginocchia. A casa, a Ravenna, abbiamo una palestra, ma ci siamo attrezzati con Kettle Bell, palloni, tavolette ecc. in modo che ovunque andiamo possiamo fare un buon lavoro.

Venite spesso a Torino?

Veniamo per i test periodici. Per il resto ci sentiamo sempre al telefono e utilizziamo un software, Restwise, che permette a Massimo di analizzare i dettagli di ogni nostra seduta. Il supporto della tecnologia per noi è indispensabile.

Torniamo al Lago. La vostra giornata tipo.

Sveglia presto, usciamo in acqua verso le otto e mezza. Rientriamo dopo due ore, mangiamo, ci riposiamo e ripartiamo per altre due ore. Poi sistemiamo le barche.

Quanto dedicate alla cura del mezzo?

Tantissimo: deve andare più forte possibile! Nella vela le componenti sono due: l’atleta che conduce (cioè svolge la parte decisionale in base alla tattica e alle condizioni atmosferiche), il mezzo che naviga. Entrambi devono essere performanti.

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C’è qualcuno che vi aiuta?

Il nostro allenatore, Luca Bursich, e quello della Squadra azzurra, Luca De Pedrini (Jacopo e Umberto sono in Nazionale – ndr). Poi, in generale, la federazione.

In che acque naviga la FIV?

Nuove. È appena cambiato il Direttore Sportivo e la situazione è un po’ complessa. I fondi sono pochi e non bastano per copiare (come si vorrebbe) i progetti delle federazioni più ricche. E poi il tentativo italiano arriva troppo tardi.

Come va il settore giovanile?

Bene! C’è un continuo ricambio di ragazzi bravi. Manca però qualcosa a livello strutturale che trasformi un talento in un campione. E poi mancano mamme coraggiose: fidatevi! La vela a livello agonistico è uno sport fantastico, che aiuta i vostri figli a crescere e a diventare indipendenti in fretta.

Sogni la Coppa America o il giro del mondo in solitaria?

Per la prima non c’è fretta, si va avanti oltre i 40 anni, chissà. Chi gira il mondo da solo ha tutta la mia stima: spesso sono “eroi” giovanissimi, che suppliscono all’inesperienza con tanto studio e ancora più coraggio (ma non dimentichiamoci che hanno qualcuno più “motivato” di loro alle spalle). Non azzarderei mai un’impresa del genere: non ne sarei in grado e non mi piace l’idea un viaggio così da solo. Le esperienze straordinarie vanno condivise! Insomma, punto alla Volvo Ocean Race, la regata-giro del mondo su barche grandi. Ma prima bisogna vincere una medaglia olimpica: il focus è su Rio.

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Allenare le abilità

La preparazione atletica ha subito negli ultimi dieci anni un radicale cambiamento. Se infatti, negli anni ’90 ci si focalizzava sull’allenamento dei vari gruppi muscolari, in tempi più recenti si è passati al cosiddetto allenamento funzionale in cui le macchine a contrappesi sono state quasi soppiantate da piccoli attrezzi (kettle bell, tavolette, bosu, sacchi da boxe e quant’altro).

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Questa moda è stata abbracciata dai personal trainer che vi hanno visto la possibilità di proporre qualcosa di nuovo alla clientela. Molto spesso gli esercizi proposti non sono però adeguati alle capacità individuali.

Il vero passo in avanti è rappresentato dalla ricerca dell’allenamento delle abilità e cioè del controllo neuromuscolare ed del controllo posturale dinamico.

Il controllo neuromuscolare detta la velocità delle reazioni dei muscoli alle situazioni esterne mentre il controllo posturale dinamico fa in modo che il corpo assuma sempre la posizione più adatta al tipo di movimento da eseguire.

Per capire meglio il concetto proviamo a fare un esempio: immaginiamo di far correre due atleti con uguale resistenza su una strada con fondo regolare; tutti e due andranno più o meno alla stessa andatura. Se questa strada si trasforma però in un sentiero impervio ecco che le differenze si evidenzieranno e l’atleta più abile andrà più veloce. Perché? Perché il suo sistema neuromuscolare ed il controllo posturale dinamico gli permetteranno di adattare il passo, gli appoggi, l’azione del tronco e delle braccia alle caratteristiche del terreno ed il tutto si tradurrà in una corsa più veloce e redditizia, oltreché sicura.

