ThePerfectRUN il programma per imparare a correre con Vitalia Salute

Si può “imparare a correre”?

Per preparare un evento agonistico, per migliorare il proprio personal best, per imparare a correre “bene”, per evitare il sovraccarico funzionale e limitare l’insorgenza di infortuni, per raggiungere l’obiettivo che hai sempre sognato…nasce un programma dedicato ai Runner di qualsiasi livello! ThePerfectRUN

imparare a correre: corsa al tramonto

Cos’è ThePerfectRUN?

ThePerfectRUN è un progetto dedicato ai Runner che coniuga valutazione funzionale preparazione atletica, chinesiologia e osteopatia.

Una serie di attività dedicate e individualizzate al Runner per migliorare le performance, l’efficienza del gesto e ridurre il rischio infortuni!

Dove si svolge?

ThePerfectRUN ha la sua “base” presso il Centro di medicina dello Sport Vitalia Salute, cento in cui è possibile svolgere tutte le attività necessarie per la valutazione e l’implementazione dei singoli servizi.

imparare a correre: visita da Vitalia

Quali sono le attività per “imparare a correre”?

Il “primo step” di ThePerfectRUN è un set di valutazioni che permetteranno al Runner di conoscere più a fondo il proprio stato fisico/posturale/funzionale/metabolico.

L’insieme delle attività sarà sempre monitorato con una costante analisi di processo, in modo da dare la massima continuità e consistenza al percorso messo in atto.

Inoltre ThePerfectRUN si basa su una architettura modulare, per cui il singolo Runner potrà costruire il proprio “pacchetto” di attività e scegliere come cadenzare le sedute e gli allenamenti.

Chi seguirà il tuo programma di valutazione, rieducazione funzionale e allenamento?

Mattia Roppolo, PhD, Chinesiologo, Oteopata e preparatore atletico nel Running e nel Triathlon. È stato atleta di livello nazionale nel mezzofondo e campione Italiano di Corsa in Montagna.

Massimo Massarini, Medico dello Sport, esperto di fisiologia dell’esercizio e di programmazione dell’allenamento, appassionato runner e scialpinista con esperienza di raid e salite ai 4000 delle Alpi.

Come costruiremo il programma ThePerfectRUN?

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Step 1 – Come funziona la Valutazione funzionale iniziale?

La valutazione iniziale è svolta attraverso 4 modalità operative:

Costi del programma

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Programma di allenamento alle Gran Course

2017 anno di Adamello e Mezzalama, le gare più spettacolari e ambite dagli scialpinisti. Prendervi parte vuole dire curare la preparazione fisica e tecnica, per questo Vitalia Salute ha studiato appositamente il programma di “allenamento Gran Course”!

allenamento Gran Course, discesa in cresta

Se la partecipazione ad una di queste mitiche gare è il vostro sogno vi offriamo il nostro supporto per raggiungerlo.

Chi seguirà il tuo programma di allenamento per la Gran Course?

Giorgio Villosio, Guida Alpina del Collegio delle Guide del Piemonte con un lungo curriculum di gare e con all’attivo 2 edizioni del Mezzalama come caposquadra di team amatoriali.

Massimo Massarini, Medico dello Sport, esperto di fisiologia dell’esercizio e di programmazione dell’allenamento, appassionato scialpinista con esperienza di raid e salite ai 4000 delle Alpi.

foto di gruppo per l'allenamento Gran Gourse

Come costruiremo il programma di allenamento?

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Cosa offriamo per il programma “Allenamento Gran Course”?

test di soglia per l'allenamento Gran Gourse

Test iniziale presso il centro di Medicina dello Sport Vitalia per la misurazione della potenza aerobica, della soglia anaerobica, della composizione corporea e dell’equilibrio neurovegetativo: 150 €

 

Programma di allenamento personalizzato su base mensile con revisione periodica dei risultati: 60€

Un controllo al mese: 70 €

Piano alimentare: 80€

Giornate incentrate sulla tecnica (race di salita e discesa) corsi di più giorni : 50 € a giornata per persona  x gruppi di 4 persone minimo.

Corso di 4 giornate: 180 x 4 persone

Eventuale accompagnamento di Giorgio Villosio come caposquadra nelle più importanti competizioni scialpinistiche (Mezzalama, Adamello, Pierra Menta).

 

Per ulteriori informazioni: info@vitalia-salute.it, giorgiovillosio@hotmail.com, www.montagna360.it

Skialp: allenarsi in città

Allenarsi per lo skialp in città? Si può fare.

La stagione dello skialp è alle porte ma non tutti godono della possibilità di allenarsi negli ambienti adatti: sulla neve o sui sentieri. Allora come possiamo allenarci bene in città? Un buon piano di allenamento ci consentirà di consolidare la preparazione estiva e trasformarla adattandola allo sci alpinismo, possiamo imparare ad “allenarci al cambiamanento”.

Come allenarsi al meglio nel club di fitness.

Abbiamo poco tempo e non vogliamo arrivare impreparati? Ecco come ottimizzare gli allenamenti

skialp: non tutti possono prepararsi in montagna

Se il tempo è tiranno e le montagne lontane, bisogna cercare di puntare almeno sull’intensità dell’allenamento. Una delle tendenze del momento nei club di fitness sono i programmi di HIIT (high intensity interval training). Le sedute di allenamento si basano su sequenze di esercizi che possono durare da pochi secondi (per i lavori di forza) fino a vari minuti (per i lavori aerobici) ed essere eseguiti, nel caso degli esercizi aerobici, con percentuali comprese tra l’80% e il 95% della frequenza cardiaca massima mentre per gli esercizi di forza invece il carico può essere può essere quello che consente di fare al massimo 12-15 ripetizioni

L’allenamento, quindi, consiste nell’alternare periodi di lavoro a periodi di recupero, per una durata totale compresa tra i 20 e i 60 minuti.

