Diaframma, il muscolo del respiro, il muscolo della postura

Il diaframma toracico

Il diaframma toracico è il muscolo respiratorio per eccellenza, e come tale compie la sua azione (abbassamento della sua porzione centrale in inspirazione ed un ritorno durante l’espirazione) durante ciclo respiratorio.

Il diaframma è posto come una cupola che suddivide la cavità toracica (superiore) da quella addominale (inferiore). Durante la respirazione la sua azione ha un ruolo sulle pressioni di questi due “contenitori”. In inspirazione l’azione del diaframma aumenta la pressione nella cavità addominale, diminuendola invece nella cavità toracica e facilitando quindi l’ingresso di aria nei polmoni.

 

Respirazione, ma non solo

In aggiunta alla sua funzione primaria (appunto quella respiratoria), per via dei suoi aspetti anatomo-funzionali, il diaframma svolge una serie di attività molto complesse. Esse spaziano dal controllo posturale statico e dinamico, all’anticipazione delle gestualità motorie, dall’agevolazione della fonazione al supporto del controllo digestivo e circolatorio.

Ma oltre ad agire su di una serie di componenti, subisce anche l’influenza di eventi stressanti o di situazioni emotivamente importanti.

Ecco come il diaframma toracico risulta così importante e complesso per gli aspetti funzionali e posturali.

Le correlazioni del diaframma

Il diaframma si trova al centro di una serie di strutture finemente dedicate al controllo posturale. Infatti, il diaframma è direttamente connesso con le sue porzioni tendinee al passaggio dorso-lombare. In questo tratto si svolge lo svincolo delle catene crociate, ossia il movimento di rotazione opposta tra il torace ed il bacino (schema necessario nella deambulazione e nella corsa).  Inoltre, le inserzioni tendinee del diaframma giungono alle vertebre lombari (da L1 a L4).

Anche dal punto di vista muscolare le relazioni anatomiche sono molteplici. Infatti il diaframma è in stretta connessione con i muscoli psoas e quadrato dei lombi, che rivestono un ruolo fondamentale nella mobilità del bacino e nella “compressione” della regione addominale. Oltre ad avere relazioni dirette con i muscoli addominali (trasverso dell’addome in primis) e della colonna lombare (multifido).

Risulta quindi chiaro che il diaframma non possa essere visto come una struttura a sé stante, ma in stretta e sinergica relazione con una serie di componenti muscolari e articolari che giocano un ruolo fondamentale nel mantenimento della stabilità posturale e nella corretta mobilità del bacino e degli arti.

Le disfunzioni del diaframma

In molti casi viene perso l’automatismo della respirazione diaframmatica, attuando invece una respirazione di tipo toracico. Questo tipo di respirazione risulta meno efficiente e crea spesso disordini o dolori alle spalle e al tratto cervicale della colonna. In molti casi, la causa di una respirazione “alta” cioè di tipo toracico (e non “bassa” cioè di tipo diaframmatico) è ascrivibile alle difficoltà di attivazione del diaframma o a condizioni di rigidità del diaframma stesso o del tratto dorso-lombare della colonna. Una difficoltà di attivazione o una rigidità del diaframma possono comportare importanti alterazioni a carico della postura, fino a giungere all’insorgenza di vere e proprie patologie, quali le lombalgia e le cervicalgie croniche.

Dal punto di vista osteopatico il diaframma può subire delle disfunzioni legate alla sua naturale mobilità. Ovvero può ridurre il suo range di movimento in abbassamento (inspirazione) o nel ritorno (espirazione), o entrambi. La riduzione di mobilità comporta anche un aumento della “rigidità” del muscolo, causando ripercussioni a livello muscolo-scheletrico delle componenti ad esso connesso per via diretta ed indiretta.

Come risolvere le disfunzioni diaframmatiche e mantenerne la piena funzionalità?

Una disfunzione del diaframma ha bisogno di essere trattata. Il trattamento manuale consiste nel “liberare” il diaframma e le sue porzioni tendinee dalle tensioni di natura posturale o derivanti da eventi stressanti, che possono limitare la funzionalità del diaframma stesso ed inficiare la biomeccanica della colonna. Parliamo di trattamenti manipolativi osteopatici che si sono già dimostrati utili in molti studi (es. Gonzalez-Alvarez, et al., 2016) e consentono, tramite una dolce pressione sulla cupola diaframmatica, di individuare e ridurre la tensione nelle porzioni diaframmatiche in restrizione.

Questo approccio ha il duplice vantaggio di agire direttamente sul diaframma garantendone una maggiore funzionalità, ma anche di lavorare in maniera indiretta sulla fitta rete di relazioni muscolo-scheletriche del diaframma, garantendo una migliore mobilità dell’intero tratto dorso-lombare.

A seguito del trattamento manipolativo osteopatico è utile svolgere esercizi di attivazione della respirazione diaframmatica ed eventualmente un allenamento specifico per la resistenza della muscolatura respiratoria.

Per l’attivazione diaframmatica, di solito vengono svolti semplici esercizi in cui, partendo dalla posizione in decubito supino, con le gambe piegate, i piedi in appoggio sul terreno, e le mani posizionate sull’addome, si compiono alcune respirazioni profonde cercando, durante la fase inspiratoria, di gonfiare l’addome e percepire la muscolatura diaframmatica che si abbassa. In fase espiratoria invece l’addome si deve contrarre, permettendo al diaframma di ritornare alla posizione neutra.

Una volta presa coscienza dell’attivazione del diaframma partendo dalla posizione supina, è possibile svolgere esercizi simili ma dalla stazione seduta e da in piedi, in modo da percepire le differenze di attivazione in base alla postura mantenuta.

 

Quando l’attivazione del diaframma e la respirazione addominale diventano di facile gestione, può essere utile, allenare in maniera specifica il diaframma (esattamente come alleniamo altri gruppi muscolari). Bisogna ricordare che il diaframma è un muscolo posturale tonico, che necessita di un allenamento della sua capacità di resistenza e non di massima espressione di forza. Per poter ottenere questi risultati esistono strumenti (come lo SpiroTiger) che sfruttano il meccanismo dell’iperpnea (aumento della ventilazione polmonare) isocapnica (mantenimento dei livelli di anidride carbonica). Questi sistemi hanno il grande vantaggio di poter allenare in maniera specifica il diaframma anche per tempi molto prolungati, evitando di incorrere in “giramenti di testa” o nella compensazione della muscolatora respiratoria accessoria. Inoltre, offrono la possibilità di modificare ed adattare i parametri di frequenza respiratoria, garantendo quindi un allenamento del diaframma ad intensità (es. frequenza respiratoria simile a quella di gara) e con volumi respiratori differenti.