Ecco, l’allenamento delle abilità consiste nel migliorare tutti quei fattori che si traducono in efficienza del movimento come sintesi di capacità di base (forza, resistenza e flessibilità) e di qualità più specifiche (coordinazione, rapidità, controllo del core, propriocettività).

[button color=”red” size=”large”] L’atleta, ma anche la persona comune, riesce, curando l’allenamento delle abilità, ad essere più efficace e sicura in ogni espressione motoria.[/button]

Questo è il concetto di allenamento che Vitalia utilizza e che viene trasversalmente applicato alla preparazione atletica, alla prevenzione ed alla riabilitazione, scegliendo gli esercizi in modo che essi siano sempre adeguati alle capacità motorie della persona.

Nei prossimi articoli daremo seguito al tema dell’allenamento delle abilità sia in chiave di prevenzione che di riabilitazione.

Cristina ai WMG: tre “m” e quattro ori

[message type=”info”] Speciale World Master Games – I campioni sono fatti così: si allenano tutti i giorni e trovano il tempo per famiglia, amici e lavoro. Costruiscono i risultati con tre “p”: passione, pazienza, perseveranza.

Le campionesse invece sono fatte così: mandano avanti la famiglia mentre si allenano tutti i giorni (anche due volte) e incastrano commissioni, amici e lavoro. Costruiscono i risultati con tre “m”: sono “mamme” e il resto è riscaldamento.

Cristina è una campionessa così. Quattro ori e un argento ai Wmg, un titolo italiano e molte altre medaglie in appena due stagioni master; la carriera nel canottaggio abbandonata a 25 anni e ripresa a 40: un sogno nel cassetto riscoperto e avverato accanto alla figlia… [/message]

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Hai portato tua figlia a remare e lei ha riportato te in barca. Com’è andata?

Un giorno l’ho accompagnata ad una gara. L’ho seguita, c’era un tramonto stupendo. Ho sentito un richiamo fortissimo, quel paesaggio mi ha aperto il cuore: dovevo ricominciare anch’io.

Hai un passato da ex?

Sì. Ho gareggiato dai 15 ai 25 anni con buoni piazzamenti a livello internazionale ed ottimi a livello italiano. Avevo iniziato per rinforzare la schiena; ho smesso quando sono mancate le soddisfazioni. Il ritmo era troppo alto e non ce la facevo più: volevo finire di studiare.

Diletta segue le tue orme?

Diletta ha cominciato senza ambizioni, poi ad un certo punto è scattata la molla: un po’ l’esempio delle sue compagne più forti, un po’ il gruppo, un po’ i primi piazzamenti… adesso non si perde un allenamento né una gara. Ha la stoffa, ma la strada è ancora lunghissima (lei ha solo 14 anni) e bisogna saper dosare le energie: il suo bel “sacrofuoco” che oggi brucia così intensamente, non si dovrà spegnere troppo presto!

Frequentate lo stesso circolo?

Siamo entrambe al Cus Torino di piazza Zara: avevo mandato lì mia figlia perché c’era (c’è!) il mio allenatore di vent’anni fa, Mauro Tontodonati, che è bravissimo. Si è subito trovata bene e poi mi sono inserita io, nel 2011.

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Da madre e da sportiva, quanto è importante la figura dell’allenatore?

Fondamentale. Lo capisco soprattutto ora: quando i figli sono adolescenti è normale che prendano le distanze dai genitori e cerchino anche altri esempi. A quell’età spesso si ha più confidenza e più fiducia in un altro adulto piuttosto che in mamma e papà: quello che conta è che i principi passino! Sono contenta che mia figlia cresca circondata da belle persone in un ambiente sano: alcool, droga, eccessi in discoteca, sono vizi non compatibili con un’attività quasi professionistica.

Lo sport è scuola di vita?

Senza dubbio. L’agonismo ha un valore: s’impara a soffrire e a stringere i denti per un obiettivo. Sono virtù che hanno in pochi. Oggi domina la cultura del “tutto facile” e del “tutto subito”. Lo sport educa al contrario: tempo e dedizione, fatica e sacrificio, testa e sguardo al futuro. Nel canottaggio poi, se semini adesso magari raccoglierai tra dieci anni.

Tu hai raccolto in abbondanza!

L’attività giovanile mi ha lasciato un’ottima base: quando ho ripreso è stata dura ma sono migliorata tanto e in fretta. E poi le nuove regole mi hanno aiutata: una volta con le categorie uniche le più esili correvano contro le più massicce, sulle stesse barche. Quelle come me erano chiaramente penalizzate, mentre le atlete più vigorose come le nord europee erano sempre davanti. Oggi mi confronto con i pesi leggeri (max 59 kg) e devo stare attenta alla dieta!