Un’altra modalità di eseguire un allenamento ad alta intensità è quella di sostituire la fase di recupero con un altro esercizio, creando quindi una sessione di allenamento estremamente intenso, con una durata molto inferiore agli allenamenti tradizionali. In questo caso l’acronimo HIIT perderebbe una I, quella relativa all’intervallo, e diventerebbe quindi un High Intensity Training (HIT).  Due o tre allenamenti alla settimana possono essere sufficienti a patto di dedicare almeno un giorno del fine settimana ad una uscita in montagna con 1000 m D+.

Abbiamo passato l’estate in bici? Alleniamoci al cambiamento

I mesi estivi sono per eccellenza quelli in cui la bici può essere goduta al massimo, è quindi frequente vedere skialper incalliti accumulare km su km in sella alla specialissima. E bene fanno! La bici mantiene un’ottima efficienza cardiovascolare, aiuta a rimanere in peso (o addirittura a dimagrire) e comporta un basso rischio di incorrere in patologie muscolo-tendinee. Bisogna comunque tenere conto che il ritorno sugli sci non è così automatico. Se la resistenza di base è buona, bisogna comunque pensare che l’azione dei muscoli delle gambe è diversa e che braccia e spalle non vengono allenati quando si pedala. La transizione deve quindi prevedere di effettuare delle uscite in montagna percorrendo delle salite sostenute con l’aiuto dei bastoncini. Con questi allenamenti si ritroverà la spinta degli arti superiori e si utilizzeranno i glutei ed i femorali con un movimento che si avvicina a quello dello scialpinismo. Attenzione ad affrontare le discese! La bicicletta non allena i muscoli alla contrazione eccentrica, quella che si genera scendendo, quando i quadricipiti devono frenare ad ogni passo. Attenzione! Nei 3-4 giorni dopo la prima uscita in montagna sarà naturale accusare dolori muscolari anche intensi che però scompariranno dopo 3-4 uscite di questo tipo.

skialp: preparazione indor

Abbiamo macinato chilometri di trail? Va bene anche per lo skialp?

Se invece l’estate ci ha visto macinare migliaia di metri di dislivello e km di trail, gran parte del lavoro è già fatto. Considerando che la corsa in montagna presenta stimoli neuromuscolari molto vicini e quelli dello skialp, l’unico consiglio è di curare la forza muscolare con esercizi con i pesi: semplici movimenti come trazioni e piegamenti con le braccia, affondi e mezzi squat con le gambe oltre che ai soliti esercizi di core stability saranno la rifinitura indispensabile per presentarsi in gran forma alle prime uscite con sci e pelli.

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Allenarsi indoor: qualche trucco per essere efficaci

Allenarsi indoor è un ripiego?

Allenarsi indoor è considerata una scelta di ripiego per molti ciclisti che preferiscono affrontare i rigori del clima pur di non rinunciare alla strada. Certo, il piacere di pedalare all’aperto è insostituibile ma siamo sicuri che usare un ciclosimulatore, i rulli per capirci, sia solo un ripiego?

Secondo noi, no. Piuttosto cerchiamo di capire quali sono i vantaggi di questo di allenamento e quali gli errori più comuni da evitare.

Quali sono gli errori comuni?

1.Pedalare su un ciclosimulatore poco preciso e che non permette di mantenere il wattaggio impostato indipendentemente dal numero di pedalate (potenza costante): la precisione dell’intensità dell’esercizio è fondamentale per la qualità della seduta.

2. Non conoscere la propria potenza di soglia, al medio ed al fondo lungo: senza queste nozioni è praticamente impossibile organizzare un buon allenamento. Si fanno solo girare le gambe.

3. Allenarsi in un ambiente troppo caldo ma soprattutto senza ventilatore: non ci stancheremo dì ripeterlo, se fa troppo caldo e non c’è ventilazione, la prestazione ne risente.

4. Non variare potenza e cadenza di pedalata: questo è il punto più importante è vale la pena di analizzarlo più approfonditamente.

Che cosa accadrebbe in gara su strada?

Per capire come allenarsi indoor occorre partire quindi da quello che succede in una gara su strada. L’alternanza di salite, tratti in piano, tirate in gruppo e scatti crea una grande varietà di variazioni di forza e cadenza di pedalata.

allenarsi indoor: quadranti pedal stroke

allenarsi indoor: quadranti pedal stroke

allenarsi indoor: lunghezza tempo

 

Analizzando i grafici registrati con un misuratore di potenza durante una prestazione agonistica possiamo infatti identificare 4 aree:

bassa frequenza e bassa potenza (quadrante in basso a sx), bassa frequenza ed alta potenza (quadrante in basso a dx), alta frequenza e bassa potenza (quadrante in alto a sx), alta frequenza e alta potenza (quadrante in alto a dx).

Ciò significa che l’allenamento indoor dovrebbe essere organizzato in maniera simile a quello che sarà l’impegno su strada per ottenere i miglioramenti desiderati.

Se quindi conosciamo le nostre potenze al fondo lungo, al medio ed alla soglia possiamo esercitarle a cadenze di pedalata diverse per ottenere dei significativi miglioramenti della performance.

I vantaggi

Il vantaggio di queste variazioni di cadenza/potenza può quindi essere così riassunto:

Ciclista su pista

Chi ha provato ad allenarsi così riferisce di sentire la gamba più “piena” è pronta ai cambi di intensità.

Ma questa metodica va bene sempre e comunque?

A questo è il momento di fare qualche precisazione in base alla fase della preparazione ed al tipo di gara che si vuole affrontare.

Dividiamo per semplicità l’allenamento off-season in tre fasi: costruzione, sviluppo e rifinitura.

Ciò che le differenzia è la quantità di tempo spesa nella zona del fondo lungo, medio e soglia.

Le fasi di maggiore intensità crescono infatti di fase in fase con l’avvicinarsi delle gare.

Resta comunque, in ogni allenamento di ogni periodo,  un mix di stimoli di cadenza/potenza estremamente diversificato.

Quando però si entra nella preparazione specifica di un evento, bisognerà fare riferimento al tipo di sforzo che si dovrà affrontare. Se ad esempio, si dovrà fare una cronoscalata le esercitazioni dovranno includere più stimoli ad alta potenza e bassa cadenza, diciamo tra le 60 e le 90 rpm.