Questa fase risulta molto importante per garantire la massima funzionalità ed efficienza del diaframma durante lo sforzo.

Una serie di attività che consentono di eliminare le disfunzioni, migliorare l’attivazione ed infine allenare nello specifico uno dei muscoli più importanti del nostro organismo, migliorando lo stato di salute e ridurre il rischio di infortuni o alterazioni posturali.

I muscoli del runner. L’importanza della preparazione muscolare

Ogni runner sa bene che ogni kilo di peso in più comporta una riduzione della performance, bisogna però distinguere se quel peso in più è costituito da grasso o da muscoli. Nel primo caso non c’è dubbio: la massa grassa ostacola la performance. Se invece pensiamo al muscolo, dobbiamo considerare che esso rappresenta un vantaggio sotto molteplici aspetti, una buona muscolatura previene infatti gli infortuni proteggendo legamenti ed ossa, trattiene l’acqua mantenendo un buon livello di idratazione ed è fondamentale per mantenere una buona postura ed efficienza di corsa.

Nonostante queste buone ragioni, l’allenamento di forza è spesso trascurato e si tende a privilegiare l’allenamento della corsa trascurando il resto. Soprattutto coloro che iniziano a correre in età matura seguono il solito percorso: iniziano ad aumentare il kilometraggio, ottengono miglioramenti, intensificano ancora il programma e… spesso incorrono in infortuni.

Ecco perché spiegare i benefici dell’allenamento della muscolatura può convincere molti podisti a inserire qualcosa di diverso nella pianificazione settimanale.

Protezione di ossa e tendini

I muscoli agiscono come degli ammortizzatori; per fare un esempio, se un’auto ha gli ammortizzatori scarichi, sarà molto probabile che si rompa percorrendo una strada dissestata. Anche nel corpo umano succede qualcosa di simile: muscoli deboli trasmettono tutte le sollecitazioni degli impatti col terreno ai tendini ed all’ossatura creando a volte patologie da sovraccarico come le tendiniti o le fratture da stress.

Tendine d’Achille, rotuleo l’inserzione dei femorali sono le aree in cui più sovente si manifestano processi infiammatori che spesso vengono trattati con farmaci, terapie strumentali e riposo, non considerando invece che il rinforzo della muscolatura potrebbe essere un’ottima arma di prevenzione e di recupero. Infatti una muscolatura forte ed al contempo elastica è la miglior protezione del tendine dalle forze generate dall’impatto.

 

Ciò è valido anche nella prevenzione delle fratture da stress della tibia e delle ossa del piede in quanto il tono muscolare previene la perdita di compattezza dell’osso come l’osteopenia e l’osteoporosi che sono situazioni predisponenti alla frattura da stress

 

 

 

 

 

Idratazione

L’acqua contenuta nel corpo è importante per il mantenimento di uno stato di salute ottimale e per la performance, soprattutto l’acqua intracellulare, quella che si trova all’interno delle cellule. I muscoli rappresentano il tessuto che maggiormente può contribuire alla conservazione dell’acqua e ciò enfatizza la necessità di averne una buona quantità, se infatti il muscolo è ipotrofico ci saranno poche cellule e di conseguenza sarà scarsa la sua capacità di trattenere acqua: bere servirà a poco perché l’acqua ingerita sarà eliminata con le urine senza mantenere un buon livello di idratazione. Negli allenamenti e nelle gare lunghe, specialmente con temperature elevate, avere un buon quantitativo di acqua nell’organismo è fondamentale per mantenere il livello di performance.

Mantenimento della postura ed efficienza del gesto

Osservando i partecipanti ad una mezza o ad una maratona, si potrà notare che nella seconda parte della gara subentrano spesso delle alterazioni importanti nella lunghezza e frequenza del passo e nella stabilità del tronco. Questi cambiamenti sono causati da un progressivo affaticamento muscolare. La perdita di efficienza muscolare comporta quindi una diminuzione dell’efficienza della corsa.

La debolezza della muscolatura addomino-lombare (core) comporta un’oscillazione antero-posteriore e laterale del tronco con conseguenti spostamenti del centro di massa che a loro volta richiedono un maggior lavoro di compenso per la stabilizzazione a carico degli arti inferiori e il rischio di sovraccarico per la colonna vertebrale e delle sue strutture fibro-cartilaginee. L’affaticamento dei muscoli delle gambe si manifesterà con una diminuita capacità di utilizzare l’energia elastica che dovrebbe essere accumulata nella fase di impatto e restituita nella fase di spinta. Il muscolo affaticato lavora quindi molto poco per sfruttare l’elasticità dei tendini. Si evince che l’affaticamento comporta un allungamento dei tempi di contatto con il suolo e richiede un lavoro aggiuntivo dell’anca, del ginocchio e della caviglia per mantenere la stabilità.

Cosa fare per rinforzare la muscolatura del runner

SI è parlato all’inizio dell’importanza di contenere il peso del runner, è quindi sbagliato aumentare molto la massa muscolare. D’altro canto, abbiamo elencato i benefici di una muscolatura allenata, vediamo quindi quale può essere un buon programma di forza per chi corre.

Obiettivi del programma di allenamento

1 Allenare la muscolatura del core: plank, torsioni e estensioni della colonna sono gli esercizi base. Il suggerimento è quello di aumentare la difficoltà togliendo un appoggio della gamba o di un braccio durante gli esercizi.

 

 

 

 

 

 

2 Curare la forza generale fuori stagione: dedicare qualche settimana al training di forza di base con gli esercizi classici della pesistica è un’ottima scelta. Mezo squat, bench press, dead lift and clean & jerk e clean & press sono gli esercizi di base che devono però essere eseguiti con la supervisione di un trainer esperto.