E hai una barca tutta tua.

Sì, adattata in ogni dettaglio su di me. E poi, non più in legno, ma in fibra: con la stessa fatica sono molto più veloce!

Ai WMG sei stata un fulmine. Seconda nel quattro di coppia del 7 agosto, poi prima per quattro volte: nel singolo del 8, nel doppio del 9, ieri nelle gare miste sia nel doppio che nel quattro di coppia. Come ti senti?

Sono davvero contenta. Il mio obiettivo era eguagliare i tempi degli allenamenti di questi mesi. Di solito patisco la gara – per esempio mi blocco e sbaglio la respirazione- e rendo meno rispetto al mio potenziale.

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È più forte la Cristina di oggi o quella di vent’anni fa?

Difficile stabilirlo. Certamente la mia attività di master è più gratificante. E poi mi alleno meglio: allora ero una delle poche donne, spesso ero da sola, non c’era attenzione né cura del settore femminile. Era sottovaluto e invece oggi le ragazze sono numerosissime. Al Cus abbiamo un gruppo meraviglioso, e io faccio un po’ da sorella maggiore alle nostre piccole.

Vitalia è in festa per i tuoi successi!

Mi sono trovata benissimo con il dott. Massarini. Sono andata da lui per la visita agonistica, mi ha fatto notare che avevo uno squilibrio, il mio corpo era sbilanciato. Ho lavorato in palestra con Eva e Claudia, su esercizi che non avevo mai provato prima. Ho rinforzato il core, la schiena e in generale il mio fisico: sono movimenti a corpo libero molto armonici. L’idea di fondo è che bisogna potenziare in modo uniforme tutti i muscoli e non solo alcuni. Con Massimo poi abbiamo rivisto il mio programma atletico: meno corsa e più resistenza specifica, un canottiere deve costruire il fiato vogando!

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Clicca qui per vedere le video dimostrazioni degli esercizi con cui si allena Cristina

All’estero ci si allena così da anni.

Gli inglesi e gli svizzeri sono all’avanguardia. Spendono un sacco di soldi per i ritiri e partono con veri e propri tir: prima di Londra sono venuti a Varese. Si sono portati dietro tonnellate di attrezzatura… Inutile sottolineare quanto investano sulla ricerca. Quella italiana invece è una federazione poverissima, che non riesce a guardare al futuro (complice il Coni che non dà finanziamenti). Nella preparazione fisica, ad esempio, siamo fermi a convinzioni ormai datate: gli atleti azzurri sono sottoposti a sessioni massacranti affinché arrivati a una certa soglia di stanchezza procedano per inerzia. Sono tecniche che non mi convincono più. E poi il metodo Vitalia per ora ha dato i suoi frutti!

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Oggi ci sarà la cerimonia di chiusura dei WMG. Qual è il tuo bilancio sulla manifestazione?

È stata una festa dello sport, il clima era piacevolissimo. Dispiace però che la città non abbia colto fino in fondo l’occasione: sono spuntate le pubblicità dieci giorni prima dell’apertura, tant’è che non solo i residenti ma persino i negozianti sono cascati dalle nuvole. Penso a Varese, dove tra poco ci saranno i mondiali: da un anno le vie sono invase dagli striscioni. Per me invece è stata un’emozione straordinaria e una conferma: negli sport di resistenza come il canottaggio l’età (e quindi l’esperienza) può essere un plus. Si può competere ad alto livello ancora passati i 40 anni!

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Clicca qui per leggere le altre interviste dello Speciale WMG:

“La dura vita di un campione normale”

“Quella volta mi sono innamorato”

“Quella volta mi sono innamorato”

[message type=”info”] Speciale World Master Games – Andrea non si ferma mai. Su Facebook lo dice così: “Go, go, go!”. È il ritornello che accompagna le foto delle sue gare. Ma quando si allena niente musica: “mi piace sentire il mio corpo. E stare bene”.[/message]

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Domani ti attende la mezza maratona. Come stanno andando i tuoi WMG?