Se invece l’obiettivo sarà una crono in pianura od un triathlon sprint od olimpico, ci si dovrà focalizzare su alta cadenza/alta potenza.

 

In sintesi, allenarsi indoor con un programma qualità può fornire stimoli altamente allenanti a patto di conoscere bene i propri dati e di utilizzarli costruendo sedute ad hoc.

Stryd: allenare la potenza nella corsa

Stryd? La potenza della corsa

Se nel ciclismo sono passati più di 20 anni dalla comparsa del primo misuratore di potenza, nella corsa, la nascita di uno strumento analogo risale a pochi mesi fa: Stryd.

Ma noi, curiosi come al solito ed alla costante ricerca di tecnologie che possano aiutare gli sportivi ad andare più forte, ce lo siamo subito procurato e ci siamo messi all’opera per testarlo.

Prima di parlare della prova, spendiamo qualche minuto a spiegare perché, dopo aver misurato la velocità e la frequenza cardiaca (ancora ignota alla maggioranza dei runner) dovremmo complicarci ancora la vita aggiungendo un altro dato da tenere sotto controllo.

Se corriamo per rilassarci e stare in compagnia o per non prendere qualche chilo, va benissimo affidarsi alle proprie sensazioni e divertirsi; se invece la nostra motivazione a migliorare il nostro PB sui 10k o nella maratona o in quel Trail che abbiamo fatto già due volte è alta, beh allora potremmo considerare la possibilità di impostare l’allenamento sulla potenza.

eyda, stryd runner

Perché misurare la potenza

Abbiamo detto che la velocità (min/km) e FC sono già due parametri importanti ma non sufficienti a caratterizzare una prestazione: la velocità è un dato affidabile e significativo solo quando si corre in pista o su strade lisce e perfettamente pianeggianti; bastano infatti pochi gradi di pendenza per far scendere significativamente la velocità, o nel caso in cui la volessimo mantenere costante, per vedere la frequenza cardiaca salire decisamente. Inoltre la FC, che potrebbe essere un dato significativo per quantificare l’impegno organico, può variare di giorno in giorno in funzione del recupero, delle ore di sonno, della temperatura. Ricordiamo infine che l’aumento di FC avviene con una certa latenza rispetto alla variazione di velocità e pendenza e ciò rende difficile basarsi su di essa per modulare l’intensità del carico.

Come si misura

Con Stryd, una delle più interessanti novità per chi pratica la corsa nelle sue varie declinazioni: si tratta di un sensore simile a quelli che rilevano la frequenza cardiaca e che si indossano con una fascia al torace. Però, oltre a rilevare il battito, misura anche le accelerazioni sui tre assi e, grazie a un sensore barometrico, le variazioni di quota. I dati vengono quindi elaborati e trasformati in un valore unico che è la potenza espressa dall’atleta durante la corsa. Il dato è particolarmente utile quando si corre su percorsi collinari o su sentiero, in questi casi la pendenza impedisce di contare sulla velocità di riferimento e quindi il runner deve fare affidamento solo sulle proprie sensazioni o sulla frequenza cardiaca che però, come già detto, è influenzata da molteplici fattori. La possibilità di misurare in maniera oggettiva lo sforzo fisico è quindi quanto mai interessante e apre nuove prospettive per l’allenamento e il monitoraggio della performance.

Come si usa

L’utilizzo di Stryd è molto semplice, il vincolo maggiore è rappresentato dalla necessità di essere in possesso di un cardio GPS di fascia alta di Garmin (Fenix 2 e 3, 910 e 920 XT e 310 XT), Suunto (Suunto Ambit2, Ambit2S, Ambit3S, Ambit3 Peak, Ambit3 Run, Ambit3 Vertical) e Polar V800. Una volta indossata la fascia al torace, si procederà all’accoppiamento del sensore Bluetooth all’orologio secondo le modalità riportate nei video tutorial del sito. L’operazione è molto semplice, un attimo di attenzione in più è invece richiesto per il settaggio delle pagine dati sui dispositivi da polso. Sulla piattaforma Movescount l’intervento è un po’ più facile rispetto a quanto non lo sia con Garmin, ma anche in questo secondo caso non crea problemi. È disponibile anche l’app dedicata che risulta indispensabile per gestire i test o gli allenamenti sul tapis roulant. In questi casi infatti il sensore barometrico non registra variazioni di altitudine e il GPS dell’orologio non misura spostamento e quindi velocità, mentre l’accelerometro continua a funzionare; ecco quindi che per poter visualizzare la potenza si devono imputare manualmente velocità e pendenza. Durante la corsa all’aperto è tutto molto facile, basta dare un’occhiata al display dell’orologio dove è visibile la potenza espressa per capire a che intensità si sta correndo.

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Dal laboratorio alla strada (o al trail)

Per poter utilizzare i dati di Stryd al meglio è necessario conoscere i propri valori e cioè la propria potenza alle varie intensità (lungo, medio, soglia). Per ottenere questi dati ci sono due strade: la prima è rappresentata dal passaggio in un centro di valutazione funzionale dove si può fare un test di soglia sul tapis roulant che ci dirà le potenze di riferimento per gli allenamenti e le relative frequenze cardiache, la seconda è rappresentata dall’alternativa da campo basata su una prova costituita da 800 metri corsi a ritmo facile e seguiti da una ripetizione di 1.200 metri massimale e da una ripetizione di 2.400 metri sempre massimale in piano (idealmente in pista) con 30’ di recupero dopo ogni prova. Si calcola così la cosiddetta FTP (functional threshold power) o test di potenza funzionale di soglia con il protocollo che è già codificato nell’app di Stryd e che guida nell’esecuzione passo dopo passo.