3 Allenare le catene cinetiche e non il singolo muscolo: il gesto della corsa coinvolge molti muscoli ad ogni passo e richiede il rapido passaggio dalla fase di contrazione eccentrica a quella concentrica. E’ perciò consigliabile, dopo la fase di forza generale, introdurre esercitazioni basate su esercizi dinamici che coinvolgano sia la parte superiore che la parte inferiore del corpo per curare anche gli aspetti coordinativi e funzionali del gesto.

 

 

PosturalCheck – la valutazione posturale integrata di Vitalia

Anche in questo periodo di isolamento e quarantena è utile mantenere o migliorare il proprio atteggiamento posturale. Questo per evitare di incorrere in disfunzioni e patologie a carico del sistema muscolo-scheletrico. Ma cos’è la postura? E come fare a valutarla? In questo articolo vi spieghiamo la “nostra formula” ovvero il #PosturalCheck.

Postura

La postura è definita come la posizione che il nostro corpo assume nello spazio. Rappresenta l’adattamento al carico da gestire (forza di gravità), agli squilibri muscolo-scheletrici, ed a tutti gli eventi interni ed esterni che possono interagire con il nostro organismo.

L’atteggiamento del nostro corpo è garantito dal sistema posturale, che è un insieme complesso di strutture appartenenti al sistema nervoso (centrale e periferico) e muscolo-scheletrico.

Non esiste una postura completamente simmetrica o in equilibrio (che renderebbe il nostro corpo statico senza nessuna possibilità di movimento) ma esistono strategie di compenso posturale che possono essere gestite al meglio senza causare alcun tipo di problema. In altri casi invece, il corpo, avendo “finito” le possibilità di compenso, tende a sovraccaricare una struttura specifica dell’organismo portando a lungo andare una condizione disfunzionale e alla patologia.

Per questo motivo, anche in assenza di sintomi o problematiche, è utile svolgere con una certa frequenza (in base alla tipologia di sforzi e attività che si svolgono quotidianamente) una valutazione posturale.

Perchè il postural check?

Il postural check non mira ad identificare ogni singola asimmetria o squilibrio posturale, ma deve in maniera più dettagliata e fine, individuare le strategie del complesso adattamento posturale individuale e definire se e dove la postura presenta uno scompenso (o disfunzione).

Svolgere una tale valutazione posturale ha la principale finalità di prevenire disfunzioni, sintomi e l’instaurarsi di patologie da sovraccarico funzionale.

Sia per gli sportivi che non questa passaggio risulta quindi di grande rilevanza.

Come avviene una valutazione posturale?

La nostra “formula” per una valutazione posturale funzionale è piuttosto complessa ed è costituita da diversi passaggi.

1. Simmetria statica. La prima fase è composta da una serie di misurazioni sulla simmetria posturale in postura statica. Con una serie di fotografie (di fronte, di spalle e dai due lati, in flessione ed in estensione) e grazie ad un software dedicato analizziamo e misuriamo gli angoli, le distanze e le simmetrie dei segmenti articolari. In particolare rivestono molta importanza le altezze dei gran troncateri, delle spine iliache (anteriori e posteriori) degli angoli scapolari e delle spalle. Valutiamo poi in maniera quantitativa la proiezione della statica (anteriore o posteriore), i compensi a livello di anca, bacino e colonna, gli shift laterali di sacro e cranio e le inclinazioni a livello dei diaframmi.

Questa prima fase ci permette di identificare aree che presentano una alterazione di simmetria e situazioni di scompenso.

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Test di mobilità. E’ svolta facendo eseguire alcuni movimenti che permettono di identificare le aree in restrizione di mobilità. Vengono svolti movimenti attivi per la valutazione della componente articolare (flessione anteriore del tronco, flessione laterale del tronco, rotazioni della colonna, flessione dell’anca ecc). Durante questi test l’analisi video è ortientata allo svolgimento del movimento analizzando le fasi in cui si mettono in atto compensi posturali o in cui il movimento risulta meno “pulito”. 

3. Analisi del passo. In ultima analisi viene svolto un test di cammino che con l’uso di software dedicato, indica i parametri della gait analisys, quali i tempi di contatto dei piedi sul terreno, la lunghezza del passo. Con questo test otteniamo la valutazione funzionale per eccellenza, individuando come lo schema posturale globale si adatti alla deambulazione.

In conclusione

Una volta conclusi tutti questi test abbiamo a disposizione una serie molto ampia di dati, che con la giusta interpretazione consentono di avere una situazione molto dettagliata e precisa della condizione posturale.

Si parte dai test più statici per arrivare a quelli più dinamici e funzionali, perché secondo la nostra visione la valutazione posturale deve focalizzarsi sull’adattamento dell’individuo ai compiti di vita quotidiana e non solamente analizzare asimmetrie dei segmenti articolari.

Una volta completato il postural check, viene redatto un report di individuale ed in caso di situazioni da risolvere o trattare, viene proposta una serie di esercizi di natura posturale.

Una buona salute passa anche dalla buona conoscenza della propria postura.  Ecco perchè un postural check ben studiato e completo è in grado di fornire moltissime informazioni utili per poter migliorare la propria condizione fisica e per prevenire sintomi dolorosi, disfunzioni o patologie.

Rieducazione Posturale Globale: come migliorare la postura ci aiuta a vivere meglio

La postura è definita come la disposizione delle varie parti del corpo all’interno di uno spazio.
La postura è una caratteristica individuale che varia per ogni persona. Essa ha dei tratti comuni a tutti gli esseri umani ma è influenzata da aspetti personali, situazioni di dolore o semplicemente abitudini errate.
Una postura errata provoca una non perfetta efficienza biomeccanica del corpo, con conseguenti patologie dolorose.

Che cos’è la RPG: Rieducazione Posturale Globale

La RPG è un metodo riabilitativo che si basa sul concetto della bipolarità muscolare, ovvero considera le differenze tra le funzioni muscolari statiche e dinamiche. Queste differenze possono essere di tipo anatomico, metabolico o funzionale.

Questo metodo fisioterapico è stato sviluppato da Philippe Souchard nel 1981. Ad oggi è però estremamente attuale in quanto considera il corpo nella sua globalità, con un approccio olistico che non si limita alla sola parte dolente ma mira a ristabilire un equilibrio nel paziente.