Sono contento: la sfida era vedere se riuscivo a fare tutto. Ho cominciato sabato scorso con il duathlon, poi i 5000m, poi i 10000m e domani l’ultima tappa. Il recupero è stato ottimo e sono soddisfatto delle mie prestazioni: ho corso i 5000 in 20’ 53’’, insomma sotto la soglia dei 21’, il mio miglior tempo fino ad allora. Il duathlon è stato un’altra piccola vittoria: pedalo da appena un anno, pensavo di arrivare ultimo. Invece ho strappato un piazzamento a metà classifica.

Da quanto tempo corri?

La mia carriera sportiva è molto breve: fino al mio quarantesimo compleanno non avevo mai praticato nessuno sport. Ero in sovrappeso, nonostante avessi già perso chili con la dieta, e i miei esami del sangue allertarono la dottoressa: avevo bisogno di muovermi.

Pronti via.

Ricordo che un sabato ne parlai con mia moglie. Le chiesi un consiglio, lei non ebbe dubbi: “Costa poco e puoi cominciare subito: comprati un paio di scarpe da ginnastica e vai a correre!”. La domenica andai da Decathlon, il lunedì indossai le scarpe. Per due mesi ho lavorato così: 5 minuti di corsa e 5 di camminata.

Il peso diminuiva e la passione cresceva.

È stato un colpo di fulmine: non avrei mai pensato di innamorarmi! Oggi ho 43 anni (ndr – è nato nel 1970), 15 kg in meno e non posso passare più di una settimana senza correre: mi serve per stare bene con me stesso!

Sarà contenta tua moglie…

Ha molta pazienza. Mi ha sostenuto tantissimo e mi viene a vedere a tutte le gare, trasferte comprese. Infatti dopo i WMG ho promesso di portarla in vacanza e staccare per un po’…

Quanto ti alleni di solito?

Corro tre volte alla settimana e dedico il giorno di riposo alla bici. Uso la pausa pranzo per andare al Valentino, con cambi rocamboleschi in auto (non ho un posto dove farmi la doccia e devo arrangiarmi come posso) prima di tornare in ufficio.

bici

Qual è stata la cosa più difficile all’inizio?

Ritagliarmi del tempo. Staccare dalla routine casa-ufficio-spesa-casa-ufficio… Mia moglie ed io eravamo piuttosto pigri e sedentari: con la mia corsa abbiamo cambiato vita. Io riesco ad organizzarmi bene, lei si è messa a dieta con me. E poi abbiamo ripreso a nuotare: per me in realtà si tratta di una nuova sfida, perché non ne sono mai stato capace. Pochi mesi fa ho deciso di imparare e così ogni quindici giorni andiamo in piscina. Mia moglie è in gran forma!

Tu lo fai per il mare o pensi al triathlon?

Il triathlon è il mio sogno nel cassetto! Ma è un traguardo ancora molto lontano. Per ora voglio lavorare sulla maratona.

Nei hai già corse?

Ho partecipato a quella di Roma a marzo. Mi sono preparato per mesi intensificando le sedute (una in più, quattro alla settimana) ma comunque sono arrivato al fondo della gara distrutto. Ero commosso, un’emozione straordinaria, ma il mio orribile 4h 16′ aspetta di essere abbassato a Torino, il prossimo novembre.

In due anni da 5 minuti a 4 ore non è male.

Ho fatto passi da gigante! Ed è proprio vero che non è mai troppo tardi né troppo difficile cominciare uno sport. Ce la possiamo fare tutti.

Con chi ti alleni?

A marzo ho conosciuto i ragazzi di Base Running e frequento i loro allenamenti collettivi all’una. Siamo una squadra straordinaria: Corrado Vinesia, Roberto Prete, Lorenzo Bertoldini, Alessandro Iacovelli, Paolo Loggia… Con loro ho fatto il salto: da solo non riuscivo a schiodarmi dai miei 5’ e 20’’ al km. Era come se il mio corpo si fosse abituato.

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Il gruppo ha una marcia in più.

Anch’io, che sono un solitario, mi sono convinto. L’entusiasmo degli altri mi ha contagiato: sono migliorato tantissimo. E poi nel nostro team ci sono atleti esperti come Alessandro Giannone e Viviana di Fiore, che mi ha accolto e seguito da subito: con i suoi consigli non potevo che crescere. Lei e Alessandro, insieme agli altri (Andrea Di Giuseppe, Fabrizio Voltolini, Saverio Della Donna) sono i miei punti di riferimento: il confronto con loro mi permettere di puntare sempre più in alto.

Il tuo obiettivo alla maratona di Torino?