Sul campo e sul computer

Una volta calcolati i dati sarà più facile impostare allenamento e gara ma soprattutto si potrà cambiare modo di gestire la prestazione: sappiamo infatti dal ciclismo che fare riferimento sulla potenza permette di dosare lo sforzo in maniera migliore di quanto non sia possibile con la frequenza cardiaca. Se infatti ci basiamo sui watt e sappiamo che la potenza di soglia è, supponiamo, di 250 watt, regoleremo l’andatura in base alla pendenza e lasceremo che la frequenza cardiaca si adatti con gradualità allo sforzo. Ovviamente si dovranno fare ulteriori considerazioni in base alla lunghezza della gara o in funzione delle finalità dell’allenamento. Ma oltre ai casi specifici, ciò che sembra evidente è la possibilità di poter visualizzare un parametro fisico obiettivo che, aldilà delle sensazioni soggettive, quantifica esattamente la performance. I watt espressi devono comunque essere messi in relazione con la frequenza cardiaca e con le sensazioni personali e in questo modo serviranno a capire se l’allenamento sta progredendo nella giusta direzione e se il lavoro giornaliero è adeguato. A fine allenamento i dati del cardio-gps vengono scaricati sulle rispettive piattaforme sw, Movescount o Garmin Connect e da queste trasferiti direttamente su Stryd Powercenter dove sarà possibile analizzare la prestazione nei dettagli.

Correre meglio

Ma non è tutto, Stryd può essere anche un supporto a migliorare l’efficienza e quindi l’economia della corsa. Come? Semplice, percorrendo un tratto di strada perfettamente pianeggiante, a velocità costante, si cercherà di abbassare quanto più possibile il valore di potenza registrato riducendo lo spostamento verticale del baricentro corporeo e aumentando la frequenza dei passi. Questo tipo di esercizio può anche essere svolto con ottimi risultati sul treadmill dove la gestione della velocità e della pendenza sono effettuate dall’attrezzo lasciando il podista libero di concentrarsi sulla tecnica di corsa. L’unico vincolo è rappresentato in questo caso dalla necessità di disporre di uno smartphone su cui si sia scaricata l’app di Stryd (iOs, Android).

Conclusioni

Stryd sembra il classico uovo di Colombo, o meglio un’applicazione intelligente e pratica di una tecnologia sempre più disponibile e anche economica. Gli accelerometri triassiali sono infatti relativamente a buon mercato e quindi pronti per essere accessibili ai più: Stryd è riuscito a rendere utile e immediato il loro impiego sia per l’allenamento che per la gara. Con l’utilizzo di questo strumento sarà quindi più facile pianificare allenamenti, confrontare i dati, migliorare il proprio stile di corsa e gestire al meglio la gara.

 

 

 

HIIT, l’allenamento ad alta intensità

La popolarità dei programmi HIIT (High Intensity Interval Training) è in costante crescita, vogliamo affrontare anche noi l’argomento per fare chiarezza e portare a galla quelli che sono benefici e punti critici di questa tipologia di allenamento.

Novità del momento, se ne è parlato in Technogym per evidenziare meglio benefici e rischi

Questa tipologia di allenamento prevede l’esecuzione di uno o più esercizi eseguiti ad alta intensità intervallati da dei periodi di recupero di varia durata.

Per far luce su questa nuova metodica valutandone pro e contro, Technogym ha organizzato lo scorso 2 luglio un convegno a cui hanno partecipato i seguenti relatori sotto la direzione scientifica del prof. Silvano Zanuso Responsabile Scientifico Technogym – e visiting professor pressol’ Universita’ di Greenwich): Antonio Paoli (Professore Associato di Fisiologia, Padova , Adam Lewis (Ricercatore – Solent University), Andrea Biscarini (Professore associato di Biomeccanica, Universita’ di Perugia).

Proprio al Prof. Zanuso abbiamo rivolto alcune domande sul tema.

Come possiamo definire un programma HIT?

Un programma di HIIT può essere costituito sia da esercizi aerobici, come ad esempio pedalare o correre, che da esercizi di forza che di fatto, per loro natura, richiedono l’alternanza di periodi di lavoro e di recupero. È chiaro, però, che gli esercizi aerobici e di forza possono essere combinati tra loro per creare una moltitudine di schemi di allenamento diversi tra loro.

Nei programmi di HIIT, i lavori ad alta intensità possono durare da pochi secondi (per i lavori di forza) fino a vari minuti (per i lavori aerobici) ed essere eseguiti, nel caso degli esercizi aerobici, con percentuali comprese tra l’80% e il 95% della frequanza cardiaca massima. Per gli esercizi di forza invece il carico può essere vicino al massimale (1RM)  o ad una percentuale inferiore di questo valore; in questo caso è necessario aumentare il numero di ripetizioni (agendo quindi sul volume dell’attività), con l’obiettivo di raggiungere valori vicini al limite del numero di ripetizioni eseguibili.

L’allenamento, quindi, consiste nell’alternare periodi di lavoro a periodi di recupero, per una durata totale compresa tra i 20 e i 60 minuti.

Un’altra modalità di eseguire un allenamento ad alta intensità è quella di sostituire la fase di recupero con un altro esercizio, creando quindi una sessione di allenamento estremamente intenso, con una durata molto inferiore agli allenamenti tradizionali. In questo caso l’acronimo HIIT perderebbe una I, quella relativa all’intervallo, e diventerebbe quindi un High Intensity Training (HIT).hiit girl

Ma perché i programmi di HIIT o HIT sono così apprezzati?

Le ragioni sono principalmente tre: In primo luogo, essi hanno una durata generalmente inferiore rispetto agli allenamenti tradizionali.

Inoltre, consentono di bruciare più calorie nell’unità di tempo rispetto agli allenamenti tradizionali, sia durante l’allenamento stesso che dopo la fine dell’attività. Il consumo di esercizio post allenamento è definito dall’acronimo “EPOC”. Tipicamente, nelle due ore che seguono la seduta di allenamento l’organismo deve andare incontro ad una fase di recupero, ripristinando lo stato del pre-allenamento: per fare questo consuma dell’energia, rappresentata appunto dall’EPOC.

Infine, il lavoro di gruppo ed il costante passaggio tra lavori aerobici e di forza sono spesso percepiti come più stimolanti e divertenti.

Questi programmi ad alta intensità presentano dei rischi?