All’interno di Vitalia, i terapisti utilizzano con successo questa tecnica con moltissimi pazienti, aiutandoli sia in caso di patologie dolorose sia nella performance sportiva.

 

Seduta di RPG a distanza con un atleta della nazionale giovanile di arrampicata sportiva

Secondo i principi della RPG, la funzione muscolare statica è la principale responsabile degli atteggiamenti posturali errati, causa e/o conseguenza di disfunzioni meccaniche dolorose.
La RPG utilizza alcune posture attive che vanno a reclutare diverse catene muscolari di tutto il corpo. La muscolatura viene attivata con delle contrazioni isometriche (che mantengono invariata la lunghezza del muscolo) ed eccentriche a lunghezza muscolare crescente (che offrono una resistenza muscolare a delle forze esterne). In questo modo, il terapista vuole ottenere una riduzione del meccanismo patologico muscolare che causa nel paziente retrazione tendinea e ipertono, con conseguente dolore ed errata postura.

Gli obiettivi della RPG

La Rieducazione Posturale Globale ha come obiettivo la riprogrammazione e la riarmonizzazione della postura della persona, contenendo la rigidità ed i dolori dell’apparato muscolo-scheletrico.
Essa permette di prendere coscienza di ciò che il corpo è in grado di comunicare riguardo le forme e le condizioni di muscoli ed articolazioni, individuando le tensioni muscolari che alterano la normale simmetria corporea.
Il trattamento posturale si pone obiettivi a medio-lungo termine. Non sempre occorre correggere immediatamente una postura squilibrata.
Ad esempio, talvolta una postura squilibrata è il risultato di una posizione antalgica, ovvero la ricerca inconscia del fisico di una posizione che lenisca un dolore localizzato in un segmento corporeo. Correggere la postura nella fase in cui il paziente è dolorante, non farebbe altro che accentuare tale discomfort ed incrementare lo squilibrio posturale. Occorre quindi, in una prima fase, assecondare lo squilibrio posturale per poi poter intervenire su di esso quando il dolore sarà regredito. In questa seconda fase, infatti, il paziente comincerà a recuperare autonomamente una postura corretta, ed il compito del fisioterapista sarà quello di intervenire per accompagnare e facilitare questa normalizzazione.

Come si svolge una seduta di RPG

Le sedute sono individuali e prevedono:
• un lavoro attivo da parte del paziente per mantenere la posizione di allungamento impostata dal terapista,
• l’intervento manuale del terapista per correggere tutti i compensi che la messa in tensione globale rileverà.

La messa in tensione globale (la postura finale che si vuole ottenere) non può essere ottenuta subito ad inizio seduta.
In una prima fase, il fisioterapista deve “accettare” le tensioni del paziente, il cui corpo si rivelerà reticente nel mettere in pratica le richieste del professionista. Nella fase finale della seduta le parti si invertiranno ed il paziente sarà in grado di accettare ciò che viene richiesto dal fisioterapista per raggiungere la postura richiesta con meno compensi possibili.
Nonostante l’allungamento muscolare possa dare spesso delle sensazioni sgradevoli, esso è necessario per raggiungere lo scopo della seduta.
È fondamentale che il fisioterapista ed il paziente dialoghino. Il paziente deve comunicare le sensazioni che prova, guidando così le scelte consapevoli del terapista. Egli potrà quindi propendere per una sospensione momentanea della progressione della postura, correggendo le tensioni muscolari per poi procedere nuovamente con la fase di allungamento.
Occorre fare molta attenzione alla comparsa di compensi durante gli allungamenti in globalità. Spesso, il paziente cerca di “scappare” da una postura che gli viene richiesta: compito del terapista è quello di eliminare i compensi, riportando il paziente nella postura corretta per continuare la seduta. Il terapista utilizza la sua manualità per sentire dove intervenire in modo preciso, fare la correzione che ritiene opportuna ed ottenere sul corpo del paziente tale correzione.
A seconda della catena neuromuscolare su cui si vuole intervenire si deciderà la postura più adeguata per il trattamento.

Le posture si dividono in quattro famiglie:
• apertura coxo-femorale, braccia addotte
• apertura coxo-femorale, braccia abdotte
• chiusura coxo-femorale, braccia addotte
• chiusura coxo-femorale, braccia abdotte

Ricordiamo che l’articolazione coxo-femorale corrisponde all’articolazione dell’anca.

 

P. Souchard
Rieducazione posturale globale RPG – Il metodo;
ELSEVIER

All’interno della stesso gruppo di posture, il fisioterapista sceglie, a seconda dell’obiettivo terapeutico, se utilizzare una postura in scarico (con il paziente sdraiato supino) oppure in carico (con il paziente seduto od in piedi).
Le postura in decubito dorsale (supine) sono utilizzate maggiormente per pazienti in età avanzata oppure che presentano una prevalenza di dolore. Le posture in carico sono invece più attive ed impegnative e richiedono un ottimo controllo motorio da parte del paziente stesso.
Normalmente, durante una stessa seduta si utilizzano due posture, intervallate da una piccola pausa.

La frequenza consigliata è:
• in caso di problematiche dolorose: bisettimanale, per poi passare a settimanale con il progressivo miglioramento della sintomatologia
• in caso di dismorfismi: settimanale

L’importanza del tempo

Come già detto, la RPG richiede tempo: il tempo è il mezzo, non il fine di questa tecnica.
Esso è fondamentale perché tutte le parti che compongono la catena muscolare trattata durante la seduta possano essere messe progressivamente in tensione.
L’allungamento muscolare è legato al concetto di fluage, ovvero l’allungamento definitivo che è proporzionale al tempo di trazione. Questo vuol dire che più a lungo verrà mantenuto l’allungamento, migliore sarà il risultato di allungamento sulla catena muscolare, riducendo così la tensione.

Si capisce quindi perché la RPG richieda lentezza, delicatezza e gradualità.

 

Bibliografia

P. Souchard Rieducazione posturale globale RPG – Il metodo; ELSEVIER

P. Souchard Basi del metodo di rieducazione posturale Globale. Il campo chiuso. Ed. Marrapese

Lawand P, Lombardi Júnior I, Jones A, Sardim C, Ribeiro LH, Natour J.
Effect of a muscle stretching program using the global postural reeducation method for patients with chronic low back pain: A randomized controlled trial.
Joint Bone Spine. 2015 Jul;82(4):272-7. doi: 10.1016/j.jbspin.2015.01.015. Epub 2015 Apr 13.