È molto, molto ambizioso. Vorrei farcela in 3h 30′: ci proverò con il sostegno del dott. Massarini. Sono stato da lui per la visita medica agonistica e per il test del lattato, poi mi ha seguito per una settimana a distanza: mi ha assegnato dei test da svolgere indossando il mio Garmin e ha monitorato i risultati sul mio profilo Garmin online. Quelle prove hanno confermato i dati ottenuti in laboratorio e così ha potuto tracciare un quadro medico sportivo molto preciso. Dopo la pausa costruiremo insieme la preparazione per la maratona.

Puoi iniziare dagli esercizi che trovi sul nostro canale di Youtube…

Li sto già provando! Sono belli ed è molto utile la dimostrazione video che avete postato. Mi piacciono anche gli articoli del blog: sono semplici, concreti e affidabili, perfetti per chi come me è appassionato ma ancora alle prime armi. Nella rete è pieno di gente che scrive cretinate: è importante farsi indirizzare bene e non lasciarsi fregare!

Chi è il tuo podista preferito?

Orlando Pizzolato, vincitore di due maratone di New York (1984 e ‘85): per me tutto è partito dal suo libro. Quest’anno ho avuto l’onore di conoscerlo perché ho seguito uno stage ad Asiago con lui. Lo stimo tantissimo come atleta e come divulgatore: il suo “Correre” è un capolavoro, è scritto bene ed è estremamente diretto e “terra a terra”. Non mi stanco mai di rileggerlo e ogni volta scopro qualcosa di nuovo. Pizzolato è un esperto che sa di parlare a neofiti: ti avvicina alla corsa e lo fa con un tocco tecnico. Ti aiuta a capire quanto sei bravo e quanto sei in grado di correre, ti dà indicazioni e consigli con tabelle utilissime. E dopo la lettura non ti resta che mettere in pratica.

Go! Go! Go!

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Leggi un altro articolo sui World Master Games

“Prima di andare a Genova”

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La partenza per le vacanze è un momento abbastanza stressante e allora quest’anno ho deciso di affrontarla a modo mio.

La meta è tradizionale: Sardegna, meno di due ore di macchina fino a Genova e poi traghetto. Però…

Però si può renderla più avventurosa. Per esempio partendo da casa in bici. Pianifico l’itinerario e via. Appuntamento a Voltri con la famiglia che arriva in ammiraglia.

La prima parte è noiosa, tra campi di granturco piatti come quelli dell’Illinois, poi il percorso migliora con i saliscendi dolci ed i boschi dell’Astigiano. Seguono le vigne bellissime del Monferrato e si plana su Nizza Monferrato per panino e Coca. Avanti verso Acqui con la sua bellissima piazzetta con l’acqua delle terme. Si riprende, sempre tra le vigne, verso Ovada, pedalando su crinali spettacolari. Fa caldo. Nella testa mi risuona Paolo Conte: “Genova per noi“, “Una giornata al mare“, “Bartali“.

C’è un po’ di venticello ma il sole picchia.

Le borracce vanno via una dopo l’altra. Inizia la dolce risalita verso il Turchino. Ora fa più fresco nei boschi della valle Bormida. I borghi, RossiglionePrato Ligure, che non avevo mai visto facendo l’autostrada, sono delle perle.
Arriva il valico che, nella sua modesta altitudine, è comunque un luogo significativo. Una galleria di 200 m e poi la vista sul mare. Meritato gelato al bar del valico e poi stupenda planata su Genova.

È fatta. In solitudine e pensando a quanto è maledettamente bella la nostra Italia.

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Le foto della pedalata: riconoscete i paesaggi?

La dura vita di un campione “normale”

[message type=”info” title=”Speciale WMG”] Il nostro viaggio nei World Master Games di Torino comincia da Roberto. Lettore di Vitalia Informa, un giorno ci ha scritto su Twitter: è il primo “paziente web” di Vitalia. Chissà che i nostri consigli non lo portino sul podio… sicuramente la sua passione è da medaglia. In bocca al lupo! [/message]

Roberto Re, classe 1974, è un atleta polivalente: sottratto al calcio dall’ennesimo infortunio (giocava nei Dilettanti), prestato al golf, negato alla corsa dalla medicina ma podista nel cuore, ciclista, nuotatore e sciatore. Un uomo infine redento dal Triathlon: “Avevo bisogno di una sfida”.

Calcio, golf e atletica. Che sportivo sei?