Allenamenti molto intensi portano con sé seri rischi sia di tipo cardiovascolare, sia di tipo osteo-articolare. L’HIIT è quindi una metodica da prendere con le pinze in soggetti con ipertensione e pregressi episodi di ischemia coronarica. Per quanto riguarda l’aspetto muscolo-scheletrico, invece, l’elevato numero di ripetizioni e l’alta velocità di esecuzione possono determinare l’insorgenza di problemi articolari e muscolo-tendinei.

Non bisogna sottovalutare, poi, che queste metodiche a volte propongono l’esecuzione di un alto numero di ripetizioni di esercizi che prevedono buone capacità tecniche (es. Squat, Stacchi da Terra). Ne deriva che, a causa della grande l’abilità esecutiva richiesta, questa metodica dovrebbe essere riservata a soggetti con buone capacità coordinative e di controllo motorio.

View More: http://radred.pass.us/hiit-fusion-og

In sintesi.

Non è una metodica totalmente nuova. Va compresa nell’essenza, che è quella di dare stimoli ad una percentuale di intensità metabolica elevata, rispettando sempre le capacità del soggetto per adattare gli esercizi nella tecnica e nella quantità alla fisiopatologia individuale. In sintesi, quindi, si richiede all’allenatore una grande attenzione nel creare il programma di allenamento più sicuro ed efficace per ogni soggetto.

 

Bibliografia

Garmin Fenix 3 HR. La prova

Per circa 2 mesi abbiamo avuto in prova  il Garmin Fenix 3 HR, lo abbiamo usato e strapazzato correndo, pedalando, facendo scialpinismo.

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foto di ©Federico Ravassard + Skialper

Ecco le nostre impressioni sul Garmin Fenix 3

Nulla a che vedere con il Garmin Fenix 2, il 3 si presenta completamente riprogettato nel design e nelle funzioni. Lo spessore della cassa è diminuito di  2 mm. con un innegabile miglioramento estetico. L’antenna GPS è integrata nella ghiera con grande miglioramento nella ricezione del segnale che ora è velocissima. Il quadrante a colori è nitido e molto bello, può essere personalizzato scaricando i vari sfondi, ma purtroppo non si può modificarne la luminosità. La cassa presenta, nella sua faccia a contatto con il polso, il lettore ottico di FC, la cui rilevazione  è precisa a riposo o quando si fanno attività con scarso movimento del polso, ma risulta inaffidabile durante le attività sportive. [visita il sito del costruttore]

Forte del suo design, il Garmin Fenix 3 HR si propone come uno smart watch altamente performante ma da portare sempre al polso. Infatti le funzioni che si scoprono usandolo sono davvero tante e coprono sia il monitoraggio della vita “normale” che sportiva.

Livestyle e sport monitor

Indossandolo tutto il giorno, lo strumento funziona da lifestyle monitor calcolando i passi fatti, le calorie consumate, dando il segnale di muoversi quando si sta seduti troppo a lungo, tenendolo al polso durante la notte, fornisce anche un’analisi sulla qualità del sonno ed inoltre ci sono test per la valutazione del recupero dopo allenamento. Ovviamente, sincronizzando via Bluetooth l’orologio con uno smartphone, compariranno sul display le chiamate ed i messaggi.

Usandolo per il monitoraggio delle attività sportive, è possibile personalizzare le pagine dati di ogni sport già codificato o aggiungerne di nuovi. Anche in quest’area, le funzioni sono infinite. Dalla traccia del percorso, ai tempi di recupero, dalla funzione di allenamento contro un avversario virtuale, chi più ne ha, più ne metta. Il Fenix 3 viene venduto in bundle con la fascia cardio, che sicuramente è consigliabile utilizzare per il monitoraggio della frequenza cardiaca e che è dotata di accelerometro per registrare le dinamiche di corsa. Questa funzione si è dimostrata molto interessante, l’accelerometro è sensibile al cambiamento dei tempi di appoggio e evidenzia bene le differenze tra spinta del piede dx e sin, un po’ più lento l’aggiornamento della velocità di corsa ai cambi di ritmo.

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Livestyle e sport monitor, Garmin Fenix 3 HR ©Ravassard

Durata della batteria

La batteria ha una buona durata per il 90% dei casi ma nelle gare di ultratrail è consigliabile passare alla modalità ultratrack e qui purtroppo si evidenziano delle lacune nella precisione della registrazione con grossi errori nel calcolo dei km. Nelle uscite in bici, abbiamo riscontrato grande velocità nelle variazioni di velocità. Da non dimenticare che Garmin si basa sulla trasmissione dati con  ANT + e che quindi può ricevere da contapedalate e misuratori di potenza che trasmettano con questo protocollo.

Connettività dati

Il Garmin Fenix 3, come già accennato, si collega al telefono e questo permette di scaricare i dati degli allenamenti e di controllare quelli relativi al lifestyle sulla relativa app che a sua volta sincronizza i dati sul sito Garmin Connect.

Il sito, pur presentando i dati degli allenamenti in maniera abbastanza chiara, non consente di rielaborarli per un’analisi più approfondita:  ad esempio non è possibile vedere i valori medi di FC, velocità, ecc. di un determinato tratto. Ciò sarebbe molto utile per meglio comprendere l’andamento di una performance e, nella fattispecie, analizzare la tendenza di alcuni parametri che potrebbero indicare affaticamento come quelli relativi alle dinamiche di corsa (tempi di appoggio al suolo, lunghezza della falcata).

La modalità di importazione delle tracce dal sito Garmin Connect è abbastanza semplice ma meno intuitiva di quella di Movescount Suunto ed il numero di itinerari disponibili, almeno nella zona di Torino, è abbastanza limitato.

Highlight

No, no, no

Garmin Fenix 3 HR

Conclusioni

Il Garmin Fenix 3 HR è adatto per Sportivi a 360° che amano prodotti tecnologici e che amano un prodotto altamente tecnologico e dal gradevole design.

Test di soglia: perchè misurare la soglia anaerobica?