Oliveri M, Caltagirone C, Loriga R, Pompa MN, Versace V, Souchard P.
Fast increase of motor cortical inhibition following postural changes in healthy subjects.
Neurosci Lett. 2012 Nov 14;530(1):7-11. doi: 10.1016/j.neulet.2012.09.031. Epub 2012 Sep 28.

Paolucci T, Attanasi C, Cecchini W, Marazzi A, Capobianco SV, Santilli V.
Chronic low back pain and postural rehabilitation exercise: a literature review.
J Pain Res. 2018 Dec 20;12:95-107. doi: 10.2147/JPR.S171729. eCollection 2019. Review

 

 

Cosa fare quando lo stress è alto: piccole strategie per resistere alla clausura

L’attuale situazione caratterizzata dall’emergenza Covid19 è causa di forte stress per tutti noi: incertezza sul futuro, mancanza di contatti sociali, alterazioni delle abitudini quotidiane e vita sedentaria concorrono a creare una serie di fattori negativi che possono incidere sulla salute mettendo il sistema nervoso sotto attacco.

Per meglio comprendere come lo stress può trasformarsi in vere e proprie patologie è bene iniziare a capire cosa regola gli organi e gli apparati del corpo umano.

La nostra “centralina elettronica”

Così come in un’auto moderna, anche il corpo umano è governato da una “centralina elettronica”. Nel nostro caso si tratta del sistema neurovegetativo (SNA) che riceve informazioni e che, dopo averle elaborate, invia segnali ai vari organi e apparati. Molti fattori possono agire alterandone l’equilibrio: stress acuto e cronico, alterazione dei ritmi del sonno, sedentarietà o eccesso di esercizio, alterazioni dell’alimentazione, alcool, fumo, per citarne alcuni. (1)

Il SNA è costituito da 2 strutture, il simpatico ed il vago, che interagiscono continuamente nell’arco della giornata e delle circostanze per far sì che l’organismo si adatti alle molteplici situazioni che si trova a dover fronteggiare.

Ad esempio, se ci si trova a dover fare uno sforzo improvviso, come salire una rampa di scale velocemente, il simpatico manderà stimoli al cuore, ai polmoni e al sistema endocrino per mettere il corpo in condizione di portare sangue, ossigeno e nutrienti ai muscoli che permetteranno di eseguire il gesto; se invece abbiamo consumato il pasto serale, il vago invierà stimoli all’apparato gastro intestinale per facilitare la digestione ed abbasserà il livello di attenzione per favorire il riposo notturno.

In sintesi possiamo semplificare dicendo che il simpatico è l’acceleratore ed il vago è il freno del nostro organismo.

In una situazione di benessere e di allenamento i due sistemi interagiscono in maniera ottimale e ci permettono di adattarci velocemente alle diverse situazioni.

Quando, però, un fattore stressante, come quelli sopra citati va a inserirsi per un tempo più o meno prolungato si genera un disequilibrio nel SNA.

Se lo stressor si protrae nel tempo, l’alterazione a livello del SNA finisce con il modificare l’attività di apparati come ad esempio quello endocrino, quello cardiocircolatorio.

Le malattie generate dallo stress

Se, come abbiamo detto, il SNA controlla tutte le funzioni del corpo, è facile comprendere come una sua alterazione, se protratta nel tempo, possa comportare alterazioni del sistema endocrino, del sistema cardiocircolatorio, di quello digerente e del sistema immunitario.

I danni più frequentemente riscontrabili sono alterazioni della pressione arteriosa, tachicardia, respirazione superficiale, accumulo di grasso corporeo, perdita di massa muscolare e diminuzione della densità ossea.

Come proteggersi

Per evitare che ciò succeda dobbiamo mettere in atto alcune strategie.

In primis, bisogna mantenere dei ritmi di vita regolari, andando a dormire e svegliandosi alla stessa ora e senza fare le ore piccole, soprattutto evitando di passare le ultime ore della giornata davanti a forti fonti luminose come gli schermi degli smart phones. Meglio leggere qualche pagina di un buon libro. Il rispetto di queste regole permette di mantenere il ritmo circadiano a cui è collegato il sistema endocrino.

Il secondo consiglio è di dedicare 5 minuti, 3 volte al giorno, ad esercizi di respirazione con il ritmo di 5 secondi in inspirazione, 2 secondi di trattenuta e 5 secondi di espirazione. Questo ritmo respiratorio permette di migliorare l’ossigenazione dell’organismo e di stimolare il SNA.

 

 

Svolgere quotidianamente dai 15 ai 30 min di esercizio, preferibilmente appena svegli o prima di pranzo, con la modalità dell’interval training, alternando quindi 15-30 secondi di lavoro molto intenso a 15-30 di recupero ad intensità blanda. Variazioni rapide allenano il fisico a cambiare velocemente dallo stato di riposo a quello di impegno elevato e quindi predispongono il SNA a inviare con prontezza i segnali alla periferia.

 

Questi consigli, semplici da attuare ci aiuteranno a superare indenni la situazione attuale e a vivere meglio.

1-Chrousos, G. Stress and disorders of the stress system. Nat Rev Endocrinol 5, 374–381 (2009). https://doi.org/10.1038/nrendo.2009.106

Potenziare le difese immunitarie contro il Covid-19

Da quando è iniziata la guerra al Corona Virus (Covid-19) abbiamo tutti sentito parlare delle misure di igiene e comportamento per evitare di contrarre l’infezione.

Tutto giusto ma, data l’altissima capacità di contagio del Covid 19, ciò che può fare la differenza nell’evoluzione della patologia in ognuno di noi è il nostro sistema immunitario e cioè l’esercito di difese innate ed acquisite che abbiamo e che dovrebbero proteggerci dagli agenti patogeni esterni: su questo si giocano le percentuali di quelli che, anche se positivi, saranno asintomatici, ammalati in forma lieve o necessitanti di cure ospedaliere in reparti di rianimazione.