Quando ho smesso di giocare ho iniziato a correre da amatore. Ma le mie ginocchia non hanno retto e tre anni fa, per pigrizia, mi sono dato al golf: non avevo voglia di affrontare il mio problema né di cominciare la riabilitazione. Poi sono andato da uno specialista, che mi ha parlato chiaro: “tu non puoi più correre, le tue ginocchia non ce la fanno”.

Ed è crollato il mondo.

No. È scattata la molla. Ho pensato: “Adesso ti faccio vedere che posso correre e anche ad un buon livello”. Ho recuperato con la fisioterapia e ho puntato alla maratona. Poi mi sono ridimensionato: per il mio problema era troppo. Dovevo trovare una sfida ma evitare la corsa esasperata. Così ho scelto il Triathlon: mi piacevano bici, corsa e nuoto e mi sono innamorato subito.

SOMMARIVA - Copia

Come ti alleni?

Mi segue Andrea Gabba, tecnico della nazionale turca. Avevo bisogno di capire come impostare la preparazione: ho iniziato un percorso che prevede sei sessioni a settimana. Uso il giorno di riposo per allungarmi e aiutare la mia schiena con il Pilates.

Ti alleni quanto un professionista.

…ma devo portare avanti una famiglia e il lavoro mi impegna dalle 7 alle 7 tutti i giorni. Il Triathlon mi costa sacrifici enormi: pedalate in pausa pranzo o corse alle 5 del mattino o alle 10 di sera quando la bambina dorme. Noi amatori rispetto agli olimpionici dobbiamo metterci lo stesso impegno e la stessa fatica, ma in più combattere con i doveri di una persona normale: serve una grande passione.

Chi sono i tuoi modelli sportivi?

Nessuno di famoso, ma chi fa bene il proprio mestiere e “sacrifica” il tempo libero per lo sport.

Tra pochi giorni sarai in gara anche tu.

Sì, ho 39 anni e saranno i miei primi World Master Games. Li ho scoperti per caso un anno fa. Inizierò con il Duathlon, poi ci sarà il Triathlon la settimana prossima: non vedo l’ora. Si correrà al Valentino e sarò di casa, abito molto vicino e lo frequento spesso.

Il prossimo traguardo?

L’obiettivo, lontano –andiamo per gradi-, è l’Iron Man.

Ti piace sfidare i  tuoi limiti…

Ho lasciato il calcio a 25 anni: lo facevo solo per divertirmi. Mi piaceva il gioco e non la preparazione. Dopo i 30 anni è cambiato qualcosa (e lo vedo anche nei miei amici): dal bisogno di divertimento sono passato alla voglia di mettere alla prova il mio fisico.  È un nuovo approccio mentale all’attività sportiva, più complesso.

Il Triathlon ti impone un ritmo massacrante, mentre il golf è uno sport più statico, tanto che alcuni non lo considerano tale. Che idea ti sei fatto, praticando entrambi?

Lo spiego sempre così, con un’immagine. Dopo una giornata di golf ero stremato, non avevo neanche più la forza di uscire a cena. Dopo una gara di Triathlon sono contento, eccitato, stanco, ma non esausto. Con una doccia sono pronto per la serata! Nella mia vita è stato più faticoso il golf: richiede uno sforzo mentale e quindi fisico pazzesco. Nessuno mi crede mai…

Come hai conosciuto Vitalia?

Girovagando su Twitter. Ho visto che state seguendo i WMG e poi  ho trovato qualche link al vostro blog. Ho letto alcuni articoli e mi sono piaciuti. Bravi!

Sei uno sportivo 2.o?

Abbastanza. Seguo soprattutto blog e forum sul Triathlon e la corsa, e dove sono competente cerco di partecipare. Il web è una grande risorsa per imparare e migliorarsi, anche nello sport.

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Facciamoci un caffè e una sigaretta. O no?

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Caffè e siga sembrano essere il modo più in voga tra gli studenti per prendere fiato tra una sessione di studio e l’altra.

Il binomio viene associato ad un momento di stacco gratificante che dovrebbe aiutare a sciogliere la tensione e a ricaricarsi per la successiva tirata.

Ma è proprio così? Siamo sicuri che l’accoppiata non abbia un lato oscuro della medaglia?

Il caffè, da solo ed in quantità moderate, 2-3 al giorno, aiuta in effetti ad innalzare il livello di attenzione e la soglia di stanchezza.  Ciò perché la caffeina favorisce il rilascio di adrenalina e noradrenalina, catecolamine che aumentano le performance muscolari e psichiche.