Corsa, ciclismo, triathlon, trail running, scialpinismo: che cos’hanno in comune gli sport di resistenza? La fatica e la bellezza. Ma anche il metodo: in tutte queste discipline è vietato improvvisare. Occorre valutare il motore dell’atleta con test specifici e adeguare gli allenamenti e gli obiettivi alle capacità di ciascuno. [Foto Credits Federico Ravassard]

Perché misurare la soglia anaerobica

Capita molto spesso di allenarsi con impegno e dedizione e di non raggiungere tuttavia i risultati sperati, capita di avere dei cali di prestazione, capita di finire le energie durante la gara a cui si teneva particolarmente. Questo perché negli sport di resistenza è fondamentale conoscere quanto più precisamente possibile le caratteristiche individuali. Sapere cosa chiedere al proprio fisico è fondamentale per impostare il ritmo della competizione e per arrivare alla fine ancora in buone condizioni. Gli studi dimostrano che per raggiungere lo scopo c’è un solo metodo: effettuare un test di valutazione come il test di soglia (o test del lattato). usarne i risultati in maniera organizzata. 

La valutazione

Attraverso i test di valutazione sarà infatti possibile pianificare l’allenamento in maniera personalizzata e finalizzata al tipo di gara che si intende affrontare. Il test più significativo per capire come “gira il motore” di un’atleta di endurance è il test di soglia anaerobica mediante la misurazione del lattato ematico (potete approfondire leggendo questo articolo o con il video della prova nel nostro ambulatorio).


La prova è finalizzata ad individuare con la massima precisione le velocità di corsa o la potenza di pedalata (nel caso del ciclismo) a cui si possono impostare le diverse intensità di allenamento: fondo lungo, fondo medio, soglia anaerobica. Il test di soglia permette quindi di costruire un grafico in cui frequenza cardiaca e lattato ematico sono in funzione della velocità o della potenza espressa.

L’interpretazione

Precisiamo subito che non esistono interpretazioni “assolute” dei valori ottenuti, in quanto essi vanno analizzati in funzione dello sport o della competizione in cui si deve gareggiare.
Per fare alcuni esempi, il nostro organismo deve essere allenato diversamente se l’obiettivo è una maratona o una gara di 10 km, oppure una granfondo di ciclismo. Inoltre, i dati ottenuti dovranno inoltre essere “letti” in base al livello dell’atleta: un podista di buon livello correrà la mezza maratona a velocità simili o poco superiori a quella della soglia anaerobica, mentre un amatore di livello basso dovrà scegliere un ritmo compreso tra il medio e la soglia.

Non basta eseguire il test: occorre analizzarne i risultati e pianificare l’allenamento di conseguenza

 

Se nella corsa il ritmo di gara sarà all’incirca costante, ben diversa è la situazione nel ciclismo dove le caratteristiche altimetriche del percorso detteranno le intensità di sforzo. In una gara con salite brevi sarà quindi possibile superare per alcuni minuti l’intensità di soglia mentre su tracciati con salite lunghe sarà indispensabile non oltrepassare questi ritmi per evitare di trovarsi in crisi. Il concetto di soglia anaerobica è infatti collegato al tipo di metabolismo attivato dall’organismo per produrre energia: per intensità inferiori a questo limite le energie vengono prodotte dalla combustione di una miscela di grassi e zuccheri che si arricchisce di questi ultimi all’aumentare dell’intensità. È pertanto chiaro che se si sovrastimano le proprie capacità ci si possa trovare in riserva di energie e la conseguenza sarà un drammatico calo della prestazione. Questo momento di crisi è stato descritto come il “muro” contro cui il maratoneta rischia di “sbattere” oltre il trentesimo km o la crisi di fame che assale il ciclista nelle granfondo. Qualunque sia, il calo di prestazioni ha la stessa meccanica: ritmo troppo elevato e conseguente esaurimento delle riserve glucidiche. Ecco quindi che per scongiurare questi rischi, la conoscenza delle proprie caratteristiche risulta preziosa per impostare allenamento e gara.

La pianificazione dell’allenamento

Il test del lattato definisce molto bene le capacità dell’atleta e quindi indica all’allenatore su quali metodiche e intensità impostare le sedute di preparazione. Facciamo alcuni esempi: il maratoneta o il triathleta (1/2 Ironman o Ironman) dovranno essere allenati a utilizzare quanto più possibile i grassi e ad accumulare quanto meno lattato possibile. Le loro prestazioni durano infatti diverse ore a ritmo costante senza sostanziali variazioni di intensità. La loro preparazione dovrà quindi essere impostata sul fondo lungo e medio e su lavori ad intensità progressiva fino alla soglia e su ripetute lunghe. In tal modo si allenerà la muscolatura al metabolismo aerobico.

L’interpretazione deve considerare la disciplina e il livello dell’atleta

 

Ben diverso sarà l’allenamento per una 10 km o per una gara di ciclismo di 50 km in circuito. In questi casi sarà importante preparare anche la capacità di mantenere ritmi di soglia e sopra soglia e quindi ci si dovrà allenare a queste intensità. In questi atleti, le caratteristiche fisiologiche sono diverse e permettono di esprimere quantità di lattato più elevate al termine della prova.

Il valore di riferimento della soglia anaerobica, che per molti coincide con le 4 mmoli, non può quindi essere considerato valido in assoluto ed il test deve essere interpretato su base individuale. Comunque, semplificando si può dire che negli atleti che compiono performance lunghe e a ritmo costante la soglia è di solito inferiore alle 4 mmoli, mentre negli atleti che gareggiano in prove di 60-90 min o con frequenti variazioni di ritmo e di intensità, il valore può essere anche superiore al dato di riferimento standard.

Una goccia di sangue prelevata dal lobo dell’orecchio è sufficiente per il test

 

Quando effettuare il test di soglia?

Considerando che le indicazioni sul livello di performance fornite dal test dovrebbero guidare la programmazione degli allenamenti, è consigliabile eseguire la prova a circa 2-3 mesi dall’evento agonistico a cui ci si sta preparando. Quest’arco di tempo consentirà di correggere eventuali lacune della preparazione e comunque di finalizzare al meglio il periodo pre-competizione. Un atleta di buon livello che affronta diverse gare nell’arco dell’anno dovrà ripetere la valutazione ogni 3-4 mesi per controllare lo stato di forma ed adeguare i carichi di lavoro consequenzialmente. E’ comunque importante che ogni test sia effettuato in situazioni costanti e quindi senza aver fatto allenamenti intensi o gare nei due giorni precedenti e soprattutto con lo stesso protocollo.