Come potenziare le difese

Come la maggior parte delle attività del nostro corpo anche la risposta immunitaria è in gran parte controllata dal sistema nervoso autonomo e che quindi tutto ciò che ne altera l’equilibrio porta ad un abbassamento delle difese, quindi, agire su sonno, esercizio fisico, alimentazione e integrazione e stress dovrebbe essere un preciso obiettivo per non sviluppare la malattia anche se si è entrati in contatto con il virus.

Il sonno permette all’organismo di recuperare energia e di essere quindi più efficace nel controllare aggressioni esterne. Dormire 7-8 ore per notte andando possibilmente a letto e svegliandosi alla stessa ora ed evitando di guardare schermi luminosi come quelli di un Ipad o di uno smartphone è fondamentale per garantirsi una buona qualità ed efficacia del riposo.

L’esercizio fisico di tipo aerobico condotto ad intensità moderata fa senz’altro bene ma in questo delicato momento bisogna considerare di farlo, se possibile, in casa. Se proprio desideriamo uscire, evitiamo al massimo i rischi e scegliamo una camminata o una corsa in una zona verde poco frequentata. Evitiamo di sottoporci a sedute troppo intense che produrrebbero l’effetto di abbassare le difese immunitarie per 24-48 h. e abbondiamo con l’assunzione di acqua per mantenere le mucose ben idratate.

L’alimentazione dovrebbe essere basata su cereali integrali, acidi grassi mono e poli insaturi (acidi grassi omega 3) e proteine vegetali e un bicchiere di vino rosso; bisognerà invece abbassare la percentuale di proteine animali, acidi grassi saturi e zuccheri semplici. Questo tipo di dieta è adeguato a prevenire una situazione di infiammazione cronica di basso grado che contribuisce all’abbassamento delle difese immunitarie. Una dieta antiinfiammatoria contiene senz’altro molti alimenti ricchi di vitamina C (agrumi, spinaci, broccoli, lattuga) mentre per la vit D potrebbe essere utile avere un suo dosaggio ematico ed eventualmente ricorrere ad un’integrazione che dovrà essere associata ad un’esposizione al sole per circa 20’ a volto e mani scoperte.

Lo stress è la causa spesso invocata come principale responsabile di molte malattie ed, in effetti, situazioni di prolungata tensione lavorativa o affettiva possono alterare il sistema nervoso autonomo che a sua volta, attraverso l’ormone dello stress e cioè il cortisolo, provoca una situazione di infiammazione che abbassa le di difese immunitarie. Quello che stiamo vivendo è sicuramente un periodo di forte stress ragion per cui  l’esercizio fisico blando come lo yoga, la camminata, lo stretching possono essere utili ma è soprattutto attraverso la respirazione lenta e diaframmatica che si stimola il sistema vagale che è poi il responsabile dell’attivazione della risposta immunitaria riflessa.

Take Home Message

Nel corso delle prossime settimane una percentuale altissima di popolazione entrerà in contatto con il virus. Tra questi, alcuni si ammaleranno in forma più o meno grave mentre la maggior parte sarà asintomatica. La discriminante sarà la capacità di risposta del sistema immunitario di ogni individuo, ecco perché dobbiamo sapere come potenziarlo.

vitalia-salute.it

Come diventare dei “bruciagrassi”

Studi recenti stanno valutando l’utilità della periodizzazione dell’assunzione dei diversi nutrienti, in particolare carboidrati, in funzione delle sessioni di allenamento per migliorare la capacità del muscolo di metabolizzare i grassi (lipidi). Si tratta di metodologie avanzate che comportano manipolazioni ed integrazione tra le strategie di allenamento e quelle di alimentazione quotidiana. In questo modo, il corpo diventa capace, durante l’esercizio, di mobilitare una quantità maggiore di riserve di grasso endogene (pressoché illimitate) preservando quelle dei carboidrati (limitate a 1600-2400 Kcal).

Le strategie di periodizzazione traggono le loro origini dal concetto del “crossover” che mostra i cambiamenti nei contributi di lipidi e di carboidrati all’aumentare dell’intensità dell’esercizio. Tale concetto sostiene che gli atleti allenati ossidino (o “brucino”) più grasso con intensità di esercizio da lieve a moderata (dal 40 al 65 per cento del VO2peak). Oltre un’intensità di circa il 65 percento di VO2max, il corpo cambierebbe la sua fonte di combustibile predominante in carboidrati per sostenere l’intensità dell’esercizio fino a quando le riserve di glicogeno non si esauriscano.
Recenti ricerche hanno dimostrato che gli atleti possono superare il classico punto di crossover prima di passare all’uso predominante di carboidrati, ed è accettato oggi che il pattern nutrizionale di un atleta possa giocare un ruolo significativo nella selezione del carburante durante l’esercizio.

Come
Tra i metodi più interessanti per allenare l’uso dei grassi: l’alternanza di una dieta povera di carboidrati (somministrata durante il periodo di allenamento) con una ricca degli stessi (somministrata durante il periodo di competizione) e lo “sleep low” (high CHO – allenamento intenso – low CHO – allenamento).
Migliorando il metabolismo dei grassi e insegnando al corpo a fare affidamento sull’enorme quantità di energia che il grasso fornisce, gli atleti, quelli di resistenza in particolare, possono ridurre al minimo gli episodi di “sbattere contro il muro”, come si definisce il crollo di prestazione che coincide con lo svuotamento delle riserve di carboidrati.. Altri potenziali vantaggi includono: il miglioramento del recupero dagli allenamenti e una riduzione della necessità di elevate quote caloriche supplementari di carboidrati all’ora. Questo a sua volta ha benefici come il bisogno di trasportare meno integrazione e di ridurre al minimo l’incidenza di stress gastrointestinale durante la competizione (gonfiore, crampi addominali, vomito, diarrea).
Viceversa, non ci sono riscontri che consentano di raccomandare diete con basso introito di carboidrati per lunghi periodi. Queste presentano tutte potenziali svantaggi quali l’aumento del rischio di infortunio e di malattia, e la riduzione del benessere psico-fisico e della capacità di sostenere allenamenti adeguati.

ThePerfectRUN il programma per imparare a correre con Vitalia Salute

Si può “imparare a correre”?

Per preparare un evento agonistico, per migliorare il proprio personal best, per imparare a correre “bene”, per evitare il sovraccarico funzionale e limitare l’insorgenza di infortuni, per raggiungere l’obiettivo che hai sempre sognato…nasce un programma dedicato ai Runner di qualsiasi livello! ThePerfectRUN

imparare a correre: corsa al tramonto

Cos’è ThePerfectRUN?