Questa quantità di caffeina  non espone l’organismo a potenziali rischi.

Fin qui tutto bene.

Quando però si associa il caffè alla sigaretta, l’effetto risulta essere dannoso in maniera esponenziale provocando un aumento della pressione arteriosa e della rigidità della parete delle arterie.

In altre parole si crea un notevole stress all’apparato cardio-circolatorio.

Anche lo stomaco è bersagliato dalle sostanze chimiche contenute che possono far insorgere o peggiorare disturbi come la gastrite.

Ma perché caffè e sigaretta vanno così spesso insieme?

Dai dati dei vari studi epidemiologici condotti sembra che la possibile correlazione tra caffeina e nicotina sia più complessa di una semplice interazione farmacologica e comprenda l’interazione tra gli stimoli organolettici e sensoriali prodotti dalla bevanda contenente caffè e le sensazioni “piacevoli” prodotte dal fumo di sigaretta.

In conclusione, cari studenti, prendetevi pure un caffè che vi renda belli pimpanti, ma non accendete la sigaretta, fatevi piuttosto due passi per sciogliere la muscolatura di schiena e gambe.

 

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Prevenzione in azienda

La salute dell’individuo deve essere basata sulla prevenzione e la prevenzione deve essere attuata anche e soprattutto nel luogo di lavoro, ovvero dove la maggior parte di noi passa la quantità di tempo più importante della giornata.

Con questa consapevolezza Vitalia ha messo a punto un innovativo check up che viene svolto sul luogo di lavoro in poco più di mezz’ora e che è in grado di fotografare con precisione la situazione del collaboratore.

Funziona così.

business

Coloro che aderiscono, la mattina prestabilita si presentano a digiuno per la misurazione di glicemia e colesterolo.

Quindi si raccolgono le informazioni relative alla storia clinica della persona, si misurano peso e massa grassa distrettuale, circonferenza vita e volumi e flussi polmonari con spirometria.

Si passa quindi alla valutazione kinesiologica per individuare eventuali squilibri posturali che potrebbero causare l’insorgenza di patologie della schiena e della spalla, le zone più a rischio per chi svolge un’attività sedentaria.

Infine, il check up prevede misurazione della pressione, visita clinica ed un innovativo elettrocardiogramma che permette di individuare il livello di stress sul sistema cardiovascolare.

Al termine, viene consegnato ad ognuno un dettagliato referto con i dati personali, i suggerimenti per modificare gli eventuali fattori di rischio ed un piano di esercizio personalizzato.

Il servizio, partito da 5 anni, è stato già effettuato presso Nokia, DeAgostini, Utet, Maire Engineering ed ora Edison .

In tempi di crisi, l’investimento sulla prevenzione è vincente.

Scienze motorie e salute

Massimo Massarini è specialista in Medicina dello Sport. In qualità di responsabile medico ha partecipato alla  America’s Cup 1987 e 1992 e ha lavorato presso Technogym nella progettazione di attrezzature per la valutazione e l’allenamento. Nel 2005 ha aperto a Torino “Vitalia”, una società orientata al benessere ed alla prevenzione attraverso l’attività fisica.

basket

Dottor Massarini, qual è la condizione atletica dei giovani torinesi?

I miei pazienti sono quasi tutti agonisti quindi il mio giudizio riguarda solo uno spaccato dei cosiddetti “sportivi”. Registro una scarsa preparazione fisica generica: i ragazzi oggi si specializzano sin dall’infanzia in  una disciplina ma trascurano i gesti fondamentali (correre, saltare, strisciare, arrampicarsi, rotolare…), che si dovrebbero allenare in maniera naturale attraverso il moto spontaneo. Questa carenza è il risultato della sedentarietà a cui li abbiamo abituati, complici il contesto urbano in cui crescono e le ossessive apprensioni dei genitori. Per stare bene un adolescente deve condurre una vita il più possibile attiva e sana (camminare, giocare all’aperto, correre, sfogarsi ogni giorno, in più momenti e per più di mezz’ora in tutto), non bastano i tornei di tennis o le gare di sci.

Scuola e salute: prevenire o curare?

La scuola ha il compito di educare i ragazzi e quindi deve dare loro anche insegnamenti sulla salute. Servono innanzitutto misure concrete: più intervalli nella mattinata, distribuzione delle ore di educazione fisica in due giorni diversi (in modo da garantire a tutti un minimo di due occasioni per muoversi alla settimana), maggior insistenza sull’importanza di colazione e merenda (il cervello è una macchina e funziona a zuccheri, se non ne riceve il suo rendimento cala). Una volta presi questi accorgimenti, e solo allora, possiamo aggiungere le lezioni su droghe, alimentazione e tabagismo.