Il test di soglia va effettuato almeno 2/3 mesi prima della gara

 

Ciclisti, misurate la potenza

Una considerazione finale rivolta ai ciclisti riguarda l’utilizzo in bici dei dati ottenuti dalla prova: durante il test si misurano la FC ed il lattato in riferimento alla potenza erogata. I dati finali sono quindi indicativi delle potenze (in watt) da sviluppare ai vari ritmi di allenamento mentre la frequenza cardiaca può variare anche significativamente da un giorno all’altro (per approfondire c’è questa ricerca). E’ quindi importante poter disporre, sulla bici, di un misuratore di potenza che rilevi con precisione i watt erogati nella pedalata (ne abbiamo parlato qui). Solo in questo modo sarà infatti possibile utilizzare al meglio le indicazioni dal test di soglia.

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Numeri e app, Barazzuol sceglie Vitalia

Sull’ultimo numero di Ski Alper raccontiamo il lavoro che stiamo facendo con Filippo Barazzuol, azzurro dello sci alpinismo. Tecnologia, pianificazione, numeri: dove lo porterà il metodo Vitalia? I primi segnali sono incoraggianti. Forza Filippo! Ecco l’articolo che trovate anche in edicola. Foto credits: Federico Ravassard.

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Nello skialp non c’è un modello ben definito per impostare la preparazione, si prende spunto da altri sport, ci si confronta con altri, spesso si va a sensazioni. E magari, come negli ultimi anni, ci si fa prendere dalla mania dei grandi dislivelli in allenamento. Il dott. Massarini e il suo staff, invece, mi seguono costantemente da un punto di vista fisiologico: grazie alla tecnologia riusciamo ad avere un feedback sull’andamento degli allenamenti immediato, nonostante la distanza e gli impegni reciproci. [Filippo Barazzuol]

Dal laboratorio alla neve

L’esperienza acquisita in questi anni con scialpinisti amatoriali ci ha permesso di mettere a punto un sistema di valutazione-pianificazione-controllo dell’allenamento per fornire supporto durante la stagione agonistica. Quest’anno, l’atleta di punta su cui sono concentrate le attenzioni è Filippo Barazzuol, nazionale di skialp.

Valutazione

Il principio è quello delle auto da corsa: vogliamo conoscere le caratteristiche di motore e telaio. Si parte quindi dalla valutazione dell’atleta in laboratorio.

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Il primo test è quello per la determinazione del massimo consumo di ossigeno e delle soglie aerobica ed anaerobica. La prova si effettua sul nastro trasportatore in salita e ogni 4’ si preleva una goccia di sangue dall’orecchio per misurare l’acido lattico, si rileva la frequenza cardiaca, quindi si passa allo step successivo aumentando velocità e pendenza. Alla fine della prova vengono analizzati i valori rilevati e si calcolano le frequenze cardiache a cui impostare le sedute di allenamento. Inoltre, l’andamento del test fornisce indicazioni utili su come orientare il successivo periodo di allenamento.

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La seconda serie di prove analizza la forza muscolare e la mobilità articolare. Un sistema dotato di accelerometri isoinerziali applicati al corpo dell’atleta permette di tracciare e ricostruire il movimento con assoluta precisione e, nel caso in cui appaiano delle alterazioni o delle asimmetrie, sarà possibile allenare e correggere i movimenti.

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Si passa quindi all’analisi della composizione corporea per quantificare la percentuale di massa grassa, massa muscolare e acqua intra ed extra-cellulare. I numeri ottenuti consentono di verificare che i valori siano in linea con i target ottimali e di calcolare con precisione le calorie e le percentuali di carboidrati, proteine e grassi da fornire con la dieta.

[message type=”info” title=”I numeri di Filippo Barazzuol”]

Età: 26
Altezza: 183 cm
Peso: 75 kg
Massa grassa: 9%
VO2 Max: 72 mlO2/kg/min
FC max: 186 bpm
FC soglia anaerobica: 172 bpm
H allenamento/sett.: 15-20
M D+/sett.: 7.500-9.000 m.

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Pianificazione 

Il secondo step del lavoro è pianificare l’allenamento insieme all’atleta. In genere si formula una proposta di massima per il mese successivo ma si è sempre pronti a modificare i programmi su base settimanale in base al meteo ed alle sensazioni sul recupero. Il programma viene trascritto nel sito del cardio-gps usato in modo che sia visibile sia all’atleta che allo staff. L’uso dello strumento da polso consente all’atleta di tenere sotto controllo i parametri fisici e oggettivi di ogni seduta: in pratica, l’atleta si abitua a confrontare le proprie sensazioni alla frequenza cardiaca rilevata, alla velocità e al dislivello coperti. In questo modo è facile evitare di allenarsi quando non si è riposati e non si è smaltito l’allenamento precedente.

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Controllo

Al termine di ogni allenamento i dati del cardio-gps vengono trasferiti sul PC e resi disponibili in rete. In tal modo sia l’atleta che l’allenatore possono analizzarli e discuterli. E’ infatti molto utile disporre di numeri obiettivi a cui associare sensazioni soggettive.
Inoltre, da tempo stiamo raccogliendo dati relativi al recupero grazie ad app che analizzano la traccia ed il ritmo cardiaco. L’elaborazione di questi dati consente di capire se il sistema cardiaco ed i muscoli hanno effettivamente recuperato la fatica dell’allenamento precedente e se l’atleta è effettivamente pronto per affrontare un altro allenamento intenso.
La ripetizione della misura di massa grassa e massa muscolare con il metodo bioimpedenziometrico completa il quadro della situazione: è infatti noto che uno dei primi segni di sovrallenamento è la diminuzione della massa muscolare.