ThePerfectRUN è un progetto dedicato ai Runner che coniuga valutazione funzionale preparazione atletica, chinesiologia e osteopatia.

Una serie di attività dedicate e individualizzate al Runner per migliorare le performance, l’efficienza del gesto e ridurre il rischio infortuni!

Dove si svolge?

ThePerfectRUN ha la sua “base” presso il Centro di medicina dello Sport Vitalia Salute, cento in cui è possibile svolgere tutte le attività necessarie per la valutazione e l’implementazione dei singoli servizi.

imparare a correre: visita da Vitalia

Quali sono le attività per “imparare a correre”?

Il “primo step” di ThePerfectRUN è un set di valutazioni che permetteranno al Runner di conoscere più a fondo il proprio stato fisico/posturale/funzionale/metabolico.

L’insieme delle attività sarà sempre monitorato con una costante analisi di processo, in modo da dare la massima continuità e consistenza al percorso messo in atto.

Inoltre ThePerfectRUN si basa su una architettura modulare, per cui il singolo Runner potrà costruire il proprio “pacchetto” di attività e scegliere come cadenzare le sedute e gli allenamenti.

Chi seguirà il tuo programma di valutazione, rieducazione funzionale e allenamento?

Mattia Roppolo, PhD, Chinesiologo, Oteopata e preparatore atletico nel Running e nel Triathlon. È stato atleta di livello nazionale nel mezzofondo e campione Italiano di Corsa in Montagna.

Massimo Massarini, Medico dello Sport, esperto di fisiologia dell’esercizio e di programmazione dell’allenamento, appassionato runner e scialpinista con esperienza di raid e salite ai 4000 delle Alpi.

Come costruiremo il programma ThePerfectRUN?

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Step 1 – Come funziona la Valutazione funzionale iniziale?

La valutazione iniziale è svolta attraverso 4 modalità operative:

Costi del programma

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sovraccarico funzionale, come gestirlo!

Sempre più spesso i Runner si trovano a doversi confrontare con infortuni/fastidi/dolori, legati al sovraccarico funzionale. Infatti, seppur la corsa sia un gesto motorio naturale, gli impatti ripetuti con il terreno possono comportare grandi carichi da dover “gestire” e distribuire a livello muscolo-scheletrico.

Che cos’è il sovraccarico funzionale?

L’insieme degli impatti con il terreno, se non adeguatamente distribuiti ed assorbiti, tende a favorire ciò che viene chiamato “sovraccarico funzionale”. Nella sostanza, la struttura muscolo-scheletrica e le sue componenti fasciali tendono a perdere la loro abilità di gestire e reagire agli stimoli esterni comportando degli scompensi posturali che spesso sono causa di infortuni, infiammazioni ecc.

mattia al lavoro durante un massaggio per ridurre il sovraccarico funzionale

Una struttura in sovraccarico funzionale andrà rapidamente incontro a condizioni disfunzionali. E infatti la percentuale di Runner che subiscono infortuni da “stress ripetuti” è elevatissima. In uno studio del 2007 (van Gent, et al.) si parla di percentuali che variano dal 20% all’80%.

Nel Running i 7 infortuni principali sono:

  1. sindrome femoro-rotulea
  2. tendinite dell’achilleo
  3. contratture e lesione al bicipite femorale
  4. fascite plantare
  5. periostite
  6. sindrome della bandelletta ileo-tibiale
  7. fratture da stress (spesso a livello dei metatarsi).

Chi è passato da una o più di queste problematiche sa che il percorso di recupero è spesso lungo e frustrante. Per questo sempre più spesso si pone l’accento, soprattutto nel Running, sull’importanza della prevenzione.

In questo senso, i consigli classici riportano l’importanza di un buon riscaldamento, l’utilità dello stretching, la necessità di un programma di allenamento adeguato e supervisionato da un esperto, una dieta corretta ed una attrezzatura (le scarpe nello specifico) adatte alle proprie caratteristiche.

In associazione a queste strategie, del tutto corrette ed importanti, è molto utile svolgere una analisi della propria postura e individuare le strutture e/o i distretti corporei che si trovano in una condizione di tensione eccessiva o restrizione di mobilità. In questo senso, il trattamento osteopatico svolge un ruolo chiave.

L’osteopatia utilizza tecniche manipolative che agiscono su diverse strutture dell’organismo, quali le articolazioni, i muscoli, le fasce, i visceri, basandosi sul principio cardine che il movimento è vita. Pertanto, per l’osteopata, è necessario individuare le aree dell’organismo che presentano una restrizione di mobilità (es. ridotto movimento di due capi articolari) e, tramite una indagine manuale e tecniche manipolative, riportare un corretto movimento all’interno della struttura individuata in restrizione per innescare i processi di autoguarigione di cui è naturalmente dotato l’organismo.

Ritornando ai 7 infortuni “classici” del Runner, l’osteopata tramite la sua valutazione può individuare precocemente le strutture che stanno andando incontro ad un processo disfunzionale, ripristinando il corretto movimento e la corretta postura, eliminando il sovraccarico funzionale e allontanano il rischio di infortuni.

Come l’osteopatia risolve le problematiche legate al sovraccarico funzionale?

Uno degli aspetti chiave dell’osteopatia è che si basa su un approccio sistemico. In sostanza, per l’osteopata non è detto che un dolore, per esempio, alla spalla, derivi necessariamente da un problema intrinseco alla spalla, ma la causa del dolore potrebbe essere da ricercare in strutture limitrofe, come il collo o il gomito; o anche in strutture più “distanti” come il fegato, l’osso sacro o la caviglia. Questo approccio nasce dalla considerazione che tutte le strutture del corpo sono, in maniera più o meno diretta, in relazione tra loro e che quindi ci possa essere una fitta rete di influenze che comporta situazioni “tensionali”, con riduzione della mobilità anche a distanza.

Facendo un esempio pratico, capita sovente di dover trattare il bacino e la colonna lombare per evitare o limitare gli effetti di un dolore al tendine d’Achille, questo perché un bacino ruotato (ad esempio per vizi posturali) comporta una dismetria degli arti, con successivo sovraccarico su un arto inferiore. Tale sovraccarico in molti casi si riverbera sulla catena cinetica posteriore che può comportare una tendinite all’achilleo.