Qual è la ricetta per un buon corso di educazione fisica?

Gli studenti devono consolidare l’apprendimento della motricità di base: ai docenti il compito (arduo!) di seguire programmi adattabili ai diversi livelli atletici degli allievi. Quanto ai test, credo che la lezione vada intesa come un tempo per l’allenamento e che il professore dovrebbe valutare i progressi del singolo ragazzo durante l’anno (non giudicarne le prestazioni con una tabella di riferimento). Infine mi sembra necessario rivedere l’aspetto teorico della materia integrando lo studio delle scienze motorie con alcuni elementi di medicina di base. Penso ad una collaborazione stretta tra professori di educazione fisica  e di scienze, per rendere più interessanti e concrete entrambe le discipline: perché non utilizzare qualche ora di ginnastica per approfondire l’anatomia umana? La palestra è un luogo privilegiato per verificare con l’esperienza i meccanismi del nostro corpo.

Campioni in bilico tra libri e pallone: come trovare l’equilibrio giusto? 

Facciamo chiarezza: i potenziali “campioni” sono quegli atleti che gareggiano, in età scolare, a livello nazionale. Il discorso per loro è molto complesso (ci sono sport incompatibili con una frequenza regolare delle lezioni), ma rappresentano una minoranza. Per tutti gli altri agonisti l’impegno è massiccio e quotidiano ma può essere coniugato con uno studio serio e regolare. Non c’è antitesi: la competizione con i sacrifici che comporta è uno stimolo prezioso per la crescita di un adolescente ed è molto più formativa della pratica amatoriale (la gara è una fine metafora della vita). Quindi è grave che scompaiano i gruppi sportivi e si riempiano le palestre, come sta accadendo: la sala pesi fine a se stessa è una prediscoteca, dove ci si allena esclusivamente per essere più belli. Tocca alla scuola limitare i danni della civiltà dell’estetica: c’è differenza tra un sabato sera di sbronze e una sveglia all’alba per gareggiare. Almeno sul piano morale gli atleti diligenti vanno premiati, incoraggiati ed elogiati come esempio per i compagni.

 

Articolo tratto da Lucia Caretti, “Scienze motorie e salute” in “Il nostro tempo”, Domenica 25 dicembre 2011, Anno 66, num. 45, pg. 17.

In forma alla “gara” degli esami

Arrivano gli esami per tutti: per i quattordicenni che affrontano la licenza media, per i diciannovenni che si cimentano con la prova di maturità, per gli universitari alle prese con la sessione estiva.

Studio, ripasso, esercitazioni, forcing finale… ma siamo sicuri che il fisico sia al meglio? Ogni esame è in fondo una gara in cui lucidità, prontezza e attenzione devono essere al massimo.

Pensiamo allora a come far sì che la preparazione venga esaltata da alcune semplici regole di vita che riguardano alimentazione ed esercizio.

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  1.  Il cervello si alimenta di zuccheri: è quindi importante che il livello di glicemia rimanga il più possibile costante nell’arco della giornata. Quando ciò succede si è al meglio delle capacità di apprendimento e memorizzazione.
  2. Iniziare la giornata con una bella prima colazione con cereali, o pane tostato integrale  e crema di frutta secca, yogurt frutta e caffè o tè.
  3. Fare piccoli spuntini a metà mattina e pomeriggio, può andare bene  1 frutto o frutta secca.
  4. Non eccedere con i caffè, 2 al giorno sono la dose da non superare. Red Bull vietata o da tenere come cartuccia da sparare in caso di emergenza.
  5. Mangiare pranzo e cena leggeri, molta verdura e pasta/riso integrali  a pranzo , 1 secondo di carne magra o pesce o proteine vegetali, a cena.
  6. Dormire almeno 7 h per notte.
  7. Continuare a fare un po’ di attività fisica: 30’ di corsetta o una nuotata o un giretto in bici fanno bene al cuore ed alla testa. Stare fermi tutto il giorno è dannoso.
  8. Attenti alla postura durante le ore di studio: pc davanti e non di lato, poltroncina con supporto lombare o seduti sulla palla.
  9. Alzarsi a sgranchirsi le gambe e la schiena ogni mezz’ora.

In bocca al lupo!