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Bilancio

Ormai sono trascorsi i primi due mesi dall’inizio dell’applicazione del metodo e le prime gare si avvicinano. Le sensazioni di Filippo sono buone e il sistema sembra funzionare bene. Perché tutto proceda per il meglio c’è comunque bisogno di una stretta collaborazione tra atleta e staff medico, ma Barazzuol è quel tipo di persona che ha dimestichezza con computer e tecnologie. Ovviamente, chi preferisce “andare a sensazione” non è adatto a questo tipo di progetto. Attendiamo con impazienza i primi riscontri sulla neve!

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Jovanotti come i ciclisti, i segreti del suo Tour

C’è un lavoro silenzioso dietro i concerti esplosivi di Jovanotti. C’è, anche se non si vede. Al massimo si intuisce: dalle foto di Lorenzo su Instagram, da qualche video su Youtube. Il motore che lo fa scatenare sui palchi di mezza Italia ha un meccanico, anzi due: il fisioterapista Fabrizio Borra e il preparatore atletico Luca Borra, suo figlio. Fabrizio è uno storico amico di Vitalia, ha curato il top dello sport e degli spettacoli: da Alonso a Pantani, fino a Fiorello. Lo avevamo intervistato qui, stavolta siamo andati a trovarlo dietro le quinte delle tappe torinesi di “Lorenzo nei Palazzi”.

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Fabrizio, non parli mai con i giornalisti, per il blog di “Vitalia” fai eccezione?
Beh, è quasi un dovere, per seguire Jova il confronto con “il Doc” è molto utile.

Cioè?
Premessa: Lorenzo vive a New York, allenarlo a distanza non è proprio facile.

Come ci riuscite?
Abbiamo adottato la stessa tecnologia che usa Vitalia e che sfrutta un’app: “Omega Wave”. Funziona così: ogni mattina l’atleta indossa una fascia toracica, che grazie a un sensore ne valuta i parametri. Il sistema permette di capire se si è affaticati o se il lavoro del giorno prima è stato smaltito. È tutto informatizzato: ricevo i dati di Jova in Italia e definiamo il programma della giornata. Lo usiamo ogni giorno anche durante questo tour.

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Fabrizio Borra e il lettino torinese di Jova

Non sei solo un riabilitatore quindi.
Sono al suo fianco da vent’anni e mi occupo dei vari aspetti importanti per la sua condizione fisica: dalla schiena alla prevenzione di raffreddore e influenza, che sembrano un problema banale ma possono far saltare una tappa. Ovviamente il segreto è collaborare con tanti professionisti: dall’esperto della voce al medico dello sport. Chiedo spesso consigli a Massimo.

Jovanotti è un atleta?
Assolutamente sì. Metodico, preciso, determinato come i migliori che ho conosciuto. La stessa testa. E poi il movimento è una componente fondamentale della sua arte, lo usa per coinvolgere il pubblico. I suoi spettacoli sono una festa, la gente esce esausta: anche chi va per ascoltare finisce per ballare con lui. È il suo modo di fare musica.

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Quando parte non si ferma più.
Sono 2 ore e mezza di sforzo intenso: avanti e indietro su un palco di 100 metri quadri. Ha un po’ di recupero con i pezzi più lenti e i cambi costume. In quei momenti cerco di dargli qualche integratore.

A che tipo di gara si può paragonare una serata di Jova?
Più che la singola serata, il problema è il tour. Lorenzo ha 49 anni e nei palazzetti, ad esempio, farà 35 date in 50 giorni. Sono ritmi da Giro d’Italia o Tour de France. Nei giorni di “riposo” si viaggia, non c’è tregua.

Per voi cosa significa?
Lo gestiamo esattamente come si fa con i ciclisti: lo prepariamo bene prima dell’inizio e lo aiutiamo a recuperare durante la corsa.

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In camerino lo schema con gli esercizi di Jova. Ricordano i nostri!

Cosa prevede la preparazione?
Quando è in Toscana, a Cortona, tanta bicicletta, il suo sport preferito. A NY sarebbe impossibile e si esercita in palestra. Tutti i giorni un paio d’ore, su tre fronti: spinning, pilates e allenamento funzionale. Lo spinning serve per la capacità aerobica; il pilates, all’americana, cioè più dinamico del nostro, stimola la flessibilità. Il resto è per la forza. In pratica sviluppiamo tutte le abilità di base.

Ce n’è una su cui puntate?
Sì, dobbiamo esaltare la stabilità dinamica lombo-pelvica, la core stability, per intenderci. Questo perchè Lorenzo è alto e gran parte dei suoi movimenti sono saltelli, che sollecitano la zona lombare. Ha avuto parecchi problemi di schiena in passato. Nel suo programma di esercizi ci basiamo sul metodo del Technogym Ability Training messo a punto con Massimo e con “Cuzzo” (ndr Francesco Cuzzolin, intervista qui).

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Ti ha conosciuto per il mal di schiena?
No, vivevamo entrambi a Forlì e lui frequentava la mia palestra. Poi mi chiese una mano per il tour di quell’anno. Era il ’97 e già aveva capito l’importanza di curare la parte atletica. Un precursore…

E l’alimentazione?
È vegetariano: ma con pesce e uova reintegra le proteine. Dedica molte attenzione anche al cibo.

Torniamo alla ginnastica. Fa riscaldamento prima del concerto?
Una volta sì, ma abbiamo un po’ cambiato, non era tanto efficace. Adesso facciamo la “riattivazione” alle 18,30, cioè due ore e mezza prima della musica.

In cosa consiste?
È un circuito funzionale a basso impatto, con allungamento dinamico. Dura 35/40 minuti, lo prepara mio figlio Luca. Stiamo avendo ottimi risultati, Jova si sente meglio sul palco.

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E dopo lo spettacolo?
Il problema è recuperare velocemente. Quando finisce lo mandiamo nella vasca con il ghiaccio, una tecnica usata ormai in tutti gli sport. Così smorziamo le infiammazioni. Poi intervengo io, con la terapia manuale. Finisco all’una di notte.

È dura anche per te!
Impegnativo, come tutti i lavori. Anzi no: per me stare accanto a Lorenzo non è più un lavoro. Ormai c’è un rapporto di fratellanza.

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