In altre occasioni invece, l’osteopata tratta l’articolazione tibio-tarsica (caviglia) per problematiche legate ai muscoli flessori di coscia (bicipite femorale in primis). Questo perché una mobilità alterata a livello della caviglia può produrre una tensione fasciale sulla muscolatura della gamba (spesso i muscoli peronieri), comportando una disfunzione alla testa del perone e di conseguenza una maggiore tensione sul bicipite femorale.

Questi due esempi mettono in luce come un sovraccarico funzionale in una determinata regione, possa scatenare meccanismi disfunzionali che portano ad una sintomatologia in un’area differente del corpo. Se si agisse per via sintomatologica, trattando la regione dolente, non si risolverebbe la causa (il sovraccarico funzionale) e quindi il sintomo tornerebbe a farsi sentire nel giro di poco tempo.

Pertanto, per tornare ad essere quella “macchina da corsa” che siamo stati, è necessario fare in modo che il nostro organismo sia in grado di gestire i traumi ripetuti che la corsa comporta. In questo modo si potrà godere di tutti i benefici del Running allontanando il rischio di infortuni.

HIIT, l’allenamento ad alta intensità

La popolarità dei programmi HIIT (High Intensity Interval Training) è in costante crescita, vogliamo affrontare anche noi l’argomento per fare chiarezza e portare a galla quelli che sono benefici e punti critici di questa tipologia di allenamento.

Novità del momento, se ne è parlato in Technogym per evidenziare meglio benefici e rischi

Questa tipologia di allenamento prevede l’esecuzione di uno o più esercizi eseguiti ad alta intensità intervallati da dei periodi di recupero di varia durata.

Per far luce su questa nuova metodica valutandone pro e contro, Technogym ha organizzato lo scorso 2 luglio un convegno a cui hanno partecipato i seguenti relatori sotto la direzione scientifica del prof. Silvano Zanuso Responsabile Scientifico Technogym – e visiting professor pressol’ Universita’ di Greenwich): Antonio Paoli (Professore Associato di Fisiologia, Padova , Adam Lewis (Ricercatore – Solent University), Andrea Biscarini (Professore associato di Biomeccanica, Universita’ di Perugia).

Proprio al Prof. Zanuso abbiamo rivolto alcune domande sul tema.

Come possiamo definire un programma HIT?

Un programma di HIIT può essere costituito sia da esercizi aerobici, come ad esempio pedalare o correre, che da esercizi di forza che di fatto, per loro natura, richiedono l’alternanza di periodi di lavoro e di recupero. È chiaro, però, che gli esercizi aerobici e di forza possono essere combinati tra loro per creare una moltitudine di schemi di allenamento diversi tra loro.

Nei programmi di HIIT, i lavori ad alta intensità possono durare da pochi secondi (per i lavori di forza) fino a vari minuti (per i lavori aerobici) ed essere eseguiti, nel caso degli esercizi aerobici, con percentuali comprese tra l’80% e il 95% della frequanza cardiaca massima. Per gli esercizi di forza invece il carico può essere vicino al massimale (1RM)  o ad una percentuale inferiore di questo valore; in questo caso è necessario aumentare il numero di ripetizioni (agendo quindi sul volume dell’attività), con l’obiettivo di raggiungere valori vicini al limite del numero di ripetizioni eseguibili.

L’allenamento, quindi, consiste nell’alternare periodi di lavoro a periodi di recupero, per una durata totale compresa tra i 20 e i 60 minuti.

Un’altra modalità di eseguire un allenamento ad alta intensità è quella di sostituire la fase di recupero con un altro esercizio, creando quindi una sessione di allenamento estremamente intenso, con una durata molto inferiore agli allenamenti tradizionali. In questo caso l’acronimo HIIT perderebbe una I, quella relativa all’intervallo, e diventerebbe quindi un High Intensity Training (HIT).hiit girl

Ma perché i programmi di HIIT o HIT sono così apprezzati?

Le ragioni sono principalmente tre: In primo luogo, essi hanno una durata generalmente inferiore rispetto agli allenamenti tradizionali.

Inoltre, consentono di bruciare più calorie nell’unità di tempo rispetto agli allenamenti tradizionali, sia durante l’allenamento stesso che dopo la fine dell’attività. Il consumo di esercizio post allenamento è definito dall’acronimo “EPOC”. Tipicamente, nelle due ore che seguono la seduta di allenamento l’organismo deve andare incontro ad una fase di recupero, ripristinando lo stato del pre-allenamento: per fare questo consuma dell’energia, rappresentata appunto dall’EPOC.

Infine, il lavoro di gruppo ed il costante passaggio tra lavori aerobici e di forza sono spesso percepiti come più stimolanti e divertenti.

Questi programmi ad alta intensità presentano dei rischi?

Allenamenti molto intensi portano con sé seri rischi sia di tipo cardiovascolare, sia di tipo osteo-articolare. L’HIIT è quindi una metodica da prendere con le pinze in soggetti con ipertensione e pregressi episodi di ischemia coronarica. Per quanto riguarda l’aspetto muscolo-scheletrico, invece, l’elevato numero di ripetizioni e l’alta velocità di esecuzione possono determinare l’insorgenza di problemi articolari e muscolo-tendinei.

Non bisogna sottovalutare, poi, che queste metodiche a volte propongono l’esecuzione di un alto numero di ripetizioni di esercizi che prevedono buone capacità tecniche (es. Squat, Stacchi da Terra). Ne deriva che, a causa della grande l’abilità esecutiva richiesta, questa metodica dovrebbe essere riservata a soggetti con buone capacità coordinative e di controllo motorio.

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In sintesi.

Non è una metodica totalmente nuova. Va compresa nell’essenza, che è quella di dare stimoli ad una percentuale di intensità metabolica elevata, rispettando sempre le capacità del soggetto per adattare gli esercizi nella tecnica e nella quantità alla fisiopatologia individuale. In sintesi, quindi, si richiede all’allenatore una grande attenzione nel creare il programma di allenamento più sicuro ed efficace per ogni soggetto.

 

Bibliografia